Lavoro pagato poco, con percentuali più alte di irregolarità e forme di sfruttamento rispetto ad altri settori economici. Tutto condensato nella piaga del caporalato, sanguinante soprattutto in alcune regioni del Sud: Puglia, Sicilia, Campania, Calabria e Lazio. Ma non mancano sacche di illegalità al Nord, anche in aree d’eccellenza e con marginalità elevate come le colline trevigiane, le Langhe e la Franciacorta. A scattare la fotografia del lavoro in agricoltura è il sesto rapporto agromafie e caporalato dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai-Cgil. Una situazione confermata dai dati Istat che negli ultimi dieci anni registrano una crescita costante del lavoro irregolare in agricoltura, attestato circa al 23%, quasi il doppio rispetto alla media degli altri settori economici nazionali, fermi al 12,8%. Un vero e proprio “italian job” tanto che l’Italia è l’unico Paese tra i 27 dell’Unione europea ad avere una legge contro il caporalato (la n. 199 del 2016). Ma dal primo gennaio 2023 con l’entrata in vigore della nuova programmazione comunitaria, c’è uno strumento in più a tutela della manodopera: gli imprenditori agricoli devono rispettare anche la condizionalità sociale per non vedersi tagliati i pagamenti diretti.
Infatti, il legislatore comunitario, al fine di contribuire allo sviluppo di un’agricoltura socialmente sostenibile, ha stabilito un nuovo sistema volto a garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori, delle norme occupazionali e sociali (art. 14, Reg. Ue 2021/2115).
La condizionalità sociale vincola la concessione dei pagamenti della Pac al rispetto di norme relative alle condizioni di lavoro e di impiego dei lavoratori agricoli, inclusa la salute e la sicurezza sul lavoro. In altre parole, le violazioni in materia di occupazione e legislazione sociale costituiscono una condizionalità per gli agricoltori beneficiari dei pagamenti diretti. In caso di violazioni, gli imprenditori agricoli perderanno del tutto o in parte le somme previste.
l perché di una scelta
Nel nuovo percorso intrapreso dall’Europa, la strategia Farm to Fork mira a rendere più sostenibile l’intera filiera agroalimentare secondo i parametri ambientali, sociali ed etici.
La sostenibilità sociale è molto sentita nella filiera agroalimentare; il lavoro realizzato nei vari passaggi, dalla produzione agricola al consumatore finale, deve conformarsi a regole etiche e di tutela degli operatori coinvolti, per evitare l’intermediazione illecita (caporalato) e lo sfruttamento economico e sociale sui campi.
L’Effat (European Federation of Food, Agriculture and Tourism Unions) ha sempre evidenziato che, anche in Europa, esiste una situazione diffusa di sfruttamento dei lavoratori stagionali impiegati nel settore agricolo: circa 4 milioni di lavoratori operano senza documenti e in condizioni di lavoro deplorevoli, privi dei minimi requisiti igienico-sanitari, di condizioni di vita dignitose e di dispositivi di sicurezza per la salute.
In questa situazione, drammatica per molti lavoratori della terra, la Pac continua a erogare sovvenzioni a imprenditori che non rispettano le condizioni poste nei contratti di lavoro e le normative sulla sicurezza igienico-sanitaria.
Nella programmazione 2023-2027, la Pac ha mantenuto un ruolo importante, sia politico che finanziario, anche grazie al sostegno dei sindacati dei lavoratori. Questi ultimi hanno apprezzato che, per la prima volta, sia stata riconosciuta la “condizionalità sociale” nella Pac, con l’obiettivo della tutela dei diritti dei lavoratori mediante sanzioni che colpiscono i beneficiari dei pagamenti diretti non rispettosi dei contratti collettivi, della legislazione sociale e del diritto del lavoro. Del resto le cifre dell’illegalità nelle campagne italiane non sono da sottovalutare.
