Presidenza Ue. Il ministro agricolo danese, Mette Gjerskov
In mancanza di un accordo su chi siano veramente gli «agricoltori attivi», meglio andare per esclusione. Il cuore della riforma Pac 2014-20, al centro del Consiglio agricolo Ue che si è svolto la scorsa settimana a Lussemburgo, è stato rivoltato come un calzino dalla Commissione europea.
Che però, va detto, questa volta sembra centrare l’obiettivo: la proposta portata avanti dal commissario Ciolos prevede infatti la stesura di una vera e propria «lista nera» di soggetti che in futuro non potranno più percepire gli aiuti diretti dell’Ue. Risposta più diretta alle recenti e ripetute critiche della Corte dei conti europea sulla perdita di legame tra sussidi e attività agricola non si poteva ideare. Aeroporti, società ferroviarie e immobiliari, circoli sportivi e campi da golf: l’ipotesi è quella di mettere nero su bianco le tipologie aziendali che saranno escluse, pur possedendo terreni potenzialmente agricoli, dal nuovo sistema di incentivi. Ci sarà anche, come richiesto dal ministro delle Politiche agricole, Mario Catania, un maggior margine di flessibilità per i singoli Stati membri nella definizione degli agricoltori attivi. Che per ora, nelle proposte ufficiali, restano quelli con aiuti diretti Pac superiori al 5% del proprio reddito globale (il requisito non si applica comunque ai soggetti con importi inferiori ai cinquemila euro annui).
Sul plafonamento degli aiuti, con un tetto a quota 300mila euro e forti riduzioni a partire dai 100mila, la Commissione si è scontrata con una vasta opposizione. In tanti, anche in quest’occasione, hanno contestato pesantemente il progetto complessivo di riforma del commissario Ciolos. E all’Italia non piace nemmeno tantissimo l’idea della «black list».
Tra due mesi, passaggio decisivo all’Europarlamento che dovrebbe rendere note le sue controproposte di riforma. In buona parte probabilmente Ciolos già le conosce, e le ultime iniziative gli consentono di avvicinare il più possibile le posizioni. Dal canto suo, da Lussemburgo Catania ha garantito «pieno appoggio», in particolare sulla proposta di aumentare gli aiuti a favore dei giovani agricoltori, al commissario in difficoltà, mentre sugli agricoltori attivi ha confermato che «si tratta di un tema non facile da affrontare sia sotto il profilo politico che tecnico. La massa di risorse che si può liberare con questa operazione comunque non è enorme, non dovrebbe arrivare al 7-8% del totale – ha precisato il ministro – però è importante perché in una fase di crisi è giusto concentrare il sostegno sugli agricoltori attivi».
A margine del Consiglio Catania ha incontrato prima il ministro irlandese e poi quello polacco. Affrontando con quest’ultimo il tema caldo dei criteri di ripartizione del futuro budget agricolo Ue: «Parlando con il ministro polacco ho visto che si sono molto avvicinati alle nostre tesi – ha detto Catania al termine dell’incontro –, non c’è più quella distanza riscontrabile quando sostenevano che gli aiuti dovevano essere distribuiti solo sulla base della superficie agricola. Adesso sembra che abbiano compreso anche loro che questo tipo di approccio non ci porta lontano, per cui alla fine rischieremmo di uccidere la Pac». Nella sua essenza, la proposta di azzerare tutto il sistema dei diritti all’aiuto in scadenza nel 2013 per assegnare nuovi titoli con un importo forfetario per ettaro, pur con tutti i correttivi del caso, rischia effettivamente di essere dirompente, non facendo più alcuna distinzione tra le diverse tipologie aziendali. Un sostegno potrebbe arrivare dalla nuova classificazione delle aree svantaggiate alle quali garantire una maggiorazione dell’aiuto, attualmente in fase di studio. Su questo però il Consiglio ha confermato che restano ancora da definire le modalità con le quali raggiungere l’obiettivo.
L’unica certezza, seguendo l’evoluzione del dossier sulla riforma Pac, è che parlare di semplificazione di fronte al nuovo sistema è davvero impossibile.