Premio produzioni agricole alternative: ad Agrilevante presentati vincitori e progetti

    produzioni agricole alternative
    Da sx: Laura Saggio (Edagricole); Pier Carlo Torelli; Alessandro Madeo; Carmela Riccardi; Francesco Bilardi; Giuseppe Fragomeni.
    Annona, spirulina, bacche di goji, zafferano, canapa, salumi da suini salvati dall’estinzione, prodotti derivati dalle carrube anti Xylella: queste le produzioni di nicchia sostenibili e ad alto reddito delle aziende premiate da Edagricole alla fiera di Bari

    Dai frutti tropicali come l’annona che in Calabria ha trovato il suo microclima ideale con estati sempre più lunghe e torride, alla microalga spirulina coltivata in innovative vasche sotto serra sfruttando i principi dell’economia circolare. Dalla triplice scommessa produttiva su bacche di goji, zafferano e canapa per diversificare e integrare il reddito aziendale, alla realizzazione di pregiati salumi 100% suino nero italiano, razza autoctona salvata dal rischio estinzione, che stanno conquistando il mercato internazionale. Fino ai prodotti ad elevato valore nutraceutico derivati dalle carrube per riqualificare i territori colpiti dalla Xylella e dare nuove opportunità di reddito agli agricoltori pugliesi. Questi i progetti imprenditoriali, che si sono contraddistinti per aver scommesso su colture alternative sostenibili ad alto rendimento riuscendo a intercettare nuovi segmenti di mercato, premiati ad Agrilevante 2023, in occasione della seconda edizione del premio "Produzioni agricole alternative", indetto e organizzato da Edagricole.

    Apertura del convegno.

    Produzioni agricole alternative, una sfida di resistenza e adattamento

    La tropicalizzazione del clima, così come costi di produzione crescenti, o ancora l’avanzata distruttiva di un batterio killer, stanno mettendo a rischio la redditività di alcune colture e produzioni e nello stesso tempo stanno spingendo molte realtà a trasformarsi da imprese specializzate a diversificate per restare competitive. Come dimostrato da tutte le aziende premiate, riuscire a mettere in campo una sfida di resistenza e adattamento restituisce concrete opportunità.

    I vincitori

    • Per la categoria Under 30 premiato Francesco Bilardi dell’azienda Anoneto Bilardi (RC)
    • Nella categoria Diversificazione colturale premiato Pier Carlo Torelli, dell’azienda Terra Forte (VT)
    • Per la categoria Zootecnia premiato Alessandro Madeo di Filiera Madeo (CS)
    • Nella categoria Sostenibilità premiato Giuseppe Fragomeni dell’azienda Galatea (RC)
    • Per la categoria Menzione speciale premiata Carmela Riccardi dell’azienda Olère (BR)

    Le motivazioni e i progetti

    Premio categoria Under 30 vincitore Francesco Bilardi
    produzioni alternative
    Francesco Bilardi riceve il premio.

    Motivazione: per essere riuscito a convertire gli effetti della tropicalizzazione del clima in punto di forza e per la determinazione nel voler a far conoscere l’annona a km zero in tutta Italia.

    Il progetto

    Francesco Bilardi gestisce insieme ai fratelli, a Reggio Calabria, vicino al mare, l’azienda di famiglia Anoneto Bilardi. Nel 2018 ha dato una svolta alla produzione realizzando nuovi impianti di frutta tropicale ed espandendo le vendite sul territorio nazionale ed estero utilizzando canali come l’e-commerce. Coltiva annona, mango, passion friut e avocado incrementando la resa di anno in anno, senza tralasciare le tipicità del territorio quali arance e bergamotto. L’azienda è specializzata anche nella trasformazione diretta di questi frutti in confetture e composte.

    Annona

    Frutti tropicali contro la siccità

    «L’estate non dura più tre mesi. La sfida di adattamento al nuovo clima – ha dichiarato Bilardi – ci ha spinti ad essere resilienti e innovativi. I nostri frutti esotici a km zero sono un business vincente, incrementiamo la resa di anno in anno. Il mercato di nicchia sta rispondendo bene: c’è molta richiesta.

    Stiamo puntando molto sull’annona, frutto esotico diffuso prevalentemente in Perù, Ecuador, Bolivia, Colombia. Tra le principali proprietà nutrizionali dell’annona, spicca un alto contenuto di antiossidanti, vitamina C, potassio, calcio e vitamine del gruppo B. Incentivare l’acquisto di frutti tropicali made in Italy, raccolti al giusto grado di maturazione, più salutari e più gustosi, è la nostra prima sfida».

    Premio categoria Diversificazione colturale vincitore Pier Carlo Torelli
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    Pier Carlo Torelli riceve il premio.

