Coldiretti e Italgas hanno siglato un accordo per la promozione della produzione di biometano nelle imprese agricole. L'impresa di distribuzione si impegna ad assistere i produttori nelle autorizzazioni e nella realizzazione degli impianti, fare sconti sulle spese di
allaccio e verificare la qualità del prodotto immesso in rete.
L'obiettivo di Coldiretti è quadruplicare la produzione di biometano al 2026, arrivando a 2 miliardi di metri cubi all'anno, utilizzando per intero lo stanziamento di 1,7 miliardi del Pnrr. L'accordo è stato firmato alla Camera, alla presenza della viceministra all'Ambiente e sicurezza energetica Vannia Gava e del presidente della Commissione Agricoltura, Mirco Carloni.
I vantaggi per le aziende agricole
Il biogas (in pratica, metano più anidride carbonica) si ottiene dal letame, dagli sfalci e dagli scarti delle lavorazioni agricole. Depurato dalla CO2, diventa biometano, che può essere immesso in rete insieme al metano fossile. In Italia ci sono oltre duemila impianti che producono biogas, e solo 50 che producono biometano. La produzione di quest'ultimo è sui 500 milioni di metri cubi all'anno.
I vantaggi per le imprese agricole sono numerosi: i rifiuti diventano fonte di guadagno invece che costi per lo smaltimento (oltre al metano, anche la CO2 può essere venduta) e si riducono le emissioni di gas serra delle attività. Lo scarto della produzione del biogas, il digestato, può essere utilizzato come fertilizzante.
«Quello che si firma oggi è un protocollo importante con cui il mondo agricolo si rende protagonista della decarbonizzazione e del processo di perseguimento dell'autonomia energetica del nostro Paese», ha commentato la viceministra Gava.
Per il presidente di Coldiretti Ettore Prandini «dobbiamo creare formazione e informazione fra le imprese agricole sul biometano e snellire la burocrazia. Chiediamo al governo di accelerare le autorizzazioni per gli impianti».
L'ad di Italgas, Paolo Gallo, ha giudicato però «malripartiti in Italia i costi di connessione. Da noi per l'80% sono a carico del produttore e per il 20% del produttore, mentre in Europa le percentuali sono invertite».