Più resa e qualità per la lenticchia di Altamura Igp

I risultati di un progetto di fertilizzazione, realizzato nell'ambito del programma di ricerca LegValue Horizon 2020 e promosso dal Consorzio di tutela e valorizzazione della pregiata indicazione geografica pugliese che punta a migliorare le caratteristiche del prodotto finale

Profumata e saporita anche cruda, e ancora di più se cotta. Comunque eccellente al gusto e all’olfatto, facile da cuocere, dotata di ottima consistenza, ricca di ferro e proteine: una perla fra i legumi italiani. È la lenticchia di Altamura, che da dicembre 2017 ha ottenuto il riconoscimento dell’Igp e adesso, da semplice prodotto dell’economia familiare, sta iniziando, sotto l’attenta guida del Consorzio di tutela e valorizzazione della Lenticchia di Altamura Igp, un percorso di diffusione e affermazione nei più importanti mercati nazionali e internazionali.

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L'areale di produzione

Per aumentare ulteriormente le rese e migliorare la qualità della lenticchia, ma anche del cece, altro legume molto coltivato sull’Alta Murgia, il Consorzio e l’Università di Bari hanno avviato, grazie alla collaborazione con la Fertileva srl di Laterza (Ta), l’Agm srl di Castelnovo di Sotto (Re) e la Ccs srl di Aosta, un progetto sperimentale in sette aziende agricole (sei per la lenticchia e una per il cece), con prove tecniche basate sulla concimazione organica oppure organo-minerale e sull’apporto di micorrize.

I risultati sono stati illustrati in una recente  visita dimostrativa guidata in tre delle aziende coinvolte nel progetto per valutare lo sviluppo radicale delle colture: l’azienda agricola Pietro Cifarelli di Gravina di Puglia (Ba), l’azienda agricola Calia Franco ed Eredi Paradiso di Matera e l’azienda agricola F.lli Quarto “Tenuta Zagarella” di Matera.

Prove di concimazione

Gerardo Centoducati presenta il progetto sperimentale del consorzio ai partecipanti alla giornata dimostrativa.

«Nei sette campi sperimentali – spiega Gerardo Centoducati, direttore del consorzio –abbiamo valutato la produzione utilizzando, prima alla semina e poi per via fogliare, concimi organici od organo-minerali in associazione con micorrize addizionate a diverse specie del genere Trichoderma, che svolgono il ruolo di competitor verso altri microrganismi patogeni presenti nel terreno». In ogni campo sono a confronto più tesi: 7 nell’azienda Cifarelli, 11 nell’azienda Calia e 5 nell’azienda Quarto, per un totale di oltre 70 ettari, considerando le repliche per la validazione statistica dei modelli sperimentali.

Il ruolo del fosforo

Nella coltivazione delle leguminose la concimazione svolge un ruolo molto importante. In particolare queste infatti necessitano dell’apporto di concimi fosfatici, poiché il fosforo favorisce un maggior accumulo di proteine nel seme.

Per rispondere a tale esigenza la Fertileva ha proposto in semina due prodotti: un concime organo-minerale NPK (S) 3-6-6 (12) (consentito in agricoltura convenzionale) pellettato, capace di garantire un’elevata e prolungata disponibilità nutritiva per l’intero ciclo colturale, e un concime organico NP a base di azoto e fosforo di origine biologica (consentito in agricoltura biologica), che, con l’apporto di sostanza organica, migliora la struttura del terreno e ne accresce la fertilità e la produttività.

Franco Calia

«Agm ha invece messo a disposizione per le prove di campo due concimi organici azotati ricavati dalla lavorazione di sangue animale – aggiunge Franco Calia, che coltiva 13 ha a lenticchia dedicando l’intera produzione ai campi sperimentali –. Uno in forma granulata naturalmente, distribuito in semina, garantisce il rilascio graduale e programmato di azoto nel terreno per consentire alle radici la costante e completa assimilazione dei nutrienti durante il ciclo produttivo. L’altro, fluido, è stato dato per via fogliare con una rapida e totale assimilazione da parte dell’apparato fogliare».

Verso soluzioni efficaci

Paolo Quarto

«Altri due prodotti – prosegue Paolo Quarto, che con il fratello Piergiorgio coltiva 5 ha a lenticchia in biologico, sono stati proposti infine da CCS –. Uno, costituito da batteri della rizosfera, funghi saprofiti e funghi micorrizici, consente l’inoculo mediante fertirrigazione soprattutto di elevate percentuali di funghi micorrizici, che favoriscono la moltiplicazione dell’apparato radicale della coltura. L’altro è formato da lieviti, batteri della rizosfera, funghi saprofiti e funghi micorrizici: questi ultimi occupano la nicchia ecologica attorno alle radici delle piante e svolgono un’azione antagonista alla possibile invasione di funghi patogeni, al contempo moltiplicano in modo efficace l’apparato radicale per sfruttare al meglio la nutrizione proposta e presente nel terreno e ottenere quindi un migliore risultato agronomico sia per il minor numero di abbandono dei frutti nel periodo dell’allegagione sia per una ridotta perdita di piante a causa delle patologie fungine».

