Non è solo il Po a destare preoccupazione. Ci sono infatti vaste aree di Abruzzo e Molise a rischio di forte siccità estrema. L’indicazione che viene dall’European Drought Observatory è confermata dai dati del report settimanale dell’Osservatorio Anbi sulle Risorse Idriche.
Se il bacino di Penne, nell’interno, ha toccato il record dal 2016 nei volumi invasati, a registrare i maggiori decrementi nelle precipitazioni sono le zone costiere (in particolare territori nelle province di Pescara e Chieti) che, dopo la sofferenza idrica del 2020, continuano a registrare cali, che sfiorano il 70% su base mensile.
Il dato è in linea con quanto si registra anche sul resto della dorsale adriatica, a iniziare dalla Romagna, dove le zone contermini alla foce del fiume Reno sono largamente sotto media nelle precipitazioni, conformando i territori meridionali a quanto già registrato l’anno scorso a Nord del corso d’acqua.
Minimi storici per i fiumi emiliani
Tutti in calo e largamente sotto le portate del periodo sono gli altri fiumi emiliani (fonte Arpae) con l’Enza, che tocca il minimo storico a 2,4 mc/sec (precedente record 3,9 mc/sec) e il Secchia, che segna 3,1 mc/sec contro una media mensile di 31,2 mc/sec.
«I dati confermano l’accentuarsi del regime torrentizio dei principali corsi d’acqua, cui si deve rispondere, creando nuovi bacini per trattenere le acque di pioggia e una rete in grado di trasferire acqua fra territori che, anche a breve distanza, possono avere condizioni radicalmente diverse» afferma Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione nazionale dei Consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue (Anbi).
Scende ancora il livello del Po
Continua la decrescita delle portate anche nel fiume Po, particolarmente evidente nel mese di marzo, soprattutto a causa dei mancati apporti idrici dai torrenti appenninici: dagli inizi del mese la portata si è quasi dimezzata ed è ben al di sotto della media di periodo (-45%). Continua così, in attesa delle auspicate precipitazioni primaverili, la magra del Grande Fiume, nonostante le ricche riserve nevose presenti sull’arco alpino (fonte: Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume Po).
Diminuiscono anche gli afflussi ai grandi laghi del Nord, mentre aumentano le richieste di prelievo, complici le alte temperature del periodo; i laghi di Iseo e di Como sono sotto media con quest’ultimo al 10,6% di riempimento.
Il totale della riserva idrica invasata nei grandi laghi e negli invasi artificiali padani, nonché sotto forma di S.W.E. (Snow Water Equivalent) è leggermente calato rispetto ad una settimana fa (-3.3%), ma resta superiore alla media del periodo 2006-2020 (+11.8%).
Restando al Nord, andamento altalenante dei fiumi piemontesi con Tanaro, Pesio e Sesia in crescita, mentre calano Maira, Stura di Lanzo e Dora Baltea, per altro sempre al top in Val d’Aosta (mc/sec 25 contro una media di 5 metri cubi al secondo).
In Lombardia crolla la portata del fiume Adda, mentre restano in media i corsi d’acqua nel Veneto.
Male in Toscana, meglio al Sud
Sono tutti sotto media i principali fiumi toscani con Arno ed Ombrone a meno del 30% delle portate di un anno fa (fonte: Centro Funzionale Regione Toscana).
Restano stabili i fiumi delle Marche, così come Tevere, Liri-Garigliano e Sacco nel Lazio dove, invece, dopo mesi cala il livello del lago di Bracciano (fonte: Bracciano Smart Lake).
Sulla Campania sono tornate le belle giornate con temperature in aumento e si registrano nuove diminuzioni nei livelli idrometrici dei fiumi: il Sele presenta cali uniformi e contenuti, il Garigliano risente della diminuzione soprattutto nel tratto terminale, mentre il Volturno cala in maniera difforme lungo il suo corso; il lago di Conza della Campania e gli invasi del Cilento si segnalano in calo.
Continuano a crescere i livelli degli invasi della Basilicata, raggiungendo + 135,87 milioni di metri cubi sul 2020; restano stabili, ma confortanti le disponibilità idriche nei bacini della Puglia (+295,19 milioni di metri cubi sul 2020).
«Servono interventi infrastrutturali»
«Siamo in avvio della stagione irrigua, ancora caratterizzata da forti escursioni termiche pur con temperature in rapido rialzo – chiosa Massimo Gargano, direttore generale di Anbi -. Lo stato delle disponibilità idriche indica sofferenza, pur lenita dal progressivo scioglimento delle nevi montane, per uno dei “giacimenti” dell’agricoltura italiana di qualità, quale l’Emilia Romagna, dove fondamentale per l’irrigazione si conferma il ruolo del canale Cer. In prospettiva deve indurre a riflessione il trend di crescente aridità lungo la dorsale adriatica, il cui deficit idrico viene aggravato dalla pressione antropica, soprattutto durante i mesi estivi. Per questo – conclude Gargano - sono necessari interventi infrastrutturali, che ristorino il territorio e rispondano all’aumento stagionale di richiesta d’acqua».