Numeri allarmanti
Secondo l’ultimo rapporto agromafie e caporalato dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil nel 2021 sono stati circa 230mila gli occupati impiegati irregolarmente nel settore primario (55mila donne), oltre un quarto del totale, in larga parte concentrata nel lavoro dipendente, che include una fetta consistente di stranieri non residenti. Secondo il report quasi due quinti delle ore lavorate annualmente dai dipendenti agricoli sono irregolari, pari a oltre 300 milioni di ore sul totale di 820 milioni. Altro dato significativo che emerge dal rapporto è quello dei procedimenti e delle inchieste avviate per motivi di sfruttamento lavorativo. Nel quinquennio 2017-2021 su un totale di 438 casi, ben 212 (oltre il 48%) hanno riguardato il settore primario. L’indagine evidenzia anche che nel comparto agricolo si riscontra la tendenza a generare “lavoro povero” dove prevalgono individui che pur avendo lavorato mostrano redditi personali e familiari decisamente al di sotto dei valori medi. In particolare, in Italia circa 8,6 milioni di persone hanno un reddito disponibile familiare equivalente annuo inferiore alla metà di qello mediano misurato su tutti i residenti, cioè inferiore a 8.300 euro. Escludendo i lavoratori stranieri non residenti, poco meno di un terzo dell’occupazione agricola (pari a oltre 300mila unità) ricade in questa area a bassissimo reddito, con un’incidenza che è il triplo di quella media, senza contare un ulteriore 3,7% di occupati agricoli che vive in famiglie delle quali il fisco non possiede alcun segnale di redditi emersi.
Altro aspetto su cui la condizionalità sociale intende intervenire sono le condizioni di lavoro in termini di sicurezza e salute. Ogni anno nei Paesi Ue si verificano nei campi 500 incidenti mortali, in Italia se ne contano dai 100 ai 150, su un totale di circa 30mila infortuni. Anche se gli ultimi dati diffusi dall’Inail sono positivi: tra gennaio e ottobre 2022 le denunce di infortuni sono diminuite del 3,2% rispetto allo stesso periodo del 2021. In calo anche i morti, da 112 a 105.
L’Italia va veloce
La condizionalità sociale dovrà essere applicata in tutti gli Stati membri al più tardi dal 2025. Tuttavia, l’Italia ha deciso di darne attuazione già dal 2023, primo anno di applicazione della nuova Pac, sulla base di quanto indicato nel Piano strategico nazionale della Pac.
Con il Decreto Interministeriale dell’11 novembre 2022, il Masaf di concerto con i ministeri dell’Interno, del Lavoro e delle politiche sociali e della Salute, ha definito le norme relative all’applicazione in ambito nazionale, a partire dal 1° gennaio 2023, della condizionalità sociale.
Il decreto istituisce un sistema di flussi di dati relativi alle decisioni esecutive adottate dalle autorità competenti, relativi alla legislazione sociale e in materia di occupazione, a seguito dei controlli di competenza svolti nei confronti degli agricoltori e degli altri beneficiari che ricevono pagamenti diretti.
Tale decreto individua anche le autorità competenti responsabili dell’applicazione della legislazione sociale e in materia di occupazione:
a) Ispettorato nazionale del lavoro, con competenze di controllo e sanzionatorie inerenti alle direttive 2019/1152/Ue, 89/391/CE e 2009/104/CE;
b) Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, con competenze di controllo e sanzionatorie inerenti alla direttiva 89/391/CE;
c) Ministero della Salute e Regioni (Aziende sanitarie locali), con competenze di controllo e sanzionatorie inerenti alle direttive 89/391/CE e 2009/104/CE.
Il ruolo di Agea e le sanzioni
Le suddette autorità forniscono ad Agea coordinamento, titolare delle convenzioni con le medesime autorità, le loro informazioni disponibili riguardanti le violazioni rilevate nel corso degli accertamenti da esse svolti sulle imprese agricole, nell’ambito delle ordinarie attività di verifica e controllo per quanto di rispettiva competenza istituzionale.
Agea metterà poi a disposizione agli Organismi pagatori, le informazioni ricevute, utili all’attuazione della condizionalità sociale, al fine di attuare il meccanismo sanzionatorio di riduzione degli aiuti Pac nei riguardi dei beneficiari, a carico dei quali siano state accertate delle violazioni.
Tale sistema porterà a forme di riduzione dell’importo dell’aiuto del sostegno da riconoscere alle aziende agricole. Relativamente alle violazioni, il decreto prevede alcuni importanti criteri quali l’intenzionalità dell’inosservanza contestata; la violazione manifesta (tenuto conto del grado di chiarezza e precisione delle norme violate); la inescusabilità dell’errore di diritto e della gravità dell’inosservanza; la definitività dell’inosservanza constatata; l’adempimento (nei tempi dati dalle autorità dopo la contestazione) alla norma violata attuativa della condizionalità sociale o la sentenza passata in giudicato che definisca l’eventuale giudizio.
