Biologico, la strada per il rilancio è chiara a tutti

Semplificare la burocrazia, garantire un giusto prezzo ai produttori e promuovere il prodotto sembrano essere le azioni per ridare slancio a un settore strategico. Ma c'è già chi ha impostato un modello che dà soddisfazioni da anni agli agricoltori, come Girolomoni

Il biologico rappresenta ormai una parte significativa dell’agricoltura nazionale. Ciononostante, sta attraversando un periodo complesso, segnato da sfide strutturali e di mercato che rischiano di minare la sostenibilità e la competitività del comparto. I dati sono contrastanti: il 2023 ha visto solo un leggero incremento del consumo di prodotti biologici in Italia (+0,2%), con una riduzione della quota di mercato complessiva al 3,5%. Per contro, le superfici coltivate sono praticamente raddoppiate negli ultimi dieci anni (siamo circa al 20 per cento della Sau).

Questo squilibrio tra domanda e offerta pone il settore di fronte a un bivio: se da un lato le superfici continuano a espandersi, dall’altro la redditività e la crescita del mercato interno sembrano ancora insufficienti per garantire la sostenibilità economica a lungo termine.

Come sottolineato nell’ultima assemblea di Federbio, organizzazione che rappresenta l’intera filiera biologica, le difficoltà legate alla burocrazia, alla redditività e al mancato riconoscimento del giusto prezzo stanno limitando un potenziale di crescita che però non manca.

Una giusta remunerazione

Federbio, nell'assemblea dello scorso 30 ottobre, ha ribadito le sue richieste (con una certa urgenza). Prima fra tutte, la necessità di stabilire un "giusto prezzo" per i prodotti biologici, indipendente dai prezzi dei prodotti convenzionali. A questo proposito, il sottosegretario all’Agricoltura, sovranità alimentare e foreste, Luigi D’Eramo, ha dichiarato: «Perché questo trend [di crescita, ndr] prosegua e si rafforzi la leadership del nostro Paese è necessario che siano sempre di più coloro che scelgono di consumare bio e che chi produce possa contare su una giusta remunerazione».

«L’obiettivo del 25% di superficie agricola biologica è vicino e, considerando il primato che l’Italia detiene nel settore, rappresenta un’opportunità. Possiamo andare ben oltre perché c’è la possibilità di valorizzare aree interne e attrarre giovani e donne in agricoltura. Il biologico infatti è innovazione e può trasferire pratiche sostenibili al resto dell’agricoltura che ha bisogno di guardare alla transizione ecologica», ha aggiunto Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio.

Snellire la burocrazia

Uno dei temi chiave affrontati nell’assemblea è stato quello della semplificazione burocratica. Federbio ha più volte ribadito la necessità di un sistema di certificazione più snello e accessibile, che possa essere gestito tramite un’unica piattaforma nazionale e applicato attraverso piani di controllo uniformi. La burocrazia, infatti, rappresenta un ostacolo non solo per le aziende già certificate, ma anche per quelle che vorrebbero convertire la propria produzione al biologico.

Durante l’incontro, la coordinatrice della sezione soci produttori Federbio, Maria Letizia Gardoni, ha sottolineato l’urgenza di riconoscere il valore del servizio sociale e ambientale offerto dall’agricoltura biologica e biodinamica, che contribuisce alla resilienza delle comunità locali e alla sicurezza alimentare. Gardoni ha inoltre evidenziato che il giusto prezzo per i prodotti bio non è solo una questione di equità per i produttori, ma è fondamentale per sostenere il ruolo degli agricoltori nella transizione ecologica.

Marchio unico

«Puntiamo a comunicare la qualità e la sicurezza dei nostri prodotti. A tale proposito auspico che avremo quanto prima il marchio biologico italiano, che potrà contribuire a dare nuovo slancio alla specificità e al valore delle nostre produzioni», ha aggiunto inoltre D’Eramo.

Il presidente Anabio-Cia, Giuseppe De Noia, ha detto che per raggiungere l’obiettivo europeo del 25% di superficie agricola biologica entro il 2030, è necessario rafforzare il supporto alla filiera e investire in un sistema che premi il ruolo cruciale degli agricoltori.

Per rispondere a queste sfide, il Piano Nazionale per l’Agricoltura Biologica (PanBio) prevede misure di stimolo alla domanda, come l’introduzione di prodotti biologici nelle mense scolastiche e nella ristorazione collettiva, ma secondo gli addetti ai lavori l’efficacia di questi interventi dipenderà dalla capacità di valorizzare l’intera filiera, mettendo al centro la qualità e la sostenibilità del prodotto.