Leonardo Verdini

«Dal confronto fra le diverse tesi – commenta Leonardo Verdini, dottorando di ricerca presso il Disaat dell’Università di Bari, a nome del gruppo di lavoro coordinato dal professor Giuseppe De Mastro, responsabile scientifico del progetto – emergono le soluzioni più efficaci ad aumentare la resa e migliorare la qualità sia della lenticchia sia del cece».

Un “frutto” del territorio

«I nostri ceci e le nostre lenticchie sono realmente diversi dai prodotti simili, anche italiani. Crescono e maturano in un ambiente pedoclimatico molto vocato, ricco di sole, in un terreno caldo e ospitale. Sono frutto di questo territorio».

Pietro Cifarelli

È con legittimo orgoglio che Pietro Cifarelli, storico produttore di legumi sull’Alta Murgia barese, ne esalta le produzioni tipiche.

A Gravina in Puglia (Ba) coltiva in agricoltura convenzionale 20 ha alla varietà Pascià di cece bianco e a varietà locali di cece rosso, nero liscio e nero rugoso e 15 ettari a Lenticchia di Altamura impiegando entrambe le varietà previste dal disciplinare di produzione (l’una con diametro medio di 6 mm e l’altra di 4 mm).

«La nostra lenticchia esprime già cruda, schiacciandola fra i denti, un profumo e un sapore intensi, originali perché conferiti dalla terra dove viene prodotta, la Murgia; profumo e sapore che rimangono in bocca e vengono esaltati dalla cottura, mentre le altre lenticchie sono, crude o cotte, pressoché inerti sia all’olfatto sia al gusto. E lo stesso vale per il cece».


Valorizzare la lenticchia "autoctona"

Antonio NIsi

Incremento produttivo, miglioramento della qualità, promozione della conoscenza del prodotto in Italia e all’estero, tutela dell’ambiente.

«Sono gli importanti obiettivi raggiunti dal Consorzio di tutela e valorizzazione della Lenticchia di Altamura Igp attraverso un continuo lavoro di affiancamento alle aziende associate - dichiara il presidente Antonio Nisi, egli stesso produttore di lenticchia (20 ha) a Palazzo San Gervasio (Pz) -». Il consorzio è nato a gennaio 2017 ed è oggi costituito da circa 140 agricoltori appartenenti a 19 Comuni tra Puglia (10) e Basilicata (9).

«La superficie certificata di Lenticchia di Altamura Igp - continua il presidente - quest’anno ha raggiunto i 2.000 ettari. Purtroppo negli ultimi decenni la coltivazione dei legumi, e in particolare della lenticchia, è stata molto trascurata, se non abbandonata, in Italia e anche sulla Murgia. Perciò da anni assistiamo all’arrivo di un profluvio di legumi di dubbia qualità, ma a prezzi stracciati, dal Canada e dall’Asia».


Il progetto europeo LegValue

Fioritura della lenticchia di Altamura Igp durante nei campi oggetto delle prove

L’attività del Consorzio di tutela e valorizzazione della Lenticchia di Altamura Igp è al centro dell’interesse del progetto europeo LegValue Horizon 2020, i cui referenti in Italia sono il Centro di ricerche agroambientali “Enrico Avanzi” dell’Università di Pisa e la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, con l’Università di Bologna come ulteriore partner italiano.

«Il progetto, che coinvolge numerosi Paesi europei, come Italia, Danimarca, Francia, Germania, Gran Bretagna, Lettonia, Lituania, Portogallo e Svizzera, vuole analizzare lo stato attuale della produzione di leguminose e, soprattutto, verificare l’esistenza di approcci di filiera, per capire le difficoltà nel raggiungere rese soddisfacenti e individuare le correzioni da mettere in atto per favorire e accrescere tale produzione – illustra Daniele Antichi, ricercatore dell’Università di Pisa –. In tale prospettiva l’esperienza del consorzio, basato fortemente sulla filiera, è per noi molto interessante. Siamo qua per toccare con mano quanto di buono fa il consorzio».

L'approfondimento (il nostro libro)

CECE E LENTICCHIA

Coltivazione, scelta delle cultivar e post-raccolta

di Bruno Parisi, Paolo Ranalli e Renzo Torricelli

Cece e lenticchia sono oggi fra le colture più in luce nello sviluppo dei nuovi sistemi agricoli e la politica di sviluppo rurale 2014-2020 affida loro un ruolo cruciale sia per la sostenibilità ambientale che per il recupero delle produzioni agro- alimentari d’eccellenza.
Ambedue le leguminose presentano un ciclo colturale adatto a valorizzare terreni e aree marginali, con scarse dotazioni idriche, con indubbi vantaggi sul mantenimento di attività produttive anche in zone svantaggiate.
Le due colture sono trattate con riguardo alle esigenze pedo-climatiche, alla scelta varietale, alle tecniche colturali, alle avversità biotiche e abiotiche, allo stoccaggio dei semi in magazzino, alle caratteristiche tecnologiche della granella, agli impieghi e ai profili nutrizionali.

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Più resa e qualità per la lenticchia di Altamura Igp - Ultima modifica: 2019-04-20T09:40:42+02:00 da K4

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