Per il funzionamento dei flussi e l’applicazione delle sanzioni (che scatteranno solo quando le violazioni saranno accertate in via definitiva), saranno stipulate convenzioni, a livello nazionale, tra Agea e le autorità competenti (Ispettorato Lavoro, Vigili del Fuoco, Sanità).
Mentre scriviamo non si conoscono ancora le sanzioni amministrative che saranno esplicitate tramite un provvedimento ministeriale che dovrebbe arrivare entro la metà di febbraio. Si parla di tagli ai contributi diretti che potranno andare dal 15 al 100% del totale, a seconda della gravità della violazione.
In Puglia si fa largo la raccolta meccanizzata del pomodoro
Attualmente nel Foggiano l’agricoltore che si rivolge al contoterzista per la raccolta meccanica del pomodoro da industria paga circa 600 € per caricare un autotreno con 88 cassoni, da circa tre quintali ciascuno: in pratica un cassone gli costa 6,50-7 €. Invece all’agricoltore che opta per la raccolta manuale e per reperire la manodopera necessaria a svolgere il lavoro si rivolge a un uomo di fiducia, quasi sempre straniero e definibile “caporale”, un cassone di pari peso costa qualcosa meno di quella cifra o al più la stessa, di certo non di più. Mentre il primo agricoltore paga direttamente il contoterzista, il secondo paga il caporale, il quale, approfittando anche del fatto che i braccianti spesso sono novizi e non parlano la lingua italiana, trattiene per sé, per ogni cassone raccolto dal bracciante, due e più euro, come costo di reclutamento e trasporto in azienda, lasciandogli una somma variabile dai 3 ai 5 euro a cassone. Così il salario giornaliero del bracciante è a cottimo, proporzionale al numero dei cassoni riempiti: per guadagnare di più deve riempire più cassoni, e più ne riempie più il caporale ci guadagna.
Così Aurelio Mastromauro, contoterzista di San Paolo Civitate (Fg), spiega le differenze, nell’organizzazione della raccolta del pomodoro da industria, fra quella meccanica e la manuale. «Premetto che la raccolta meccanica sta diventando preponderante e quella manuale si riduce sempre di più, anche per la difficoltà di trovare manodopera disponibile. Le aziende agricole che effettuano la raccolta meccanica sono in genere più strutturate e organizzate, rivolgendosi al contoterzista si esonerano dal peso di reperire manodopera. Ma a volte anche per queste la raccolta manuale diventa obbligatoria: nei terreni pietrosi, come in agro di Apricena, oppure quando piove quasi di continuo e la macchina non può entrare nei campi ma il pomodoro bisogna raccoglierlo per evitare che marcisca».
Le aziende che invece preferiscono la raccolta manuale sono quelle che in genere lavorano puntando più sulla quantità che sulla qualità. «Spesso in queste aziende i braccianti svellono le piante e, per guadagnare tempo, le sgrappolano velocemente nei cassoni, dove va a finire di tutto, pomodori buoni e meno buoni. Tali aziende compensano la perdita in qualità risparmiando sul costo della manodopera». Invece il pomodoro da industria raccolto meccanicamente viene, sia pur rapidamente, selezionato sulla macchina, perciò è pronto per una trasformazione industriale di più alta qualità.
Esiste infine un terzo tipo di aziende, come Prima Bio di Rignano Garganico (Fg), che ha aderito al Progetto No Cap – Rete per la Terra (prima filiera etica italiana), un progetto nato con l’intento di offrire ai braccianti africani un lavoro dignitoso ed etico in agricoltura rispettando e ponendo al centro il fattore umano.
I punti salienti della riforma
• Ue: attuazione volontaria nel 2023, obbligatoria nel 2025.
• Italia: attuazione obbligatoria nel 2023.
• Rispetto delle norme fondamentali relative alle condizioni di lavoro e di occupazione dei lavoratori agricoli e alla sicurezza e salute sul lavoro da parte dei beneficiari dei pagamenti diretti.
• Applicazione di sanzioni proporzionate, efficaci e dissuasive per gli agricoltori che non rispettano i requisiti.
