Le sfide che l’agricoltura deve affrontare nei prossimi anni possono trovare un prezioso alleato nel genome editing viste le molteplici possibilità applicative: miglioramento genetico delle piante per renderle più resistenti alle infezioni da parassiti, possibilità che queste sfruttino le risorse idriche e fertilizzanti nel suolo, aumento delle sostanze nutritive. Con queste prospettive le possibilità di raggiungere l’obiettivo individuato dalla Fao come fondamentale per la produzione di alimenti, coniugare aumenti produttivi e sostenibilità ambientale, sembra davvero alla portata.
Di questi argomenti si è parlato al convegno “La rivoluzione del Genoma editing: le applicazioni in campo agricolo e biomedico”, organizzato a Bologna dall’Accademia Nazionale di Agricoltura, che ha visto riuniti i principali studiosi del tema a livello nazionale, come i professori Michele Morgante, Università di Udine, Anna Cereseto, Università di Trento, Luigi Cattivelli, direttore Crea di Fiorenzuola D’Arda, Mario Pezzotti, Università di Verona, Alessandra Recchia, Università di Modena e Reggio Emilia e Silvio Salvi, Università di Bologna.
L’editing genomico una vera rivoluzione per uomo e scienza
A livello internazionale gli studi sono iniziati dal 2010 e la tecnica maggiormente utilizzata, in quanto più flessibile e rapida, è quella basata sul metodo CRISPR-CAS che utilizza processi biochimici propri di un meccanismo immunitario dei batteri, consentendo la distruzione selettiva del Dna di virus che invadono la cellula batterica. La selettività o specificità è fornita da molecole di Rna, chiamate gRNA o Rna guida, che si originano dalla regione CRISPR del cromosoma batterico e che, sulla base della loro sequenza, dirigono l’enzima chiamato CAS su una regione corrispondente del Dna virale. Le ricercatrici Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna, vincitrici del Premio Nobel per la chimica nel 2020, per prime hanno capito che modificando la sequenza del gRNA il sistema poteva essere utilizzato per introdurre modifiche in posizioni specifiche nei genomi di piante o animali.
Fig. 1: numero di ricerche a livello mondiale per tipo di coltura
Quante specie sono state modificate e quante varietà si coltivano
L’editing genomico è già stato applicato a molte specie vegetali o animali e si può ragionevolmente ritenere che sia applicabile a qualsiasi specie. Una recente rassegna ha identificato più di 500 pubblicazioni scientifiche che riportano esperimenti di successo distribuiti su 63 specie di piante. Quelle con il maggior numero di esperimenti sono riso, pomodoro, mais, soia, frumento e patata. La maggior parte di queste ricerche sono state svolte in Cina e Stati Uniti, seguiti a una certa distanza dall’Unione europea, dove prevalgono Germania e Francia (Fig. 1 e 2).
Fig. 2: gli Stati più attivi nella ricerca
Dal punto di vista dei caratteri della pianta, il 25% degli interventi ha riguardato la modifica di caratteristiche qualitative per l’alimentazione umana o animale (contenuto di vitamine, acidi grassi, fibre, sostanze tossiche), il 22% caratteristiche legate alla produttività ed alla resa (numero di semi o frutti, efficienza fotosintetica), il 18% la resistenza all’attacco di parassiti. In Italia la ricerca nelle piante agrarie ha avuto un forte impulso dal programma strategico “Biotech – Biotecnologie sostenibili per l’agricoltura italiana”, che ha operato nel 2018-2021, finanziato dal Mipaaf per sei milioni di euro e coordinato dal Crea, focalizzandosi sulla messa a punto di protocolli e casi studio sulle colture agrarie più rappresentative dell’agricoltura italiana. Tutta la sperimentazione è stata svolta rispettando la normativa, infatti non sono state svolte prove di campo, ma i risultati sono stati eclatanti e in via di pubblicazione nelle migliori riviste scientifiche internazionali. A oggi i casi in cui varietà migliorate con editing genomico abbiano effettivamente raggiunto la coltivazione in pieno campo o la produzione a livello commerciale sono ancora pochi: tra questi troviamo varietà di colza e camelina migliorate per resistenza ad erbicidi o ad alto contenuto di olio, soia ad alto contenuto di acido oleico, mais Waxy per uso industriale, riso tollerante alla siccità e pomodoro migliorato per contenuto di GABA con finalità nutraceutiche, brassica da insalata a ridotto contenuto di tiocianati nella foglia per migliorarne la palatabilità (Tab. 3).
