L’approvazione da parte del Parlamento italiano di una norma molto chiara che vieta la produzione, la commercializzazione e l’importazione di cibi a base cellulare per uso alimentare o per i mangimi animali è un paletto molto preciso su questo fronte in difesa sia dei produttori che dei consumatori. Il parlamento italiano è il primo tra quelli dei Paesi dell’Unione europea che legifera in modo così chiaro, nessun altro l'ha fatto a oggi. Ma qual è il clima a livello Ue su questi temi? Lo abbiamo chiesto all’onorevole Herbert Dorfmann coordinatore del Ppe nella Commissione Agricoltura del Parlamento europeo e persona da sempre vicina al mondo agricolo in quanto la sua professione era quella di direttore del Bauernbund di Bolzano.
Quali sono i primi commenti che ha raccolto dai colleghi su questo provvedimento per la tutela della salute dei consumatori e per la difesa del reddito degli agricoltori?
«Non ne abbiamo parlato specificamente nella commissione agricoltura del Parlamento europeo. Però, in generale, io e la maggioranza dei miei colleghi abbiamo una posizione molto critica riguardo alla carne sintetica. Lo abbiamo dimostrato durante il recente voto della risoluzione sulle colture proteiche, dove abbiamo adottato un approccio decisamente contrario ai cibi di laboratorio».
Ha avuto modo di sentire anche i primi pareri della Commissione esecutiva del’Ue e che impressioni a raccolto?
«L’eventuale autorizzazione di un prodotto alimentare a base cellulare dovrebbe seguire la procedura definita dal regolamento sui nuovi alimenti. Esso richiede che per i nuovi cibi venga sottoposta una domanda di autorizzazione alla Commissione. Perciò, non penso che la Commissione europea si esprimerà a priori sul tema prima che venga avanzata una richiesta di autorizzazione specifica».
Ci sono le premesse perché una norma tipo quella italiana possa essere estesa a tutti i Paesi dell’Ue?
«Non credo. La Commissione europea probabilmente interverrà solo nel caso in cui le pervenga una richiesta di autorizzazione. La posizione del Parlamento è però già chiara e sarebbe molto critica se si prospettasse l’eventualità di un’apertura ai cibi a base cellulare».
Ha avuto modo di tastare anche il polso delle organizzazioni professionali agricole degli altri Paesi e pensa che possano schierarsi a fianco alla decisione del Parlamento italiano e degli agricoltori italiani che hanno fortemente voluto questo provvedimento?
«È evidente che dietro alla ricerca sui cibi a base cellulare c'è l’industria che vuole privare gli agricoltori del reddito che attualmente ricavano dalla produzione di carne e latte, proteine dall’alto valore nutrizionale. Per questo ritengo che qualsiasi organizzazione agricola professionale che difenda veramente gli agricoltori non possa che opporsi a prodotti come la carne sintetica».
In Trentino-Alto Adige il mondo agricolo per bocca del presidente regionale di Coldiretti Gianluca Barbacovi è tutto schierato compatto in difesa del provvedimento. E i colleghi del Bauernbund del quale lei è direttore in aspettativa si sono schierati?
«Da quando ho lasciato la guida del Bauernbund, ormai molti anni fa, non mi sono mai intromesso nelle decisioni del sindacato degli agricoltori della mia provincia. Tuttavia, so bene che il Bauernbund si è sempre espresso contro la carne a base cellulare per ragioni simili a quelle che ho elencato».
Non crede che a livello europeo la Commissione abbia una visione perlomeno strabica, da una parte con il silenzio-assenso lascia che l’Irlanda metta sulle bottiglie di vino una scritta eccessivamente allarmistica e dall’altra non ha espresso a oggi nessuna preoccupazione per i cibi a base cellulare che da tempo circolano nel mondo?
«Non si devono confondere le due cose. Per quanto riguarda l’etichettatura delle bevande alcoliche in Irlanda, la Commissione europea avrebbe in effetti dovuto legiferare, per evitare che lo facciano i singoli Stati. Per quanto riguarda invece i cibi a base cellulare, oggi esiste già una norma europea, che, come ho spiegato, impone che venga avanzata una richiesta specifica prima che un prodotto sia autorizzato sul mercato. Questa richiesta non è stata per ora formalizzata ed è per questo motivo che la Commissione non si è ancora espressa ufficialmente».