Quinoa superfood

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La domanda è cresciuta di 18 volte negli ultimi dieci anni. Continua la sperimentazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza

Da cibo povero dei contadini delle Ande a oggetto del desiderio nelle cucine di mezzo mondo (astronauti compresi). La quinoa, incoronata dalla Fao nel 2013 “alimento internazionale dell’anno” è il superfood del momento: contiene più ferro degli spinaci, più proteine della soia, tutti e dieci gli amminoacidi essenziali, è ricca di sali minerali e, non essendo un cereale, è gluten free.

Fuori dal comune anche dal punto di vista agronomico: almeno nella sua terra d’origine, il Sud America (Bolivia e Perù), è in grado di crescere tanto al livello del mare quanto in alta quota, è resistente e non ha bisogno di molta acqua.

Come tutte le cose desiderate, la quinoa inizia perciò a diventare merce rara e costosa: nell’ultima decade la domanda è cresciuta di 18 volte, trascinando i prezzi all’insù. Attualmente si stima che il valore della coltura sia 10-15 volte superiore a quello del frumento.

Così, mentre ci si interroga sulle conseguenze che questa sovra-richiesta potrà avere sui Paesi di origine, agricoltori e ricercatori di mezzo mondo stanno cercando di avviare coltivazioni di quinoa in loco. Si segnalano progetti negli Usa, in Canada, in Cina, in Danimarca, in India, in Australia. E anche il nostro Paese non è restato fermo a guardare.

L’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, insieme all’amministrazione provinciale di Pavia e al Consolato del Perù, sta ad esempio portando avanti dal 2014 una sperimentazione in campo (1,5 ha) con tre obiettivi principali: individuare le varietà più adatte al nostro clima, i terreni più idonei alla coltivazione, valutare e risolvere eventuali problemi agronomici.

La prima fase del progetto, che dovrebbe continuare per almeno un altro anno, si è conclusa un mese fa e, anche se non tutti i dati sono stati analizzati, è già possibile stilare un primo bilancio. «In questi due anni – spiega Alberto Vercesi, che insieme al collega Vincenzo Tabaglio sta coordinando la sperimentazione – abbiamo testato circa 30 linee di quinoa comprendenti varietà ed ecotipi provenienti da Colombia, Perù e Danimarca. Di queste solo 3-4 si sono dimostrate adatte. Due sono danesi, due sudamericane».

Per capire quali fossero i terreni più adatti alla coltivazione, i ricercatori hanno scelto tre areali molto diversi: pianura ricca di acqua, dove si coltiva tradizionalmente il riso (zona della lomellina); pianura meno ricca di acqua (a sud del Po); area montana dell’oltrepo pavese, con terreni argillosi e molto poveri di acqua. «La risposta migliore è venuta dall’ultima zona. In effetti è proprio l’eccesso di acqua a produrre danni».

Sul fronte agronomico sono due gli aspetti da considerare: il primo è che la coltura in Italia non si comporta esattamente come in Sud America ed è quindi necessario impostare schemi agronomici ad hoc. Il secondo riguarda la disponibilità di prodotti per il controllo degli infestanti: «non essendo una coltura censita nel nostro Paese non disponiamo attualmente di prodotti registrati e quindi utilizzabili, ma in sede di sperimentazione abbiamo verificato la possibilità di usare prodotti comuni, anche a basso impatto ambientale. Si tratta principalmente di una questione burocratica».

I primi risultati sono dunque incoraggianti e, secondo il ricercatore, aprono le porte ad una coltivazione commerciale nell’arco di pochi anni. «È chiaro che nessuno sta pensando di sostituire i nostri cereali, ma la quinoa può certamente rappresentare un’interessante integrazione di reddito e di diversificazione colturale». Nel frattempo sono già una quarantina le aziende agricole che hanno avviato una coltivazione sperimentale volontaria e che sono in contatto con i ricercatori. «Riceviamo moltissime richieste, sia da agricoltori che da aziende agro-alimentari. Il prossimo anno speriamo di riuscire a rafforzare la collaborazione con gli imprenditori».

 

Leggi l'articolo completo su Terra e Vita 43/2015 L’Edicola di Terra e Vita

Quinoa superfood - Ultima modifica: 2015-10-28T17:52:04+01:00 da Sandra Osti

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