Rese più che dimezzate rispetto alle previsioni di fine primavera. Il cauto ottimismo di inizio stagione ha ceduto il passo allo sconforto fra i corilicoltori del Basso Piemonte impegnati in un’altra campagna di raccolta delle nocciole con tonnellaggi ai minimi storici. E nel frattempo è arrivata la prima quotazione per il raccolto 2025 con una forbice rilevata dalla Commissione compresa tra 470 e 520 €/q., valore ritenuto abbastanza soddisfacente dai produttori, ma che non appaga pienamente le aspettative in relazione alla raccolta in corso, particolarmente difficile.
Alessandro Merlo, vicepresidente di Coricoop - Op fondata ad Alba (provincia di Cuneo) nel 2021 e arrivata in pochi anni a contare 350 soci con 2.300 ettari di noccioleti in produzione, grazie a un accordo di collaborazione con Nocciole Marchisio, la più importante azienda di sgusciatura della regione - lascia che siano i numeri a raccontare la condizione di sofferenza del comparto fra Cuneese, Astigiano e Alessandrino: «Secondo le stime, nel 2024 si sono prodotti 80mila quintali di Tonda gentile trilobata: quest’anno saremo fortunati se arriveremo a 120mila».
I conferimenti, iniziati la settimana di Ferragosto nel centro di ritiro di Pocapaglia, delineano un quadro chiaro: «Puntiamo a raggiungere i tre quintali di nocciole per giornata piemontese, quattro se saremo fortunati». Dieci quintali per ettaro, secondo le previsioni più ottimistiche, nel 2024 era andata peggio: «Ci eravamo fermati a cinque, in alcune zone anche tre e mezzo – prosegue Merlo –. Quest’anno, tuttavia, la delusione è doppia perché, a fine maggio le aspettative erano molto alte: il buon esito dell’allegagione rendeva credibili stime di 18-20 quintali di nocciole per ettaro».
Cascola: perdite fino al 70%
La debacle in atto è ascrivibile alla cascola, iniziata a fine giugno e proseguita nelle prime settimane di luglio. «In alcune aree del Cuneese come la bassa valle Tanaro, la valle Belbo, l’Astigiano, e in genere negli impianti datati è andato perduto fino al 70% del raccolto». Diversa è la situazione negli areali pedemontani irrigui, la nuova frontiera della corilicoltura in Granda, in pieno sviluppo in una vasta zona fra Boves, il Saluzzese, i comuni di Barge, Revello e Cavour: «Terreni più fertili e logiche di gestione da frutteto applicate al corileto hanno ridotto l’impatto della cascola».
Brownstain disorder e gli attacchi delle cimici autoctone sono le cause più evidenti del fenomeno: «Lo confermano le analisi condotte dal Disafa di Unito e da Agrion sui campioni di nocciole cascolate». Contenuto l’impatto di Halyomorpha halys, «sulla quale ci siamo focalizzati in modo esclusivo dal 2016 in avanti, posticipando i trattamenti insetticidi verso il periodo della raccolta. Annate come questa, caratterizzate da un maggio piovoso e un giugno caldo, invece, hanno creato le condizioni ottimali per la proliferazione di specie come Gonocerus acuteangulatus, cui sono riconducibili, assieme a Palomena prasina, la maggior parte dei danni riscontrati».
Il maltempo non aiuta
All’elenco delle avversità si sono aggiunti, a partire dalla settimana di Ferragosto, i temporali, intensi e ripetuti su Cuneese e Astigiano, con perdite di prodotto nei terreni con forti pendenze e il rischio di alterazioni del raccolto rimasto a terra nei noccioleti, per l’interruzione delle operazioni di raccolta. Per ovviare alla problematica Coricoop - che nel 2022 ha ottenuto la certificazione Iscc plus in materia di sostenibilità ambientale della filiera produttiva - investe da tempo, utilizzando i fondi dei Piani operativi, su strategie per il miglioramento della qualità: «Nel 2024 abbiamo finanziato, con uno stanziamento complessivo da circa 300 mila euro diversi interventi tra i quali l’acquisto di macchine raccoglitrici di ultima generazione, pulitori ed essiccatoi ed incentivato la pratica di doppia raccolta delle nocciole. Il contributo a fondo perduto per i macchinari messi a disposizione dei soci copre il 50% degli importi».
