Giulia Alberti, insieme al marito Alessandro Vittori, alleva e seleziona nella Fattoria La Rocca, in provincia di Fermo nelle Marche, ovini di razza Sopravissana certificata su una superficie di circa sette ettari. La Sopravissana, originaria di Visso (Mc), località posta sul versante tirrenico dei monti Sibillini, è una razza in via di estinzione. In azienda è stato realizzato un microlanificio in cui si producono filati di lana tinteggiati con le piante.
Recuperare biodiversità
«Siamo partiti da zero nel 2020, in pieno Covid, abbiamo cambiato vita e scelto di dedicarci a questo progetto di recupero di una razza storica realizzando una produzione di nicchia - racconta Alberti -. Oggi alleviamo circa 20 capi di Sopravissana di altissimo indice genetico.
Dal 2021 abbiamo, con tenacia, iniziato a costruire una filiera sul territorio coinvolgendo altre aziende che allevano questa razza tra Marche, Umbria e Lazio. Noi ci occupiamo della lavorazione della nostra lana e di quella che recuperiamo dalle altre aziende. Ritiriamo solo da allevatori iscritti ad Assonapa, che hanno quindi Sopravissana certificata e allevata in purezza, nell’ottica della trasparenza e della filiera corta. Questo porterà negli anni a un incremento del numero di capi e a un recupero della biodiversità persa».
Nel progetto di filiera, di cui La Rocca è capofila, hanno aderito 14 aziende. «Abbiamo fatto un lavoro di rieducazione alla corretta tosatura per non danneggiare la lana. Prima del nostro intervento gli allevatori di Sopravissana buttavano via la lana tosata, noi abbiamo deciso di pagargliela per valorizzare il lavoro di selezione. Negli anni abbiamo capito inoltre che per ottenere una lana di maggior qualità era meglio lavorare con piccoli lotti. Chi ha pochi capi solitamente è più attento al benessere degli animali. Tra le tre regioni coinvolte, l’Umbria è quella che ha la qualità più alta grazie a un allevatore che ha fatto un ottimo lavoro di selezione».
Con la diversificazione aziendale i conti tornano
«L’investimento iniziale – spiega Alberti – è stato enorme, ci siamo indebitati, ma ce la stiamo facendo. Fin da subito abbiamo capito che per sostenere il nostro progetto dovevamo puntare sulla multifunzionalità. Oltre alla produzione filati di pura lana Sopravissana, in azienda svolgiamo attività di fattoria didattica: con più di tre mila presenze l’anno. La lana è un prodotto fortemente stagionale e quindi nei mesi più caldi lavoriamo con scuole e gruppi di visitatori.
Abbiamo sviluppato anche attrattiva turistica sul territorio realizzando un percorso in cui è possibile vedere tutte le varie fasi della lavorazione della lana. Intorno al piccolo borgo di Rocca di Montefortino vi è “Il sentiero del filato” lungo il quale si può osservare come nasce un filo di lana, dall’animale da cui proviene, passando per l’orto delle piante tintorie, che utilizziamo per tingere la lana in maniera naturale e sostenibile, fino ad arrivare al museo i cui attrezzi sono tutti funzionanti.
Abbiamo realizzato anche un museo con attrezzi d’epoca collezionati dalla nostra famiglia. Tutti i macchinari sono funzionanti, questo rende il museo un laboratorio interattivo».
I filati si vendono molto all’estero attraverso il canale e-commerce. L’America è il primo paese, segue Giappone e diversi paesi del Nord Europa.
Filosofia green
Museo, ovile e laboratorio sono realizzati in bioedilizia e sono energeticamente autonomi. «Abbiamo puntato sulle rinnovabili per tutta la parte produttiva – incalza Alberti –. E usiamo prodotti a basso impatto ambientale per il lavaggio della lana. Sotto al laboratorio di lavorazione abbiamo montato delle vasche di raccolta che periodicamente vengono svuotate. Prossimo step sarà installare il fotovoltaico sul tetto della struttura aziendale».
Per quanto riguarda i reflui di tintura, come spiega Alberti, non utilizzando additivi di nessun genere, ma solamente piante, radici e legni bolliti, possono essere utilizzati anche per innaffiare l’orto.
Il rilancio della lanolina
Tra i progetti futuri Alberti dichiara di voler potenziare la partecipazione dell’aziende alle fiere estere di settore. Realizzare un ovile più grande. Allungare il percorso turistico adiacente all’azienda. Continuare a lavorare per migliorare la qualità delle loro produzioni. Inoltre, conclude Alberti, «ci piacerebbe riciclare la lanolina che oggi finisce nei reflui. È un prodotto considerato rifiuto ma in realtà è un materiale prezioso, infatti il grasso di lana depurato è usato in farmacia per la preparazione di cosmetici e pomate dalle proprietà emollienti e lenitive».
Pecora Sopravissana, un animale a triplice attitudine
La sopravvivenza delle razze zootecniche autoctone, nel corso dell’ultimo secolo, è stata messa a rischio per via dei processi di industrializzazione e meccanizzazione dell’agricoltura. Per conservare e valorizzare i patrimoni genetici delle razze a limitata diffusione il Libro genealogico (Lg) rappresenta uno strumento fondamentale. L’iscrizione al Lg permette di effettuare anche studi relativi al miglioramento genetico di tali razze a rischio.
La Sopravissana è una razza autoctona antica, iscritta nel libro genealogico, nata sui monti sibillini a Visso dall’incrocio di pecore Merinos Rombouillet e pecore Vissane, diffusasi poi attraverso le transumanze in tutto il Centro Italia nell’800, sotto la forte spinta del papato di Benedetto XV. L’area di allevamento si estese dalle Marche, all’Umbria, al Lazio alla Toscana e all’Abruzzo raggiungendo il milione di capi. Negli ultimi 30 anni la concorrenza sul mercato delle lane straniere ha fatto sì che non fosse più remunerativa la produzione di lana e via via l’allevamento di questa razza è stato abbandonato, anche perché è piccola di stazza e quindi produce poca carne e poco latte.
Pecora a triplice attitudine (lana, latte e carne), al momento rientra nelle razze a rischio estinzione in Italia dato l’esiguo numero di capi rimasti.
Il nome Sopravissana indica sia l’area di origine, sia il tipo di pecora, qualitativamente superiore, poiché portatrice del gene Merinos (super-vissana diventato poi sopra-vissana).