• Clausola di valutazione del sistema tramite uno studio da realizzare dopo due anni dall’inizio dell’applicazione della condizionalità sociale.
• Le violazioni in materia di occupazione e legislazione sociale costituiscono una condizionalità per gli agricoltori beneficiari dei pagamenti diretti.
• Base normativa:
- Art. 14, Reg. Ue 2021/2115
- Piano Strategico Pac
- Decreto Interministeriale dell’11 novembre 2022 “Disciplina del regime di condizionalità sociale ai sensi dei Regolamenti (Ue) 2021/2115 e 2021/2116”.
La Legge di bilancio resuscita i voucher
La Legge di bilancio 2023 ripristina i voucher in agricoltura, ora definiti “buoni lavoro”. Si potranno utilizzare nelle lavorazioni agricole e con modalità semplificate e saranno fruibili per un periodo non superiore a 45 giorni nel corso dell’anno solare; per ogni giornata lavorativa dovranno essere corrisposti al lavoratore almeno 3 buoni lavoro; nel settore agricolo si applicano per il valore del buono (pari a 10 euro d’ordinario) le disposizioni del Decreto Legge 24 aprile 2017, n. 50, la somma minima del voucher sarà quindi pari all’importo della retribuzione oraria delle prestazioni di natura subordinata individuata dal contratto collettivo di lavoro stipulato dalle associazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale.
Potranno lavorare con i voucher i pensionati titolari di trattamento pensionistico in regime obbligatorio, gli studenti (solo durante le vacanze scolastiche) con meno di 25 anni, regolarmente iscritti a un ciclo di studi universitari o istituto scolastico di ogni ordine e grado e con almeno 16 anni e, se minorenni, con autorizzazione del genitore o di chi esercita la potestà, i percettori di prestazioni integrative del salario o sostegno al reddito e i percettori di reddito di cittadinanza, i lavoratori part time inoccupati e i titolari di indennità di disoccupazione come ad esempio beneficiari di Naspi o Dis Coll; i lavoratori stranieri regolari in Italia, se in possesso di un permesso di soggiorno che consenta di lavorare, compreso quello per studio.
Bilongo: «Una conquista essenziale ma non basta»
«Bene la condizionalità sociale, dopo oltre dieci anni di battaglie è una conquista essenziale ma va assolutamente implementata per tutelare i diritti di chi lavora in agricoltura».
Così il presidente dell’Osservatorio Placido Rizzotto sulle agromafie Jean René Bilongo saluta l’entrata in vigore della condizionalità sociale. Ma, avverte, per estirpare il lavoro irregolare che infesta le campagne italiane serve anche altro.
Cosa manca ancora?
«Innanzitutto le sanzioni. Il governo le sta studiando, aspettiamo di leggerle. E poi bisogna cambiare la legge sull’immigrazione».
Perché uno straniero senza documenti è facilmente ricattabile.
«Certo. Oggi la sua vita è determinata dal volere, dall’umore del datore di lavoro. E dato che proprio lui deve perfezionare le domande per i permessi di soggiorno, si capisce bene a quali abusi va incontro».
Ma non è possibile calcolare il fabbisogno di manodopera in base agli ettari di una coltura che prevede un lavoro manuale per la raccolta, la potatura o altro?
«Sì, con gli indici di congruità, che oggi non ci sono. Dovevano essere predisposti dalle Università, ma nessuno ha mai dato mandato agli atenei di farli. Noi li chiediamo dal 2012».
Però l’Italia è l’unico Paese europeo ad avere una legge contro il caporalato.
«Vero, anche se va ricordato che questo fenomeno è quasi esclusivamente italiano. È uno strumento importante, soprattutto per le misure repressive ma tutta la parte della prevenzione non viene applicata».
Cioè?
«La legge stabilisce che la rete del lavoro agricolo di qualità sia gestita dalle sedi territoriali dell’Inps, ma solo pochissime lo fanno. Così in molte province è il Prefetto che deve occuparsene e la questione viene affrontata più dal punto di vista dell’ordine pubblico che sociale ed economico».
Cosa prevede questa rete?
«Intanto che le aziende agricole si iscrivano, dimostrando di non aver mai avuto contenziosi per abusi nei confronti dei lavoratori. Quelle iscritte sono poco più di 7mila su 250mila».