Acqua: «Non inserirla nella Pac significa condannare imprese e territori»

Il monito del presidente Anbi Francesco Vincenzi che in occasione dell’assemblea annuale dell’associazione dei consorzi di bonifica lancia quattro obiettivi per un’Italia più sicura dal punto di vista idrico

Disponibilità d’acqua e sicurezza dei territori: la due giorni dell’annuale assemblea Anbi, svoltasi a Roma, si è snodata attorno a questo binomio con l’obiettivo di gestire la risorsa idrica secondo logiche di prevenzione, anziché in emergenza.

Dalle stime di Bigbang, il modello Ispra di analisi della situazione idrologica dell’Italia, nel 2022 circa il 20% del territorio nazionale è stato colpito da condizioni di siccità estrema e circa il 40% da siccità severa o moderata.

«Da oltre venti anni corriamo dietro alle emergenze e alla carenza delle infrastrutture – ha esordito il presidente Anbi Francesco Vincenzi –. In un momento in cui i cambiamenti climatici esercitano una grande pressione sull’acqua, sia in termini quantitativi che di volumi, c’è la necessità di pensare come ripianificare e riprogrammare la gestione di questa risorsa fondamentale, in particolare per l’agroalimentare italiano. Programmare per noi significa cantierare e immaginare un piano di infrastrutture inserito all’interno di un programma pluriennale in cui il piano invasi e il piano laghetti devono rappresentare il primo dei tanti tasselli di un mosaico che si va a completare con un ammodernamento e efficientamento delle infrastrutture irrigue. Dal punto di vista infrastrutturale bisogna avere il coraggio di fare scelte necessarie al bene dei territori».

Primi passi in questi termini, ha detto Vincenzi, sono stati il Decreto Siccità, che il Governo ha emanato ad Aprile 2023 e l’avviso del 21 Giugno scorso per la presentazione delle domande d’inserimento nel Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza nel settore idrico, che è il principale strumento di pianificazione con cadenza triennale, finalizzato alla realizzazione e manutenzione di infrastrutture idriche strategiche.

«Nulla vi è, però – ha evidenziato il direttore generale Anbi Massimo Gargano – in merito alla programmazione di adeguate risorse finanziarie, che diano certezza e concretezza realizzativa, né riguardo all’individuazione di uno strumento di pianificazione pluriennale, adeguatamente finanziato, finalizzato esclusivamente alla raccolta della risorsa idrica e quindi al suo utilizzo multifunzionale e per l’irrigazione collettiva».

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Da sinistra: Francesco Vincenzi e Massimo Gargano

«Inserire l’acqua negli ecoschemi»

«Abbiamo poi bisogno – ha proseguito Vincenzi –, all’interno del Piano nazionale strategico della Pac, di inserire l’acqua all’interno degli ecoschemi in una prossima revisione, per evitare che alcune regioni non vengano considerate riguardo al tema risorsa idrica. Le imprese agricole non possono fare agricoltura senza utilizzare l’acqua per questo dobbiamo renderla disponibile nel modo più efficiente possibile e a costi accessibili e gli agricoltori certamente si impegneranno insieme ai consorzi di bonifica ad utilizzarla al meglio. Non inserire l’acqua nella Pac significa condannare imprese e territori».

Quattro obiettivi proposti da Anbi per un’Italia più sicura dal punto di vista idrico