    Motivazione: per il coraggio di aver scommesso non su una ma su tre colture alternative forte delle proprie conoscenze e spinto dalla propria convinzione che l’agricoltura del futuro non può prescindere dall’innovazione.

    Il progetto

    Pier Carlo Torelli gestisce dal 2017 nella Tuscia viterbese un’azienda biologica di circa 200 ettari. Tra seminativi, pascoli, uliveti e bosco, ha deciso di dare una svolta all’azienda di famiglia e puntare su ben tre colture alternative, molto differenti l’una dall’altra: bacche di goji, canapa e zafferano, incrementando sostenibilità e redditività. La sua scommessa era dimostrare che innovazione e tradizione possono coesistere e avvantaggiarsi l’una dell’altra.

    Canapa, bacche di goji, zafferano.

    Dalle estensive alle produzioni agricole alternative con le giuste pratiche agronomiche

    «È stata una sfida con me stesso e con la generazione precedente convita che il nostro terreno “forte” -da qui il nome dell’azienda-, non semplice da lavorare, non fosse adatto alla coltivazione di nuove colture – ha raccontato Torelli –. Ho sperimentato, ho studiato il terreno e la fase vegetativa delle piante e ho realizzato i primi impianti. Non è stato semplice, specialmente per la produzione di bacche di goji, coltura di origini asiatiche con caratteristiche molto diverse rispetto le nostre produzioni tradizionali. Ma ce l’ho fatta: la mia terra è adatta a coltivare tutto, basta mettere in campo le giuste conoscenze e pratiche agronomiche».

    Premio categoria Zootecnia vincitore Alessandro Madeo
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    Alessandro Madeo riceve il premio.

    Motivazione: per aver tutelato la biodiversità di una razza in via di estinzione e l’aver scommesso su un progetto di filiera allargato, perché uniti si è più forti e si conquistano nuovi mercati di nicchia spuntando prezzi più alti.

    Il progetto

    Filiera Madeo nei primi anni ’90 avvia un lungo percorso di selezione per recuperare la genetica del suino nero di Calabria, razza autoctona quasi estinta, rintracciando alcuni esemplari di maschi e femmine nelle aree della Sila Greca e dell’Aspromonte. La seconda generazione dell’azienda, Anna ed Alessandro Madeo, hanno continuato questa sfida arrivando ad allevare oggi tre mila capi. Ma non solo, Filiera Madeo è riuscita ad aggregare altre aziende e allargare la filiera italiana del suino nero. Il risultato è stata la creazione del marchio collettivo Re Nero 100% puro suino nero italiano, che tutela cinque razze autoctone (suino nero di Calabria, nero dei Nebrodi, Casertana, Cinta senese e Mora romagnola) e coinvolge 15 imprese, tra allevatori e trasformatori presenti in sette Regioni.

    Suino nero, prosciutto a marchio Re nero 100% puro suino italiano.

    Un progetto di filiera per fare l'Iberico italiano

    «Con i nostri salumi garantiamo al consumatore la qualità data dalla purezza delle razze autoctone di suino nero, un patrimonio italiano inestimabile che rischiava di perdersi e che invece grazie al fare rete riusciamo a valorizzare, anche sui mercati internazionali. Il 40% del nostro fatturato – ha spiegato Madeo – è infatti destinato all’export. La richiesta del mercato del suino nero italiano aumenta. Vendiamo più di 1.500 prosciutti l’anno di suino nero. Sullo scaffale – ha annunciato Madeo – parliamo di un posizionamento paragonabile all’Iberico».

    «Inoltre – ha concluso Madeo – come certificato da uno studio condotto con la facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Bologna, queste carni hanno un’alta concentrazione di Omega-3; Omega-6 e Omega-9; bassi livelli di trigliceridi e colesterolo Ldl; bassi livelli di ossidazione e irrancidimento degli acidi grassi, che garantiscono l’allungamento della vita del prodotto finito».

    Premio categoria Sostenibilità vincitore Giuseppe Fragomeni
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    Giuseppe Fragomeni riceve il premio.

    Motivazione: per essere riuscito ad abbattere gli impatti ambientali puntando sul ciclo e riciclo ottenendo un prodotto di elevata qualità e una produzione abbondante anche in inverno grazie al segreto di una coltivazione di precisione.

    Il progetto

    Giuseppe Fragomeni a Sant’Ilario dello Jonio dal 2018 produce alga spirulina pura al 100% in vasche sotto serre tunnel sfruttando i principi dell’economia circolare: per nutrire la spirulina impiega sodio, azoto e anidride carbonica utilizzando il digestato liquido sterilizzato, avviando così il processo di economia circolare. I risultati in termini di rese e impatto ambientale sono sorprendenti, grazie anche all’innovativo impianto produttivo messo a punto e brevettato.