Lavorare sul consumatore

Alcuni di questi argomenti sono stati affrontati anche durante una recente tavola rotonda ospitata da Girolomoni a Isola del Piano (Pu). Francesco Torriani, presidente del Consorzio Marche Biologiche, ha sottolineato l’importanza di migliorare la comunicazione e incentivare progetti promozionali che mettano in risalto i vantaggi del bio, non solo per i consumatori abituali, ma anche per il grande pubblico. Torriani, che si è comunque detto contrario all'utilizzo delle Tea, ha evidenziato che è fondamentale recuperare la distintività e il vantaggio competitivo del bio, puntando su una maggiore aggregazione della filiera e sulla trasparenza​. Maria Rosaria Bertino, fondatrice di Bio Bank, ha spiegato come occorra consolidare il ruolo dei distretti bio come motori della transizione ecologica, creando sinergie tra agricoltura, turismo e cultura. Secondo Bertino, realtà come Girolomoni sono un esempio concreto di come il biologico possa prosperare, diventando anche un fattore di rilancio per intere comunità locali​.

Le tre fasi del bio

Tre fasi caratterizzano il biologico italiano secondo Giovanni Battista Girolomoni, presidente dell'omonima cooperativa. La fase 1.0 è stata quella dei pioneri del bio, come suo padre Gino, che hanno messo l'attenzione sul ruolo anche sociale dell'agricoltura biologica. La fase 2.0, quella che stiamo attraversando, è quella delle certificazioni, che in un certo senso «ha addormentato il ruolo attivo del consumatore». Ci sarà secondo Girolomoni una fase, la 3.0, in cui il biologico entrerà nella normalità dei consumi. «Il dialogo con chi consuma i prodotti è fondamentale. Il biologico ha avuto all'inizio un ruolo nel dare dignità all'agricoltore». Il tema, quindi, non è solo il prezzo del prodotto al consumatore.

Il modello Girolomoni

Proprio la cooperativa fondatfa da Girolomoni ha creato un rapporto sicuramente positivo con i suoi 500 agricoltori. Come ha spiegato Sergio Moretti, direttore commerciale della cooperativa, Girolomoni garantisce agli agricoltori, alla fine dei conti, un prezzo che è circa il 50% di quello del pacchetto di pasta in vendita (l'azienda non vende in gdo ma solo nei negozi specializzati).

Tornando indietro nella filiera, la cooperativa si occupa interamente del ritiro presso gli agricoltori e fornisce un pagamento anticipato del 70% al momento della raccolta, oltre a un prefinanziamento alla semina, seguendo il massimo del prezzo dinamico alla borsa di Bologna. Questo sistema permette ovviamente agli agricoltori (soci e non) di affrontare con maggiore serenità il loro lavoro, senza essere soggetti particolarmente alle fluttuazioni del mercato.

Granoturismo

Chiaramente gli 8mila ettari coltivati sono solo un anello della filiera che la cooperativa fondata da Gino Girolomoni nel 1971 ha costruito negli anni. I suoi figli, che portano avanti l'azienda, la descrivono "dal seme al piatto": dalla scelta accurata delle varietà (molte delle quali cosiddette "antiche") al granoturismo, che include tutto l'ecosistema di accoglienza (dall'agriturismo alla fattoria didattica) che ruota intorno a Isola del Piano, dove hanno sede anche il pastificio inaugurato nel 1989 e il molino, con il quale la cooperativa ha da qualche anno "chiuso la filiera". Tra l'altro, lo scorso 23 settembre, giornata europea del biologico, Girolomoni è stata premiata in Europa con l’Eu Organic Award.

Girolomoni è la prima azienda italiana a vincere il premio in questa categoria e la sola filiera food 100% italiana garantita equa e solidale da World Fair Trade Organisation (Wfto), risultando anche l'unica realtà cooperativa biologica in Europa a gestire tutto il processo di produzione di pasta. La cooperativa esporta la sua pasta in 30 paesi differenti, conta 70 dipendenti e trasforma 120 mila quintali di grano ogni anno. L'attenzione alla sostenibilità è anche nelle politiche attuate per il risparmio energetico, nel packaging della pasta fatto interamente di carta e nella sede, recentemente riqualificata utilizzando materiali locali.

Biologico, la strada per il rilancio è chiara a tutti - Ultima modifica: 2024-11-04T17:47:57+01:00 da Alessandro Piscopiello

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