Uno degli argomenti che in questi giorni sta tenendo banco (si veda in fondo l'elenco degli articoli di Terra e Vita) è la nuova proposta di convenzione Agea–Caa, che di fatto tende ad escludere i professionisti dalle attività delegate ai Caa (centri di assistenza agricola).
La proposta giunge tra l’altro in piena fase emergenziale del nostro paese, con notevoli criticità economiche e lavorative che hanno colpito anche i professionisti.
Una scelta difficile da comprendere
Se l’obiettivo della “riforma” delle convenzioni Agea-Caa, che mira a una maggiore efficienza, trasparenza, nonché un maggior controllo sul personale coinvolto nello svolgimento delle funzioni amministrative pubbliche delegate, con anche l’intento di contrastare le truffe, è assolutamente condivisibile, si fa fatica a capire il nesso con la scelta di escludere i liberi professionisti da tali attività.
Anzi, è facile immaginare che questa scelta possa produrre esattamente l’effetto contrario, ovvero scatenare la fantasia italica per aggirare il problema: dipendenti del Caa per poche giornate all’anno, operatori non tracciati che operano sul sistema, soluzioni borderline.
È come se, per combattere il caporalato, si fosse deciso di non far coltivare il pomodoro in Italia.
Modello organizzativo non sostenibile
Andiamo con ordine.
L’attività dei Caa non ha un carico di lavoro costante durante l’anno, ma presenta dei picchi in alcune settimane come ad esempio nel periodo antecedente la presentazione della domanda unica, o nel rilascio dei Pai. Avere operatori che siano esclusivamente delegati all’attività del Caa ed esclusivamente dipendenti – è facile intuire – non è un modello organizzativo sostenibile per coprire i costi; gli operatori Caa ufficiali sono in numero minore al reale fabbisogno, o nei periodi di maggior carico è facile immaginare che siano supportate da persone non formalmente censite come operatori Caa.
Funzioni di sussidiarietà
Oggi la pubblica amministrazione è sempre più attenta ad assegnare funzioni di sussidiarietà ai libero professionisti (ambito fiscale, ricostruzione sisma 2016, bonus vari, ecc..) compresa quella legata al mondo agricolo, e la stessa Agea utilizza la figura del libero professionista come ad esempio nelle attività di controllo e verifica.
Se vale il principio che si vuole adottare per i Caa, perché Agea, Agecontrol, ecc. utilizzano collaboratori che lavorano con un rapporto consulenziale? Da settembre saranno tutti assunti dalle Amministrazioni per le quali lavorano?
Agea, prima di stravolgere le convenzioni con i Caa, ha approfondito cosa significa oggi essere un libero professionista iscritto a un Ordine o Collegio?
Il valore del professionista
Forse vale la pena ricordarlo.
Per poter iscriversi ad un Ordine o Collegio è preventivamente necessario aver superato l’Esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio delle competenze professionali. Ciò significa nel caso dei Dottori Agronomi aver conseguito una laurea in scienze agrarie o forestali.
In seguito alla riforma delle professioni, adottata con il D.P.R. 7 agosto 2012 n. 137, sono stati introdotti degli ulteriori elementi volti sempre a tutela del committente e della qualità della prestazione professionale.
La formazione permanente
Un iscritto per poter esercitare le competenze professionali ha l’obbligo della formazione permanente: il mancato rispetto significa incorrere in un provvedimento disciplinare fino alla sospensione dell’attività. Inoltre l’iscritto che esercita l’attività professionale (da libero professionista o da dipendente) deve avere un’assicurazione professionale obbligatoria, oltre che l’obbligo di rispettare il codice deontologico.
La riforma delle professioni ha poi introdotto il Consiglio di Disciplina Territoriale, nominato dalla Corte di Appello ed indipendente dal Consiglio dell’Ordine o del Collegio, che ha la funzione di valutare ed eventualmente sanzionare comportamenti scorretti da parte degli iscritti.
Ed è proprio dalle regole che un iscritto a un Ordine o Albo è tenuto a rispettare, che scaturisce un elemento di garanzia per una qualità media più elevata.
I 'limiti' di Agea
Va sottolineato come ad oggi ci sia stata una carenza – proprio da parte di Agea – nel rispetto di tali regole, dato che nei casi in cui sono emerse truffe che hanno coinvolto operatori iscritti a un Ordine/Collegio, Agea non ha mai comunicato l’accaduto all’albo di riferimento, non consentendo ai rispettivi Consigli di disciplina territoriale di intervenire e valutare il provvedimento disciplinare al quale sottoporre l’iscritto. Perché il sistema funzioni è necessario che ci sia una vera collaborazione tra i diversi livelli istituzionali.
La vera riforma è un'altra
Se c’è una riforma da fare, è senza dubbio un’altra: prevedere che tutti gli operatori Caa siano iscritti all’Ordine o Collegio di riferimento, indipendentemente che si tratti di un dipendente o libero professionista; solo in questo modo si può conciliare professionalità e trasparenza.
È superfluo ricordare che Ordini e Collegi sono enti pubblici non economici, un’articolazione dello Stato vigilati dal Ministero della Giustizia, ai quali sono delegate per legge alcune funzioni.
Agea, che è un soggetto pubblico, censura le peculiarità di un altro ente pubblico. Assurdo!
Ripensare il modello
Oggi sembrerebbe che il parere espresso dall’antitrust conforti Agea sulla linea intrapresa, però sorge un dubbio: all’antitrust è stata rappresentata la situazione odierna ovvero che oggi esistono liberi professionisti che lavorano regolarmente per i Caa, o che ci sono Caa dei liberi professionisti?
È facile immaginare che lo scopo indiretto, ma mai dichiarato, della revisione della convenzione è portare alla riduzione dei Caa esistenti, ma non si capisce perché ci si approccia al tema partendo dal modello organizzativo del lavoro.
Credo che Agea debba riconsiderare la questione, senza posizioni pregiudiziali e trovare una soluzione che salvaguardi il lavoro.
Oggi in autonomia si può compilare la dichiarazione dei redditi sul sito dell’Agenzia dell’ Entrate, fare una pratica sul sito INPS, ISMEA ecc. ma compilare una domanda unica sul sito Agea no.
In un paese moderno e trasparente, il titolare di una azienda agricola dovrebbe avere la possibilità d’ inoltrare la domanda unica in piena autonomia, o delegare se vuole un professionista, ma di fatto ciò non é reso possibile. Non vedo per quale motivo, se non per interessi economici dei CAA, il titolare di una azienda agricola deve rivolgersi obbligatoriamente ed esclusivamente a loro.