BioFertimat, la sostenibilità passa dalla fertilità organica dei suoli

Dall'alto a sinistra: Simone Bazzoni, Lorenzo Tosi, Paolo Sambo, Maurizio Quartieri, Ugo Palara, Claudio Bonghi durante il webinar
I risultati diffusi dal recente webinar di Edagricole del progetto che ha studiato l’impatto del ricorso a 4 diverse matrici organiche per quattro anni su orticole, melo e kiwi. Ecco l’impatto su rese, qualità e contenuto di sostanza organica dei suoli in aziende biologiche e non. «I risultati mostrano l’importanza dell’attenzione al suolo: è la rivincita di biologico e biodinamico»

Unire l’utile al dilettevole.
O meglio: unire la produttività all’obiettivo di sostenibilità e di neutralità climatica attraverso opportune strategie di fertilizzazione organica.

Un webinar organizzato da Edagricole ha fatto luce sui risultati di quattro anni di prove sperimentali di BioFertiMat su orticole, melo e actinidia.

Un progetto di ricerca, sviluppato nell’ambito della Misura 16 del Psr della Regione Veneto, che ha riunito realtà del mondo agricolo e della ricerca. E che ha riguardato un tema che non è più solo da addetti ai lavori, ma che incide anche sulle scelte della politica comunitaria, visti gli obiettivi di neutralità climatica fissati dal Green Deal e a cui l’agricoltura è chiamata a dare un forte contributo.

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L’economia circolare secondo Agrintesa

L’obiettivo di Biofertimat non è infatti solo agronomico. Il progetto punta al miglioramento della sostenibilità ambientale del territorio (nello specifico quello veronese, oggetto della sperimentazione) mediante l’incentivazione dell’uso di matrici organiche di facile reperibilità territoriale e favorendo, in un contesto di economia circolare, una gestione più sostenibile delle aziende agricole, in primo luogo biologiche.

«Ricalibrare gli obiettivi di fertilità – ha detto Ugo Palara, Direttore Tecnico di Agrintesa, principale cooperativa agricola italiana e capofila del progetto BioFertiMat - e di incremento di sostanza organica nei suoli è forse il modo più efficace per contribuire alla mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici».

Il video del webinar

Palara ha spiegato che Agrintesa è subentrata nel ruolo di capofila nel 2019, dopo l’acquisizione della storica cooperativa Primavera di Zevio (Vr), una realtà di riferimento nel panorama nazionale della produzione di ortofrutta biologica.

«Un’eredità che abbiamo raccolto con entusiasmo e interesse, perché collima perfettamente con i nostri obiettivi. Una grande struttura come la nostra ha infatti bisogno costantemente di nuovi input tecnologici e di esempi di innovazione che possono venire solo dalla ricerca». «La cooperazione per l’innovazione è un modello efficace in questo senso, tanto che Agrintesa è coinvolta in un’altra decina di progetti sostenuti dalla misura 16 dei Psr. Tra questi, BioFertiMat fa espresso riferimento alle produzioni biologiche, ma riguarda temi decisivi per tutta la produzione ortofrutticola, a prescindere dal metodo di produzione».

Sinergie tra produzione e ricerca

Gli altri partner effettivi del progetto sono:

  • l’Università degli Studi di Padova,
  • l’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna,
  • Brio Spa (realtà specializzata nella commercializzazione di ortofrutta biologica),
  • l’Associazione Veneta dei Produttori Biologici e Biodinamici (A.Ve.Pro.Bi.);
  • Confindustria Veneto SIAV S.p.A,
  • Aziende agricole: Annamaria Dal Fior, Andreas Bauer, Corte all‘Olmo di Vanda Brutti, Gaetano Zenti, Simone Bazzoni.

Colture orticole a ciclo lungo e corto

Paolo Sambo del Dafnae (Dipartimento di agronomia animali alimenti risorse naturali e ambiente) dell’Università degli Studi di Padova e responsabile scientifico del progetto ha incentrato il suo intervento sulla “Circolarità delle matrici organiche in orticoltura”.

L'intervento di Paolo Sambo

«La diminuzione del contenuto di sostanza organica nei suoli – ha riferito -condotti con pratiche di coltivazione convenzionali ed intensive come avviene nel comparto orticolo e frutticolo è la principale causa della progressiva degradazione del suolo e della sua perdita di fertilità».

«In questo contesto – ha proseguito - la crescente produzione di materiali di scarto organici sia di natura urbana sia derivati dall’attività agro- industriale può rappresentare una fonte di materiale organico importante per l’attività agricola e il loro utilizzo può costituire l’avvio di efficienti modelli di economia circolare».

