La quantità prodotta di arance e clementine è diminuita, il prezzo alla fonte è aumentato, ma nei discount e nei supermercati della Grande distribuzione organizzata italiana gli agrumi si vendono sottocosto.
«Stiamo assistendo a un paradosso che sta facendo infuriare, giustamente, tanti produttori» denuncia Fernando De Florio, responsabile Gie Ortofrutta (Gruppi di interesse economico) per Cia Agricoltori Italiani di Puglia.
«Le clementine, vendute all’ingrosso con prezzi che vanno da 80 centesimi a un euro, le ritroviamo nei discount e supermercati allo stesso prezzo e, talvolta, a un prezzo addirittura inferiore. È un’operazione che distorce il mercato, destabilizza i produttori e, di fatto, può rappresentare una forma di pressione affinché le aziende agricole accettino prezzi artificiosamente bassi e sottocosto, facendosi un autogol e riducendo ulteriormente la redditività», aggiunge Francesco Passeri, componente della giunta di Cia Due Mari (Taranto-Brindisi). «I prezzi praticati in discount e supermercati sono pubblici, sui loro siti internet ci sono le locandine che certificano quanto stiamo denunciando».
Una situazione assai anomala
È in effetti una situazione assai anomala quella denunciata dalla Cia. In Puglia, nelle zone a vocazione agrumicola come il Gargano e il Tarantino, il calo produttivo causato dagli sbalzi climatici e dagli eventi meteorologici estremi va dal 30% a punte del 70%. Quantità al ribasso sono state registrate anche in Calabria, Sicilia e in Paesi come Spagna e Marocco. Tutti gli indicatori, dunque, dovrebbero portare a un aumento dei prezzi anche nelle reti della Grande distribuzione. «Stiamo analizzando la situazione e, giornalmente, raccogliamo il malcontento e le denunce dei nostri produttori associati – afferma Passeri –. Non possiamo e non dobbiamo svendere i nostri agrumi per ingrassare le multinazionali che gestiscono supermercati e discount, sarebbe una mossa suicida. Chi pretende che si venda al ribasso va messo alla porta».
Uniformare gli standard produttivi europei
«È necessario che sulle storture create dalla Gdo nel bilanciamento dei prezzi si avvii una discussione seria, a livello sia nazionale sia europeo – esorta De Florio –. Le nostre aziende agrumicole sono fra le più controllate del mondo. Devono attenersi a disciplinari molto rigidi che tutelano qualità e salubrità dei prodotti. Si tratta di regole che, in Paesi come Spagna e Marocco, sono molto più blande. Come per altri comparti, anche in quello agrumicolo sta assumendo contorni grotteschi e drammatici la differenza tra chi si attiene a regole serie e inflessibili e quanti, in altri Paesi, aumentano la loro competitività sui mercati grazie a normative meno stringenti sia sul costo del lavoro sia sui trattamenti cui sottopongono i prodotti. È necessario che il Governo italiano non lasci nulla di intentato, in Europa, per uniformare gli standard, facendo in modo che almeno gli Stati dell’Ue adottino regole comuni per non fare concorrenza sleale, secondo quanto previsto dal disegno di legge n. 1583/2019 del Senato “Disposizioni in materia di trasparenza delle pratiche commerciali della filiera agrumicola e di elaborazione dei costi medi di produzione dei prodotti ortofrutticoli”».
Conservare il valore aggiunto del comparto agrumicolo
«In tutta la Puglia, così come nel resto d’Italia – informa De Florio – Cia Agricoltori Italiani sta lavorando per favorire le Organizzazioni di produttori, le cooperative e una filiera che faccia anche trasformazione per conservare il valore aggiunto del comparto agrumicolo. Assieme alle istituzioni di ogni livello è necessario avviare una grande campagna informativa e di promozione dei nostri agrumi, perché, se le aziende agrumicole chiudono, il danno lo pagheremo sia come sistema-Paese sia come consumatori».
Dalla sovrapproduzione del 2018 alla scarsità di prodotto del 2019
Ogni anno l’agrumicoltura pugliese, e quella tarantina in particolare, accusa un problema serio, commenta Vito Rubino, direttore provinciale di Cia Due Mari (Taranto-Brindisi). «Nel 2018 si è verificato un eccesso di offerta rispetto alla domanda. A causa della sovrapproduzione i prezzi sono crollati e i produttori non hanno avuto convenienza a raccogliere le arance, molte delle quali sono rimaste, invendute, sugli alberi o sul terreno.
Quest’anno invece ci troviamo nella situazione opposta: il prodotto è poco, l’offerta è scarsa, i prezzi alla produzione, sebbene lievitati rispetto al 2018, sono comunque bassi e poco redditizi. Ma i prezzi al consumo di arance e clementine sono più bassi dei prezzi ai produttori locali, sono sottocosto, perché la Gdo punta a comprimere e tenere perennemente bassi i prezzi ai produttori. Mette così in atto una grossa speculazione a danno della produzione locale, che viene sempre più affossata».