Tabella 3: varietà ottenute con genome editing in sperimentazione o coltivazione
Specie | Tipo di modifica | Metodo | Azienda | Status | |
Brassica juncea | Ridotto contenuto di tiocianati | CRISPR-CAS | Pairwise | Completa approvazione, test pieno campo, Usa | |
Camelina | Alto contenuto di olio e tolleranza ad erbicidi | CRISPR-CAS | Yield10 Bioscience Inc. | Completa approvazione, test di pieno campo, Usa | |
Colza | Resistenza a erbicida | ODM | Cibus | In coltivazione, Usa e Canada | |
Colza | Alto contenuto di olio | CRISPR-CAS | Yield10 Bioscience Inc. | Completa approvazione, test pieno campo. Usa e Canada | |
Mais | Mais con amido waxy (solo amilopectina) per uso industriale | CRISPR-CAS | CORTEVA-DUPONT | In coltivazione, Usa | |
Pomodoro | Frutto nutraceutico ad alto GABA ad effetto ipotensivo | CRISPR-CAS | SANATECH-Seeds | In coltivazione, Giappone | |
Riso | Tolleranza alla siccità | CRISPR-CAS | Enti pubblici | Completa approvazione, test pieno campo, India | |
Soia | Alto acido oleico | TALEN | Calyxt | In coltivazione, USA | |
La situazione normativa attuale
La coltivazione di varietà ottenute o migliorate tramite editing genomico è normata diversamente nel mondo. In Nord America e nei principali stati sudamericani vige il principio della valutazione della sostanziale equivalenza del prodotto. Ne consegue che le cultivar modificate tramite editing, per uno o pochi nucleotidi, non sono regolamentate, in quanto tali modifiche di sequenza sono considerate analoghe alle spontanee presenti nella specie o a quelle introdotte dalla mutagenesi artificiale, in uso da quasi un secolo. In Europa, invece, la normativa in essere è ancora quella della Direttiva 2001/18/EC, che obbliga di considerare anche i metodi utilizzati per ottenere una determinata modifica genetica, ne consegue che qualunque cultivar editata anche solo di un nucleotide è considerata Ogm. La posizione degli organi direttivi dell’Unione europea è stata altalenante nel corso degli ultimi anni.
Nel 2018 una sentenza della Corte di Giustizia della Ue ha equiparato senza mezzi termini cultivar Ogm e editate, ma nel 2021 la Commissione Europea ha reso pubblico un proprio studio, che illustra come le cultivar editate potranno essere cruciali per il raggiungimento dei programmi “Green Deal” e “Farm to Fork”, dichiarando come non adeguata la Direttiva 2001/18/EC per normare la situazione. La stessa Commissione europea, nel settembre del 2022, ha lanciato una consultazione pubblica online al fine di valutare le opinioni dei cittadini sull’eventuale introduzione di una modifica normativa. Il 79% dei partecipanti ha ritenuto che le odierne norme della legislazione sugli Ogm non siano adeguate alle piante ottenute mediante editing o cisgenesi. L’aspetto positivo è che ora la Commissione Europea risulta formalmente impegnata nel proporre una modifica normativa, ma i tempi proposti, il secondo quadrimestre del 2023, portano molta incertezza al riguardo.
I vantaggi del genome editing per l’agricoltura italiana
Le tecniche di editing genomico offrono un chiaro vantaggio rispetto a quelle tradizionali di ingegneria genetica, in quanto consentono di operare con una precisione quasi assoluta sul tipo di modifica che si vuole svolgere non richiedendo, nella maggioranza dei casi, l’introduzione di materiale genetico da un’altra specie. Le modifiche sono di tipo puntiforme, del tutto analoghe a quelle che si verificano spontaneamente in natura, e anche i protocolli sperimentali sono facilmente applicabili. Un ulteriore vantaggio dell’editing genomico è la possibilità di modificare geni, quindi caratteri di interesse agronomico direttamente nelle cultivar elite o di prestigio, senza modificarne la natura e la riconoscibilità.
Tale peculiarità ha una ricaduta immediata nell’agricoltura italiana che si basa anche sulla coltivazione di varietà storiche, per esempio vite o melo, riconosciute dal consumatore e connesse ad una filiera di trasformazione e di commercializzazione di grande valore aggiunto. Le viti così prodotte, ad esempio, non perderebbero la loro identità varietale e la coltivazione richiederebbe quantità ridotte di trattamenti chimici di difesa, avendo introdotto resistenze genetiche a parassiti e funghi tramite il CRISPR-CAS. L’adozione di queste soluzioni avrebbe un inequivocabile impatto positivo sulla sostenibilità della viticoltura, considerando che in Europa occupa il 3% della superficie agricola, ma è responsabile del 60% dell’uso dei fitofarmaci.
I problemi da risolvere
Il problema principale rimane quello normativo. Se la Commissione europea fallisse nell’introduzione di modifiche che consentano la coltivazione e la commercializzazione senza i vincoli che gravano sulle cultivar Ogm, non riusciremo ad utilizzare queste tecnologie, con un preoccupante incremento del gap tecnico e produttivo tra l’Europa e il resto del mondo che utilizza il genoma editing. Si creerebbero situazioni perfino paradossali, in cui ricercatori e tecnici europei che hanno creato nuove cultivar con queste tecnologie utilizzando finanziamenti europei, vedranno sfruttato commercialmente il frutto dei loro sforzi solo fuori dall’Europa. Un primo passo potrebbe essere quello di ottenere l’autorizzazione almeno a prove sperimentali di campo da parte dei ricercatori italiani.
Un secondo problema da considerare, in sede di programmazione di ricerca, è che un gene può essere editato a fini di miglioramento genetico solo se abbiamo conoscenze approfondite di biologia, genetica e fisiologia delle produzioni agrarie. La ricerca di base è quindi il substrato obbligatorio per poter svolgere innovazione industriale e non dobbiamo demordere nella educazione delle nuove generazioni sui principi della scienza informando, al contempo, sulla corretta percezione dei rischi.
L'autore è docente di Genetica agraria al Dipartimento di Scienze e Tecnologie agroalimentari dell'Università di Bologna e vicepresidente della Società italiana di genetica agraria