Quattro le matrici organiche su cui si è indagato nel quadriennio 2018-2021:

  • pollina,
  • compostato verde,
  • residuo spento di fungaia,
  • digestato.

La prima raccomandazione di Sambo riguarda la provenienza: si tratta di matrici a basso contenuto di sostanza secca e quindi devono essere veramente locali, altrimenti i costi di trasporto ne vanificano la sostenibilità economica.

Il loro utilizzo è stato testato, sia in pieno campo che in serra su rotazioni di pomodoro, lattuga, zucchino, patata, fagiolo, zucca, peperone, cavolo e cavolfiore intervallate da sovescio, sia nei campi dell’Università di Padova che in alcune delle aziende che hanno aderito al progetto.

Le dosi testate nei confronti sono state calcolate in base alle esigenze azotate delle colture, fino ad un massimo dii 18 tonnellate per ettaro (le matrici avevano però almeno il 75% di acqua). I risultati hanno confermato la possibilità di utilizzare le matrici organiche non solo come ammendanti ma anche come fertilizzanti. Con riscontri positivi sulla resa e sulla qualità della produzione sia di specie a ciclo lungo come il pomodoro sia di quelle a ciclo breve come il cavolfiore. Le domande rivolte a Sambo dal pubblico che ha seguito il webinar organizzato da Edagricole si sono incentrate soprattutto sulla quantità di concime minerale risparmiato grazie all’uso delle matrici e sulle differenze tra di loro.

Riguardo al secondo punto, nonostante alcuni effetti matrice-specifici sui parametri produttivi e qualitativi di alcune specie, non sono emerse in assoluto differenze significative. Nelle prove è emerso il più elevato contenuto di sostanza organica riscontrato nei suoli delle aziende biologiche coinvolte nel progetto.

I risultati produttivi su melo e kiwi

La parte relativa alla frutticoltura è stata affrontata nelle relazioni di Maurizio Quartieri, Dista (Dip.Scienze e Tecnologie Agro-alimentari), Università di Bologna e Claudio Bonghi del Dafnae, Università di Padova.

L'intervento di Quartieri

Quartieri ha ricordato che tra gli obiettivi di Biofertimat in frutticoltura ci sono anche quelli di:

  • promuovere, grazie all’aumento di sostanza organica nei suoli, il risparmio di risorse idriche e la salvaguardia dei suoli dal rischio di lisciviazione di nutrienti (es N nitrico) mediante matrici al altro rapporto C:N.
  • incentivare l’economia circolare mediante il riutilizzo sul territorio di sotto prodotti derivati da attività agro-alimentari locali;
  • introdurre azioni utili a contrastare i cambiamenti climatici come il sequestro del carbonio nel suolo, migliorando la carbon footprint delle colture frutticole;
  • migliorare le produzioni frutticole bio con particolare attenzione alla qualità organolettica e nutraceutica.

L’analisi del rapporto C/N delle matrici utilizzate ha rilevato: 19,3 per l’ammendante compostato verde, 10,7 per la pollina; 13,2 per il biodigestato, 17,7 per il compost esausto di fungaia.

Le prove hanno riguardato colture di melo (cv Granny Smith) e actinidia (cv Hayward) sia in sistema convenzionale che bio in alcune aziende della zona del lago di Garda, con monitoraggi rivolti al terreno (umidità e concentrazione azoto minerale) e al frutto (crescita, stato nutrizionale, livello di produzione). Riguardo al contenuto idrico non sono state riscontrate differenze significative a parte il caso del kiwi bio, incui si è riscontrata una maggiore ritenzione idrica nelle parcelle ammendate rispetto a quelle concimate con una conseguente maggiore disponibilità di acqua nei periodi siccitosi.

Gli altri risultati:

  • La disponibilità di N minerale è risultata buona ed elevata durante la stagione, ma a volte eccessiva per le esigenze di kiwi e melo soprattutto nei frutteti biologici in autunno, quando è maggiore il rischio di lisciviazione del N nitrico per la mineralizzazione della sostanza organica.
  • Le matrici compost verde, biodigestato e compost esausto di fungaia hanno evidenziato un rilascio di N minerale simile mentre la pollina è risultata paragonabile al fertilizzante minerale
  • Lo Stato nutrizionale dei frutteti bio e integrati è risultato ben supportato
  • La produzione non è stata influenza dalle matrici, ma nel kiwi bio digestato e compost da fungaia hanno indotto nel 2021 rese più basse, ma questo è dipeso anche dall’effetto variabile delle gelate.
  • L’uso di tutte e quattro le matrici si è dimostrata efficace nel sequestrare nel suolo C con effetti positivi sulla fertilità del terreno e sull’ambiente soprattutto se reperite sul territorio in un contesto di economia circolare.