  • Dal palco dell’assemblea dell’Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue forte è stato il richiamo alla necessità del Piano straordinario 2023-2030 per la realizzazione di nuovi invasi sostenibili e multifunzionali, il cosiddetto piano laghetti per lo stoccaggio d’acqua da utilizzare al momento del bisogno (attualmente l’89% dei 300 miliardi di metri cubi annuali di pioggia va perduto in mare). L’obiettivo è garantire disponibilità idrica non solo per fini irrigui, ma anche per esigenze potabili e civili, industriali, energetiche, ambientali, turistico-ricreative, antincendio e, se l’individuazione delle aree per i bacini fosse a monte dei centri urbani, anche per la sicurezza idrogeologica. Il piano, da finanziare con un fondo pluriennale adeguato, dispone attualmente di un pacchetto di 389 progetti, redatti dai Consorzi di bonifica e perlopiù immediatamente cantierabili. Tali interventi determinerebbero effetti positivi su: produzione agroalimentare del Paese; ambiente; occupazione mediante l’attivazione di oltre 24.000 nuovi posti di lavoro.
  • Addivenire a un progressivo ampliamento ed efficientamento della superficie agricola, attrezzata con impianti irrigui collettivi (attualmente 3,5 milioni di ettari) attraverso soluzioni innovative per l'ottimizzazione d'uso della risorsa idrica (digitalizzazione, monitoraggio, gestione automatizzata e telecontrollata delle reti di adduzione e distribuzione, avanzati servizi climatici per un uso razionale ed efficiente della risorsa idrica).
  • Un piano di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria per la messa in sicurezza del territorio contro il dissesto idrogeologico: dal  consolidamento e sistemazione degli argini alla sistemazione degli alvei; dalla realizzazione di barriere contro la risalita del cuneo salino alle foci fluviali al potenziamento delle idrovore. È urgente rimuovere le limitazioni alla capacità di invaso dei bacini esistenti, oggi ridotta del 10% per il sedime accumulato sui fondali. Il piano Anbi prevede oltre 850 interventi per un investimento di oltre 4 miliardi di euro, capaci di sviluppare occupazione per circa 21.000 posti di lavoro.
  • Consentire un maggiore utilizzo, in agricoltura, delle acque reflue depurate. Attualmente in Italia vengono dispersi circa 9 miliardi di metri cubi l’anno d’acqua rigenerata da impianti di depurazione e che potrebbero essere impiegati a scopo irriguo, se in grado di garantire qualità e salubrità delle produzioni agricole. Il tema delle acque depurate è un tema, sottolinea Anbi, da affrontare con concretezza, in quanto può essere una soluzione integrativa rispetto ai problemi di scarsità idrica, determinata dal cambiamento climatico e dal moltiplicarsi degli usi concorrenti della risorsa. È necessario che la gestione attiva delle acque reflue in agricoltura sia garantita in tutte le aree geografiche del Paese e che l’efficacia degli attuali trattamenti depurativi sia certificata anche verso inquinanti quali microplastiche, metalli pesanti, elementi radioattivi, antibiotici, ecc. È fondamentale, quindi, la rapida predisposizione, concertata con le Istituzioni e i portatori d’interesse, dei “piani di gestione dei rischi” connessi al riutilizzo delle acque reflue trattate in agricoltura.

Dell’Acqua: «In Italia non abbiamo la cultura della gestione e della pianificazione»

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Nicola Dell'Acqua

Il commissario straordinario nazionale per l’emergenza siccità, Nicola Dell’Acqua, nel suo intervento ha puntualizzato come in Italia manchi la cultura della gestione delle acque piovane e degli invasi. «Abbiamo costruito invasi che il mondo ci invidia ma che non sono stati gestiti in modo efficiente in questi 40 anni. Non c’è un unico colpevole – ha puntualizzato – ma la solita assenza di programmazione. Siamo i migliori nell’emergenza ma i peggiori nella pianificazione. Cercheremo di rimettere in moto tutte queste opere».

Pichetto: «L’inefficienza infrastrutturale non è questione di soldi»

Gilberto Pichetto Fratin

ll ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha ricordato che «il Pnrr prevede 230 interventi sul sistema idrico. Oltre a smelmare le dighe dobbiamo pensare a farne di nuove. Oggi raccogliamo solo il 10% dell’acqua piovana e la Spagna il 37%, pur essendo alla stessa latitudine. Dobbiamo fare le aree di esondazione prevedendo un meccanismo automatico di risarcimento. Se le avessimo avute lungo l’asse del Po in maniera cospicua, forse avremmo deviato prima e meglio le acque - ha aggiunto, riferendosi all’alluvione in Emilia-Romagna –. Sono questioni che vanno affrontate con una pianificazione seria, con il ruolo delle Autorità di bacino rinforzate, delle Regioni e con gli opportuni finanziamenti che sono disponibili, visto che spendiamo solo il 20-35% di quelli messi a disposizione dal fondo di coesione».

Francia: «Gli interventi fatti dal Psr contro il dissesto idrogeologico hanno lasciato la collina e la montagna in una condizione migliore»

Il presidente consorzio di bonifica della Romagna, Stefano Francia, ha precisato che riuscire a infrastrutturare in modo adeguato l’area collinare montana per poi arrivare alla pianura è strategico per l’agricoltura del futuro. «Gli interventi fatti dal Psr contro il dissesto idrogeologico hanno lasciato la collina e la montagna in una migliore condizione sia per gli agricoltori che per i cittadini che abitano in quelle aree. Le frane sono state minori». Francia ha spiegato anche quanto sia importante investire in una politica di invasi per «non rendere i terreni impermeabili. In poche ore l’acqua che si è riversata in Emilia-Romagna è stata copiosa e la permeabilità dei terreni era scarsa, questo ha contribuito a creare problematiche».

Francia ha infine reso noto che ci sono circa 400 milioni di interventi da fare sul territorio per rimettere le opere in funzione e per realizzare dei progetti pronti. «C’è necessità di avere le risorse in tempi rapidi e di intervenire con tempi altrettanto celeri per fare opere che riescano già nel prossimo autunno a garantire sicurezza per il territorio».

Le 10 opere Anbi in corso di realizzazione in tutta Italia grazie ai finanziamenti ministeriali

ANBI_Dieci progetti

Acqua: «Non inserirla nella Pac significa condannare imprese e territori» - Ultima modifica: 2023-07-09T18:59:06+02:00 da Laura Saggio