Nella tradizione agricola italiana è molto forte e diffusa l’idea che un buon campo coltivato debba essere completamente privo di piante spontanee, dette anche “malerbe” (appellativo da cui si evince come queste specie siano spesso considerate un elemento di disturbo per la coltivazione).
L’innata avversione per le erbe spontanee che crescono nei campi coltivati è talmente radicata che spesso, non solo gli imprenditori agricoli, ma anche chi si diletta con l’orticoltura familiare prova lo stesso disagio di fronte alla loro presenza, pur non riponendo nel proprio limitato raccolto la necessità di generare un reddito.
Questa reazione è figlia della rivoluzione verde e del conseguente sviluppo industriale dei diserbanti di sintesi. Spesso giustificata nel caso degli imprenditori (ma, a mio avviso, non in quello degli hobbisti), questa sfumatura socialmente accettata di “botanofobia” talvolta risulta eccessiva anche nelle aziende agricole, che vogliono legittimamente tutelare il proprio reddito.
La soglia di intervento per le malerbe
Per evitare di sprecare risorse preziose (tempo, denaro e lavoro), ogni qual volta che ci si approccia ad eseguire un intervento in campo bisognerebbe avere ben chiaro qual è la soglia di intervento. Ciò significa capire quando è il momento di apportare modifiche al sistema colturale perché, in caso contrario, il danno sarebbe inaccettabile.
Anche per il controllo delle erbe spontanee è importante comprendere quando il mancato intervento comprometterebbe in maniera sostanziale la produzione e quando, invece, è meglio impiegare il proprio tempo in altro modo. In linea generale, non è corretto puntare a un rendimento colturale del 100% e intervenire ogni qual volta che ci si discosta leggermente da questo obiettivo. Semplicemente perché – come ci insegnano molte discipline, dalla fisica fino all’economia – ciò non è realizzabile. Il trattamento deve essere eseguito solo se si prevede che il suo costo sarà inferiore al danno economico provocato dall'avversità. La verità è che, molto spesso, le colture principali potrebbero convivere con la moderata presenza di piante spontanee. Semplicemente a volte non lo si fa accadere per un retaggio culturale.
Verso il Farm to Fork
La strategia europea Farm to fork si pone degli obiettivi molto ambiziosi. Tra gli altri, c'è la diminuzione del 50% dell’impiego di agrofarmaci di sintesi entro il 2030. La definizione di questo e degli altri obiettivi ha suscitato critiche da molti esponenti del settore agricolo. Ad esempio, sei grandi cooperative ortofrutticole europee hanno definito questa strategia troppo stringente e anche l’Ecpa (Europe's crop protection industry, l'associazione europea delle industrie per la protezione delle colture) ha storto il naso.
Tuttavia, l’Europa sembra decisa a proseguire in questa direzione. Quindi gli agricoltori dovranno adeguarsi, prediligendo – tra le altre cose – soluzioni alternative al diserbo chimico. Di conseguenza, le ditte fornitrici di mezzi tecnici dovranno puntare sempre di più su tecnologie innovative e sostenibili.
Il controllo delle malerbe
Controllare le malerbe senza utilizzare i diserbanti di sintesi è possibile. Una soluzione efficace è la sarchiatura: lavorazione utile, specialmente nei terreni argillosi, per rimuovere le piante spontanee che potrebbero ridurre le rese agronomiche, oltre che per arieggiare i primi centimentri di suolo. In questo modo, il rischio di asfissia radicale viene notevolmente ridotto (anche nel caso della presenza di crosta superficiale) e la permeabilità idrica del terreno aumenta. Prima manuale, poi meccanica, oggi la sarchiatura è diventata automatica.
Optyma, l'alternativa ai diserbanti chimici
Per venire incontro alle nuove esigenze degli agricoltori, Oliver Agro propone la sarchiatrice automatica Optyma. Si tratta di una macchina di ultima generazione, che garantisce la massima precisione nella sarchiatura tra le file e tra le piante. Grazie a un sistema brevettato a mezzo di sensori a fibre ottiche, riconosce le piante coltivate ed evita di danneggiarle durante la lavorazione.
Optyma è stata studiata per lavorare quando la pianta è ben sedimentata a terra:
- a 7 giorni dal trapianto;
- 10 giorni dopo la semina;
- all’occorrenza, prima della proliferazione delle infestanti.
É indicata per insalata, radicchio, broccoli, cavolfiori, cipolle trapiantate su baule o piano.
La sarchiatrice Optyma è formata da un doppio telaio, di cui uno fisso (per stabilizzare la macchina) e l’altro traslabile (guidato da un operatore o da una telecamera automatica). Ogni elemento lavora a lato della pianta ed è caratterizzato da:
- 2 zappe scalzatrici laterali anteriori;
- 2 fotocellule contrapposte;
- 2 coltellini posteriori per la pulizia interpianta.
Come funziona
Nell'utilizzo di Optyma, la prima fase di lavoro è la preparazione del terreno, sia come rompicrosta, sia per le fotocellule. Per ottimizzare l'intervento, vengono applicate anteriormente alla fila una coppia di zappe scalzatrici laterali che hanno il compito di scalzare o portare all’esterno della fila eventuali corpi estranei, agendo da rompicrosta e livellandone il terreno.
Quando la lettura delle fotocellule viene interrotta dal passaggio della pianta, viene inviato un impulso immediato tramite un sensore fotoelettrico in fibra ottica di ultima generazione (da cui nasce il brevetto) alla centralina che comanda l’apertura sincronizzata dei coltellini, alimentata ad aria compressa tramite un’elettrovalvola.
La rimozione delle spontanee
Grazie a sistemi ottici in grado di individuare la pianta coltivata, i coltellini contrapposti si ritraggono lavorando tra le piante. Al contrario, appena si avvicinano a essa, si aprono di 90° allontanandosi, completando la sarchiatura nell’interfila. La profondità di lavoro sta appena al di sotto della crosta del terreno. L’apertura è data dall’interruzione del raggio delle fotocellule, le quali sono posizionabili per determinare il punto di apertura più o meno vicino alla pianta. Sono inoltre posizionabili in altezza per escludere l’interruzione del raggio d’azione da eventuali infestanti.
La dimensione dei coltellini di apertura varia dal sistema di guida adottato e generalmente sono di 6 cm di lunghezza cadauno, uno spessore di 3 mm affilati e larghezza di 2 cm. Sono di poco inclinati per agevolare lo scivolamento e ridurre l’attrito nel terreno, ma sempre paralleli. Così il taglio della crosta diviene un’operazione chirurgica e non ci sono spostamenti di zolle sulle piante. Al passare della pianta, i coltelli si aprono in senso orario all’indietro, seguendo l’avanzamento e facendo un raggio di 90°. Il movimento in questo caso sottrae e non aggiunge, per cui il sistema non verserà o getterà terreno sulle piante.
Optyma offre la possibilità di accedere al credito di imposta con Agricoltura 4.0.