La filiera legno-arredo che rappresenta una delle più rilevanti attività economiche del nostro Paese, risulta fortemente dipendente dall’estero per l’approvvigionamento della materia prima legno. La pioppicoltura negli ultimi 60 anni ha fornito circa la metà del legno tondo nazionale a uso industriale.
Da una recente indagine condotta dal Centro di ricerca Foreste e Legno del Crea, nell’ambito delle attività della Rete Rurale Nazionale e con il supporto di FederlegnoArredo, con riferimento all’anno 2017, la superficie della pioppicoltura era stimata in 46.125 ettari. L’attuale superficie pioppicola, circa la metà di quella degli anni ‘70-’80, non è in grado di far fronte alla domanda di legno di pioppo dell’industria nazionale la quale deve ricorrere a forti importazioni dai Paesi europei.
Specialità padano-veneta
La pioppicoltura specializzata, a turno decennale per la produzione di tronchi da sfogliatura, risulta concentrata nella pianura padano-veneta, con il 70% delle piantagioni localizzate in Lombardia e Piemonte. Occupa prevalentemente terreni agricoli, metà dei quali ubicati in prossimità delle aree fluviali. Le piantagioni di pioppo non usufruiscono dei pagamenti diretti della Pac, necessitano di consistenti impegni finanziari per le operazioni di impianto e per tutta la durata del turno di coltivazione.
Il mercato del legno di pioppo è soggetto a fluttuazioni e dinamiche dipendenti dalla produttività industriale e dal prezzo internazionale del legno, quindi l’imprenditore agricolo che decide di fare pioppicoltura con impegni di lunga durata, si regola in base al mercato e ai prezzi del momento. Dalle indagini inventariali condotte in vari decenni nel settore pioppicolo sono state osservate correlazioni strette tra espansione della pioppicoltura in concomitanza di alti prezzi di mercato e contrazioni in caso di flessioni dei prezzi (fig. 1).
Dal 1995 il prezzo del pioppo ha subito un progressivo e costante calo toccando minimi valori nel 2012, meno del 50% in termini reali. La ripresa è stata rapida e costante soltanto negli ultimi quattro anni, ha raggiunto prezzi medi di circa 95 €/t e toccato valori massimi di 115 €/t.
Fig. 1 Prezzi medi “Piante in piedi”
Previsione sulle disponibilità
Le più recenti stime condotte attraverso immagini satellitari sono in grado di riconoscere con buona attendibilità le superfici pioppicole in varie fasi di crescita secondo classi di copertura. Tali informazioni hanno trovato riscontro anche con i dati delle produzioni vivaistiche pioppicole annuali, soprattutto per quanto riguarda le piante commercializzate e probabilmente messe a dimora per costituire nuovi pioppeti.
Tenuto conto sia delle stime inventariali che dei dati sulle produzioni vivaistiche è stato possibile fare previsioni sulle disponibilità future annuali di pioppeti commercialmente maturi (fig. 2).
Dopo un lungo periodo di calo degli investimenti, nell’ultimo triennio si è osservata una ripresa decisiva dei nuovi impianti. Le forti contrazioni delle superfici piantate si concretizzano proprio in questi anni con disponibilità minime di pioppeti maturi (poco più di 3.000 ettari) e conseguenti prezzi alti per una domanda in crescita. Per ancora qualche anno le disponibilità saranno scarse. Dal 2026 le superfici dei pioppeti maturi cresceranno fino a raggiungere 5-6mila ettari alla fine di questo decennio.
Fig. 2 Stima delle superfici pioppicole disponibili al taglio
Dieci anni per “raccogliere”
La pioppicoltura in Italia si pratica con l’impiego di cloni ibridi principalmente con il clone I-214 (70%), sempre in maggior misura anche con cloni a Maggior sostenibilità ambientali (Msa) caratterizzati nello specifico da resistenza alle maggiori avversità (ruggine, bronzatura, defogliazione primaverile e afide lanigero). Le piantagioni costituite con densità d’impianto da 200 a 300 pioppi per ettaro raggiungono la maturità commerciale in circa 10 anni con produzione totale di legno mediamente di 200 m3/ha.
Una prima fase di impianto comprende la preparazione del terreno e la concimazione di fondo fosfo-potassica, il tracciamento, l’apertura delle buche, l’acquisto e la messa a dimora delle pioppelle (di uno o due anni di vivaio. In particolare, durante il primo anno sono state contemplate l’irrigazione, il controllo delle infestanti, realizzato con erpicature, gli interventi fitosanitari per il contenimento dei parassiti e la potatura. Quest’ultima operazione viene ripetuta nei due anni successivi (2° e 3° del turno) con intensità e modalità differenti. Negli anni seguenti sono stati considerati altri interventi per l’irrigazione e per il controllo delle infestanti mediante erpicature nella prima metà del turno e sfalci dell’erba negli anni successivi.