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    Alga spirulina al microscopio, vasca sotto serra tunnel.

    Spirulina sostenibile ad alto rendimento

    «Produrre spirulina è molto difficile – ha spiegato Fragomeni – se non si hanno rese ottimali diventa anche poco conveniente. Con il nostro impianto evitiamo contaminazioni atmosferiche e otteniamo un’elevata produzione di alga spirulina. Il segreto per ottenere una produzione ottimale, è il livello dell’acqua all’interno della vasca, che non deve essere superiore a 50 cm. A due anni dall’investimento si ottiene il 100% di guadagno rispetto alle spese. Abbiamo investito sulla spirulina perché per maturare necessita di un clima caldo e nella nostra Regione ormai le temperature sono molto miti anche in inverno. Le vasche, inoltre, hanno bisogno solo di piccoli rimpingui saltuari di acqua e quindi non consumiamo la risorsa idrica, che qui scarseggia».

    «La spirulina – ha concluso Fragomeni – è altamente proteica, ricca di vitamine A, C, E, sali minerali e antiossidanti naturali: un concentrato di benessere».

    Premio categoria Menzione speciale vincitrice Carmela Riccardi
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    Carmela Riccardi riceve il premio.

    Motivazione: per l’aver creduto in un progetto di rinascita al fianco della scienza, perché non si può aspettare il deserto per rigenerare le campagne colpite dalla Xylella.

    Il progetto

    Carmela Riccardi nel 2013 ha costituito ad Ostuni Olère: azienda specializzata nella produzione di olio extra vergine di oliva biologico e prodotti a base di carrube. L’azienda possiede 2.000 olivi di cui 350 secolari e oltre 60 alberi di carrubo.

    L’obiettivo di Carmela è riqualificare i territori colpiti e minacciati dal diffondersi della Xylella realizzando prodotti ad elevato valore nutraceutico derivati dalle carrube, i frutti del carrubo albero inattaccabile dalla Xylella, che già in epoca fenicia ricopriva con fitte foreste i paesi della costa mediterranea.

    La molla è scattata quando il batterio, che in dieci anni ha contagiato oltre 21 milioni di piante, con oltre ottomila chilometri quadrati di territorio infettato pari al 40% della regione Puglia, è arrivato alle porte di Bari. La volontà di trovare una soluzione ha vinto su ogni difficoltà.

    Oggi in azienda si estrae il nettare dalla polpa dei baccelli di carrube attraverso una tecnologia basata su ultrasuoni, capace di preservare intatte le caratteristiche organolettiche e i micronutrienti del frutto, realizzando prodotti dalle eccezionali proprietà. Ma non solo Olère è stata capofila di un progetto di ricerca (Ce.si.r.a), condotto dal Cnr di Bari, che ha posto ha posto le basi per la creazione di una filiera autoctona del carrubo, che permetterà di dare una nuova fonte di reddito agli agricoltori pugliesi.

    Nettare di carrube, albero di carrubo, farina di carrube.

    Carrubo valida opportunità contro la Xylella

    «Abbiamo posto le basi per la creazione di una filiera autoctona con l’obiettivo di valorizzare, quasi in alternativa all’olivo, una pianta dimenticata. Attraverso la valorizzazione di questa pianta millenaria – ha spiegato Riccardi – è possibile garantire una produzione agricola più resistente agli attacchi degli agenti esterni. Mentre cercavamo in tutti modi di capire come salvare i nostri oliveti abbiamo iniziato a domandarci perché in Puglia non si trasformano le carrube?»

    «Abbiamo iniziato a studiare la pianta del carrubo, siamo andati in Sicilia perché era, ed è, l’unica regione italiana che sa cosa fare con le carrube. Dopo aver capito come trasformare le carrube – ha raccontato Riccardi – abbiamo messo in produzione la farina di polpa di carruba certificata biologica e certificata gluten free nel marzo del 2020, e nel giugno del 2020 abbiamo promosso in co-marketing con un’azienda di Fasano la pasta “Foglie di carrube”. Abbiamo anche iniziato a distribuire in alcuni mulini del territorio la nostra farina e alcuni panifici hanno già iniziato a produrre pani, freselle e taralli alle carrube. E ancora birra e cioccolata a base di questo straordinario frutto dalle proprietà uniche: ricco di polifenoli, rame, zinco, fibre, vit. B2, B6 e B3, prebiotici».

    I vincitori e i progetti dell'edizione 2022

    Premio produzioni agricole alternative: ad Agrilevante presentati vincitori e progetti - Ultima modifica: 2023-10-08T19:28:50+02:00 da Laura Saggio

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