Sono settimane nevralgiche per la risicoltura italiana. In campo, le mietitrebbie hanno acceso i motori per una campagna che si preannuncia di buona qualità, sicuramente superiore al deludente 2024. Il riso è però protagonista anche fuori dalle risaie: dall'11 al 13 settembre si è svolta a Vercelli, presso uno spazio appositamente allestito (Village) Risò, primo appuntamento con quella che gli organizzatori – Ente Risi e Masaf – vorrebbero trasformare nella fiera internazionale di riferimento per il riso.
Una manifestazione lanciata in un anno particolare, quello del centenario dal primo incrocio varietale e degli ottant’anni dalla selezione del Carnaroli, che ha visto la presenza di numerosi ospiti stranieri e delle massime autorità nazionali per la risicoltura. Tre giorni – dall’undici al tredici settembre – in cui si è parlato di tecnica, ma anche di commercio, equilibri internazionali, gestione del rischio e prospettive future. Con un’ampia parentesi dedicata alla gastronomia e all’alimentazione, per coinvolgere, oltre agli addetti ai lavori, anche un pubblico generalista.
Il cereale che piace
Partiamo con un po’ di numeri: quelli delle superfici e quelli della tavola. I primi raccontano che il nostro Paese è il principale produttore europeo, con 1,4 milioni di tonnellate raccolte nel 2024 e una superficie superiore ai 235mila ettari per la stagione in corso. I secondi dicono che i consumi di riso sono in crescita, anche in Italia: +6,9% rispetto ai valori dello scorso anno, secondo uno studio dell’Osservatorio Nazionale sui consumi di riso. Aumenta la domanda sia per il consumo in abitazione, sia per quello fuori casa (+2,5%), con il 13,5% degli intervistati che dichiara di mangiarlo almeno tre volte a settimana, mentre la percentuale di chi lo mette in tavola almeno una volta a settimana supera la metà della popolazione.
Da dove arriva?
Le buone notizie sulla crescita della domanda interna sono però contrastate da quelle sulla provenienza del riso in cui gli italiani infilano la forchetta. Come ha fatto notare Coldiretti durante la tre giorni di studio e celebrazione, i regimi di dazio agevolato concessi ad alcuni paesi (l’associazione cita Vietnam, Cambogia e Birmania) hanno quintuplicato le importazioni verso il Vecchio Continente. “Grazie alle tariffe agevolate concesse nel 2009 nell’ambito dell’iniziativa Eba (Everything But Arms), gli arrivi di prodotto da quei Paesi – segnala un’analisi dell’organizzazione agricola su dati Istat – sono passati dai 9 milioni di chili di sedici anni fa ai quasi 50 milioni attuali”.
Contro un problema che potrebbe ripresentarsi con gli accordi Mercosur, Coldiretti - ma in genere tutte le rappresentanze dei lavoratori – chiede il rispetto del principio di reciprocità, secondo cui il riso può essere commercializzato in Europa se i criteri di coltivazione sono simili (uso di agrofarmaci e diserbanti, manodopera con adeguate tutele sindacali eccetera).
Un’alleanza europea per il riso
Parole che incontrano orecchie sensibili presso il Masaf. «L’Europa – ha dichiarato il ministro Francesco Lollobrigida a margine dell’inaugurazione – deve iniziare a ragionare in maniera meno ideologica e più pragmatica: se noi produciamo qualità a costi più alti, è perché difendiamo il lavoro, difendiamo i diritti dei lavoratori, difendiamo l’ambiente utilizzando meno agrofarmaci, usiamo tecnologie più avanzate perché tutto sia più sostenibile. Non possiamo accettare importazioni non regolate adeguatamente e competizione da chi queste regole non le rispetta». Per questo motivo il ministro dell’Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste ha proposto la nascita di un coordinamento tra gli otto paesi interessati alla difesa del riso.
«Abbiamo avversari commerciali e anche produttivi nel resto del mondo, e su questo ci dobbiamo organizzare, concentrare. Ma, allo stesso tempo, dobbiamo pretendere anche rispetto, con regole di reciprocità che garantiscano i nostri produttori, il nostro mondo del lavoro e il nostro modo di vivere», ha concluso il ministro.
Meccanica: digitale ed elettrificata
In un appuntamento che ha voluto approfondire i temi della risicoltura a 360 gradi non poteva mancare uno spazio dedicato alla meccanica. Se n’è occupata Federunacoma, associazione dei costruttori di macchine agricole, che a Risò ha anche allestito una mostra delle principali macchine dedicate a questa coltura, oltre a presenziare con un proprio stand.
Durante l’incontro “Innovazione tecnica in risaia”, Alessio Bolognesi – dell’Ufficio Tecnico di FederUnacoma – ha messo in evidenza come i dati provenienti da sensori e i sistemi con cui sono equipaggiate le macchine più innovative siano fondamentali per affrontare le sfide dell’agricoltura moderna. «La sostenibilità economica e ambientale – ha spiegato Bolognesi – è oggi affidata alle tecnologie digitali e all’interoperabilità, vale a dire la gestione integrata dei dati provenienti da fonti diverse. Una tecnologia, questa, che permette di combinare tutte le informazioni d’interesse agronomico e agromeccanico, e di mettere in connessione l’agricoltura con settori affini e complementari».
Lorenzo Iuliano, del Servizio Tecnico FederUnacoma, ha invece fatto una veloce panoramica sulle macchine che lavorano in risaia, includendo transizione verso elettrico e veicoli autonomi. Dopo aver raffrontato diverse tecniche per il controllo dei dislivelli durante la livellatura, Juliano ha affrontato un argomento di stretta attualità: l’adozione di motori elettrici per determinate funzioni dell’attrezzo. Abbassamento e sollevamento elettrici della lama di una livella, ha spiegato, possono determinare un sostanziale risparmio energetico, mentre per altri attrezzi, come la scavafossi, alimentazione elettrica o meccanico-idraulica sono sostanzialmente equivalenti.
Nel complesso, dunque, Risò ha rappresentato un interessante esperimento di manifestazione a tutto tondo. Nelle prossime edizioni scopriremo se è stato trovato il giusto mix tra nutrizione, sostenibilità, tecnica e politica commerciale.
Raccolta al via: rese buone ma prezzi bassi
Prende il via in questi giorni la campagna di raccolta 2025, secondo un calendario più o meno in linea con la tradizione, che vuole un inizio di trebbiatura nella seconda metà di settembre. Primo a partire il Vercellese, con mietitrebbie in campo, per alcune varietà precoci, già dalla seconda settimana di settembre, ma poi fermatesi perché il prodotto aveva un tasso di umidità eccessivo. Assieme a Pavia, Milano e Ferrara riaccenderanno i motori proprio in queste ore, in vista di una trebbiatura che si prospetta positiva. Alla vista, infatti, i risi si presentano in buono stato e con spighe piene, anche se per cantare vittoria occorrerà attendere il responso delle riserie.
Qualche preoccupazione in più nel Vercellese, dove le notti fredde di metà agosto hanno causato qualche caso di sterilità, lasciando le spighe vuote. Produzioni a parte, la maggior preoccupazione dei risicoltori è per il mercato, visto che i prezzi, purtroppo in linea con il trend degli ultimi mesi, non accennano a salire.