La concimazione azotata è prevista fino al quarto anno, con dosi da 50 a 100 unità di azoto per ettaro per anno. Per la difesa fitosanitaria sono previsti interventi per contenere gli attacchi di insetti xilofagi con insetticidi distribuiti con irroratrici sul fusto delle piante dal 2° al 4° anno del turno per il “Punteruolo del pioppo” e per la “Saperda maggiore del pioppo”. I trattamenti alla chioma, infine, sono stati considerati per contrastare gli attacchi di Marssonina brunnea (Ell. Et Ev.) P. Magn. (agente della “bronzatura del pioppo”), di Melampsora spp. (agenti di ruggine) e Hyphantria cunea Drury (lepidottero defogliatore).
Nel caso di utilizzo di cloni Msa caratterizzati nello specifico da resistenza a ruggine, bronzatura, defogliazione primaverile (Venturia populina) e afide lanigero, il modello non prevede gli interventi alla chioma e quelli al fusto per il contenimento dell’afide lanigero.
Redditività garantita, a meno che…
La forte dinamica dei prezzi di mercato del legno di pioppo determina instabilità che inevitabilmente ricade sulla redditività della coltura. A questo proposito è necessario analizzare almeno in modo sintetico gli elementi che concorrono a definire la convenienza e la redditività nella produzione di pioppo: costi di produzione, mercato del legno e andamento delle colture agrarie alternative sono in continua evoluzione.
Date le infinite variabili che intervengono attualmente nei modelli colturali a diversi livelli di intensività ne sono stati considerati due. Un modello praticato a “Costi minimi” riferito a minimi interventi colturali in aree golenali che non necessitano di apporti idrici, o nel caso di scelta di cloni Msa. Un secondo modello a “Costi massimi” che comprende invece l’irrigazione per tutta la durata del turno e interventi colturali intensivi. Per esigenza di sintesi sono stati raggruppate le operazioni del primo anno nella voce “Impianto” e le altre del turno nella voce “Cure colturali”.
Per quanto riguarda la valutazione economica di redditività si fa ricorso all’indicatore del Vae (valore annuo equivalente) derivato dal Van (valore attuale netto) mediante l’attualizzazione dei costi e dei ricavi al tasso di sconto del 3% per la durata di 10 anni.
Il Vae è stato calcolato sia per una produzione media di 150 t/ha a prezzi minimi di 70 €/t per piante in piedi, sia per una produzione ottima di 170 t/ha a prezzi massimi di 115 €/t per piante in piedi (prezzi Cciaa AL, PV e MN). I due livelli di produzione sono stati riferiti sia in presenza di costi minimi che di costi massimi (tab. 1).
I risultati di redditività sono molto positivi. Ovviamente in condizioni di alte produzioni e alti prezzi sia a costi minimi (1.055 €/ha l’anno), sia a costi massimi (644 €/ha l’anno), buoni ancora per produzioni medie, bassi prezzi di vendita e costi minimi (266 €/ha/anno). Soltanto in condizioni di produzioni medie, prezzi bassi e costi massimi si ottengono redditività negative (-145 €/ha l’anno).
Un aiuto dai Psr
Nelle condizioni attuali di mercato la pioppicoltura raggiunge profitti anche superiori alle colture alternative agrarie. Secondo una recente indagine Ismea condotto in aziende agricole nella coltivazione del mais, il reddito operativo medio in presenza di contributi Pac raggiunge valori minimi negativi a -401 €/ha e massimi a 845 €/ha (Ismea 2021).
Questi risultati dimostrano come sia possibile ottimizzare i costi di produzione e di conseguenza i ricavi attraverso l’utilizzo di materiale vegetale migliorato (Msa) e con tecniche colturali adeguate. Tuttavia, la coltivazione del pioppo potrebbe ottenere risultati economici ancora migliori se supportata da sostegni finanziari per l’impianto a coprire parte delle elevate spese iniziali, previste in certi casi dai programmi di sviluppo rurale. Inoltre il riconoscimento dei servizi ambientali offerti da questo tipo di coltura meriterebbe un supporto mediante i pagamenti ambientali.
tab. 1 Costi minimi e massimi nella coltivazione del pioppeto |
||
costi minimi | costi masimi | |
Impianto (€/ha) | 2.400 | 2.700 |
Cure colturali (€/ha) | 3.200 | 6.400 |
Totale (€/ha) | 5.600 | 9.100 |
VAE* (150 t/ha,70 €/t) (€/ha/anno) | 266 | -145 |
VAE* (170 t/ha,115 €/t) (€/ha/anno) | 1.055 | 644 |
(*) = (redditività) valore annuo equivalente, attualizzazione r=3%, 10 anni. Redditività espressa in Vae al variare delle condizioni di costi, dei livelli produttivi e dei prezzi di mercato |
Sarebbe utile se presentate i calcoli totali. Dopo 10 anni un albero pesa 8 quintali? Quindi il valore dopo 10 anni e di circa Euro 80, per un albero in piedi?
I costi che scrivete sono per quanti alberi all’ettaro? Si possono piantarne 400? E questi costi sono per 400?
Se si avete up profitto di 32,000 euro dopo 10 anni, per un investimento di 5’600-9’100.
Sono giusti i miei calcoli?