Tornando ai campi, pessimismo e sfiducia sono i sentimenti dominanti fra gli agricoltori. Sergio Lasagna, ex presidente del Consorzio di tutela della nocciola Piemonte Igp, coltiva 80 ettari di corileti fra i comuni di Piozzo, nella bassa valle del Tanaro, e Dogliani, nelle Langhe. «Ci attendevamo una discreta produzione dopo il primo passaggio i volumi raccolti dicono l’esatto opposto: le medie oscillano fra i 2 e i 2,5 quintali per giornata piemontese (circa sette quintali l’ettaro). Gli stessi quantitativi del 2024: quest’anno, inoltre, dobbiamo fare i conti anche con il maltempo».
«La cascola si è portata via il 50 per cento del raccolto». Difficile comprenderne le cause: «È mancato l’apporto di freddo durante l’inverno e le piogge, concentrate fra aprile e maggio, hanno interferito con la fecondazione dei frutti». La redditività dei corileti è precipitata in pochi anni, dopo un decennio di relativa stabilità: «Nel 2024, nonostante quotazioni fino a 500 euro il quintale, i guadagni sono bastati a malapena per pagare le spese, quest’anno faremo altrettanto».
I mancati ricavi non bloccano soltanto gli investimenti in attrezzature e nuovi impianti, ma impongono tagli drastici anche alle spese ordinarie: «Da alcuni anni ho ridotto i trattamenti al minimo perché i guadagni non giustificano l’acquisto dei prodotti. Mi sono limitato agli interventi con il rame e lo zolfo – prosegue Lasagna, che conclude - la Regione deve aiutarci, è a rischio la sopravvivenza della Tonda gentile e delle aziende».
Problemi di fioritura
Valutazioni condivise da Alessandro Rossano, agricoltore con 20 ettari di noccioleti disseminati fra i colli del Roero, nei comuni di Magliano Alfieri, Govone e Priocca. «L’attuale campagna è di gran lunga la peggiore da quando, nel 2016, ho avviato l’azienda agricola. La resa media, nel corso del primo passaggio, che concluderò il 31 agosto, è di un quintale e mezzo per giornata piemontese: con la seconda raccolta, al via dal 1° settembre, dovrei arrivare a 2 (poco più di 5 quintali per ettaro)». Un peggioramento rispetto all’anno precedente, «chiuso con una media di 3 quintali per giornata (meno di 8 per ettaro)»
La penuria di raccolto è riconducibile a problemi di fioritura: «C’era un gran numero di amenti mentre mancavano le infiorescenze femminili, forse per effetto di qualche gelata tardiva. La cascola, invece, non ha superato la soglia del 10%, come negli anni precedenti anche perché i miei impianti sono giovani». I ricavi ridotti all’osso non esentano dalle spese di gestione: «Pratico una doppia concimazione, con prodotti a lento rilascio d’autunno e formulati fogliari dalla primavera, uniti ai trattamenti fitosanitari»
Nel Roero le conseguenze di un triennio di rese inconsistenti sono già evidenti: «Non bisogna cercare a lungo per trovare noccioleti abbandonati e ridotti a gerbido, una situazione inimmaginabile fino a pochi anni fa. Chi può investe su altre colture e in alcune aziende corilicole manca il ricambio generazionale: il nocciolo sta perdendo appetibilità».
E non poteva mancare la grandine...
Paolo Dolce, agricoltore di Beinette, comune di pianura nei presso di Cuneo, ha affiancato alla produzione cerealicola, prevalente nei 20 ettari della sua azienda, quattro ettari di noccioleti, acquistati nel 2022. «Le aspettative per la campagna in corso buone, anche se non eguaglieremo i risultati dello scorso anno, quando avevamo superato i 25 quintali di prodotto per ettaro».
La flessione dei volumi è da attribuire «alla cascola connessa al Brownstain disorder e a una grandinata che ha danneggiato l’apparato fogliare e la corteccia delle piante alla fine di maggio». Le avversità, tuttavia, non precludono nuovi investimenti sul nocciolo: «Quest’autunno metteremo a dimora un nuovo appezzamento, nel complesso tre ettari, dotato di impianto di subirrigazione»
L’acqua è la colonna portante della strategia di coltivazione: «Quest’anno, a causa della siccità, abbiamo praticato 5 interventi di irrigazione a scorrimento». All’elenco delle pratiche agronomiche si aggiungono le concimazioni autunnali e i biostimolanti, «somministrati secondo un piano definito da un tecnico che ci affianca nella coltivazione, calendarizzando gli interventi fitosanitari e i trattamenti insetticidi contro la cimice in base alle condizioni meteo». Halyomorpha halys, tuttavia, non desta particolari preoccupazioni: «I frappage non hanno evidenziato la presenza di popolazioni consistenti».