I risultati su qualità organolettica e serbevolezza

Claudio Bonghi ha invece affrontato le problematiche relative alla valutazione della qualità  organolettica, delle proprietà nutraceutiche e della serbevolezza.

Le prove effettuate in 4 frutteti della provincia di Verona hanno evidenziato che più che l’effetto delle diverse matrici utilizzate ha inciso l’effetto della variabile meteorologica.

L'intervento di Bonghi

Le sperimentazioni condotte su kiwi hanno inizialmente evidenziato risultati qualitativi superiori per frutti di piante sottoposte a concimi minerali, ma a lungo termine (4 anni) l’uso delle matrici organiche ha portato ad una migliore qualità globale dei frutti rispetto a quella osservata a seguito della concimazione minerale.

Nel 2019, anno in cui si è registrata la maggiore significatività per la maggior parte dei parametri qualitativi per mele e kiwi, le zone in cui si trovano le aziende oggetto della sperimentazione hanno registrato un debole stress idrico che ha dato vita a frutti con maggiore compattezza della polpa, grado Brix, capacità antiossidante e contenuto totale di fenoli (risultati legati alla risposta della pianta alle condizioni stress idrico).

Per le mele si sono evidenziate differenze significative nel contenuto di zuccheri tra mele convenzionali e biologiche, a favore di quest’ultime. Il contenuto zuccherino è stato in particolar modo influenzato dall’applicazione di pollina. Tale andamento potrebbe essere associato a un importante ruolo regolatore da parte delle riserve di azoto e fosforo, più elevate nella pollina rispetto alle altre matrici organiche. Risultati simili sono stati osservati per i valori di capacità antiossidante e contenuto di fenoli totali che sono superiori nelle mele prodotte con una gestione biologica rispetto a quella convenzionale.

I dati conducono secondo Bonghi a una conclusione rilevante: le matrici organiche studiate possono sostituire la concimazione minerale (convenzionale) o letamica (biologico). Si tratta di un risultato importante per i frutticoltori che possono utilizzare matrici organiche di più facile reperibilità nel territorio in cui si trovano, limitando in questo modo i costi di trasporto e di conseguenza l’impatto ambientale. Non essendoci differenze significative riguardo alla diversa concimazione organica adottata, la scelta dei frutticoltori riguardo alla matrice da utilizzare ricade sulla disponibilità e economicità della stessa.

Bazzoni: «È la rivincita di biologico e biodinamico»

Simone Bazzoni intervistato da Lorenzo Tosi

Simone Bazzoni ha portato la sua esperienza di frutticoltore ad indirizzo biodinamico nella bassa veronese e ha commentato i risultati del progetto BioFertiMat, a cui ha partecipato, come un esempio della necessità di una forte attenzione al suolo e di una rivincita di biologico e biodinamico.

L'intervento di Bazzoni

«Abbiamo ospitato le prove del progetto BioFertiMat – ha detto – seguendo la mentalità di un’azienda biodinamica». Il nostro obiettivo era quello di verificare la validità di un modello produttivo che valorizza il più possibile il concetto di ciclo chiuso, utilizzando fonti organiche proprie o reperite nelle immediate vicinanze.

clicca per scaricare la scheda sul biodinamico e sull'azienda Bazzoni

L’azienda Bazzoni utilizza letame bovino compostato direttamente in campo. «L’attenzione al contenuto organico dei suoli ne migliora la porosità e quindi la capacità di conservare l’umidità del terreno durante l’estate e la capacità di drenaggio in inverno».

«I dati rilevati nel corso del progetto, ovvero di un maggiore contenuto di sostanza organica, anche superiore al 3%, nelle aziende biologiche e biodinamiche confermano l’efficacia di questi modelli produttivi anche nei confronti della sfida della neutralità climatica». BioFertimat può così dare un forte contributo per l’obiettivo del miglioramento della sostenibilità della produzione orticola e frutticola mettendo la fertilità al centro.

BioFertimat, la sostenibilità passa dalla fertilità organica dei suoli - Ultima modifica: 2021-12-16T19:49:27+01:00 da Lorenzo Tosi

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