Il decreto Milleproroghe ha esteso per tutto il 2022 gli incentivi agli impianti biogas inferiori ai 300 kW, ossia quelli più diffusi nelle aziende con allevamento. «Come avvenuto negli ultimi anni, in attesa dell’uscita del decreto di incentivazione per le fonti rinnovabili, siamo intervenuti, ancora una volta, a sostegno di questo comparto strategico per la transizione energetica dando l’opportunità di accedere agli incentivi anche a quelle aziende, circa cinquanta, rimaste escluse dal bando 2021».
Queste le parole dell’esponente M5S in Commissione agricoltura alla Camera Gianpaolo Cassese che, in precedenza, aveva proposto come primo firmatario due emendamenti che hanno chiarito quali siano i sottoprodotti utilizzabili nell’alimentazione degli impianti a biometano per produrre biocarburante avanzato e semplificato, le procedure per la sua immissione in rete; nonché permesso ai piccoli impianti sotto i 300 kW di utilizzare anche materie e reflui derivanti da altre aziende limitrofe.
Secondo lei quale sarebbe la migliore strategia da mettere in campo per affrontare l’attuale scenario di crisi caratterizzato dall’aumento vertiginoso dei costi dei carburanti e necessità energetiche?
Dobbiamo spingere l’acceleratore sulle rinnovabili, ad iniziare da biogas e biometano che sono esempi concreti di applicazione di economia circolare e hanno uno straordinario potenziale sia sul piano energetico che su quello della fertilità dei suoli. Un potenziale sinora rimasto in parte inespresso a causa di numerosi ostacoli burocratici e resistenze che oggi ci costringono a passi indietro ricorrendo, seppur in fase emergenziale, a centrali a carbone o ad aumentare l’estrazione di metano dai giacimenti nazionali.
In questa situazione di emergenza sarebbe utile accelerare la tempistica sulla parte attuativa del Recovery Plan?
Certamente. Grazie ai fondi del Pnrr, il biometano agricolo potrà produrre oltre 4 miliardi di metri cubi al 2026, pari a circa il 30% dell’obiettivo del Governo in sostituzione delle forniture russe. Ciò generando investimenti per cinque miliardi di euro ed entrate fiscali per un miliardo, creando 16mila nuovi posti di lavoro stabili e quasi 80mila occupati indiretti.
E le aziende agricole potrebbero diventare un importante fulcro di produzione diversificata di energia rinnovabile?
Sì. Il settore ha fatto passi da gigante con 1600 impianti, oltre settemila GWh di energia elettrica prodotta, tre miliardi di euro di investimenti. Se riusciamo a liberarci dagli intralci burocratici, gli impianti agricoli esistenti potrebbero garantire ulteriori 600 milioni di metri cubi di biogas da destinare al mercato elettrico, pari a circa il 15% dell’attuale produzione.
La rilevanza di Kiev e Mosca come fornitrici di materie prime agricole ed energetiche ha portato molti rappresentanti delle istituzioni politiche comunitarie e italiane a chiedere di sospendere le misure del greening in vigore e rinviare la nuova Pac. Cosa ne pensa in merito?
Nelle strategie comunitarie, ad iniziare dalla prossima Pac, ci siamo concentrati sulla sostenibilità delle produzioni alimentari, ponendo in secondo piano l’aspetto quantitativo, mentre ciò che accade a livello globale ci ricorda come l’Europa sia drammaticamente dipendente dalle importazioni. Dobbiamo essere resilienti senza però perdere la prerogativa della transizione ecologica, un solco su cui dobbiamo poggiare anche le scelte in fase emergenziale.
È in arrivo il Fer II: il decreto per gli incentivi alle rinnovabili predisposto dal Ministero della Transizione ecologica di concerto con il Mipaaf. Cosa si potrebbe migliorare?
Registriamo gravi ritardi nell’emanazione del Fer II e nelle bozze sinora visionate sono diverse le criticità emerse, in particolare sul biogas elettrico. Siamo riusciti a realizzare piccoli impianti ma ora c’è bisogno di cogliere questa crisi energetica per ripensare quello che vogliamo dal Fer II. Bisogna semplificare al massimo il percorso per le taglie da 100 kW, lasciare libera scelta produttiva ai 300 kW e aprire anche agli impianti da 1 MW, che per motivi tecnici o economici non possono produrre biometano.
Infine, come accennato, potremmo consentire agli impianti di biogas esistenti di massimizzare la produzione di energia elettrica anche superando il limite di potenza ammessa, valorizzando tale extra produzione al prezzo di mercato, senza ulteriori incentivi. Su questo ho presentato un emendamento e lavorerò per l’approvazione.
E del nuovo decreto biometano cosa ne pensa?
Sul decreto biometano previsto dal Pnrr esprimo la mia soddisfazione per il lavoro svolto sinora dal Ministero della Transizione ecologica perché rappresenta un decisivo passo in avanti. Vanno però assolutamente coinvolti nel decreto anche gli impianti già autorizzati o che abbiano già avviato delle iniziative d’investimento, perché solo così potremmo raggiungere gli obiettivi prefissati entro il 2026, considerato che Bruxelles tarda incomprensibilmente a dare approvazione e non conosciamo ancora né i contenuti né i tempi delle relative procedure applicative che emanerà il Gestore dei servizi energetici.
Costi dell’energia impatto pesante
L’impatto dei rincari legati all’energia elettrica e del gasolio e al costo delle materie prime su diverse filiere agroalimentari è devastante - puntualizza Cassese -. Si parla di 400 euro in più ad ettaro per il grano duro, del 30% di aumenti per vivai e serre nonché del 12% per vino e olio. Solo chi ha potuto contare su un’azienda agricola ad economia circolare, che produce autonomamente energia, sta attutendo l’urto.