Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, parla dal palco dell’Assemblea dell’Alleanza delle cooperative. Una notizia che da sola basterebbe per fare un articolo. Da parecchi anni il
dialogo tra queste due realtà è infatti piuttosto complicato e oggi da Roma è arrivato finalmente un segnale di distensione.
Distensione, ma con vivacità
Un segnale piuttosto vivace in realtà. I dieci minuti del discorso di Prandini sono stati infatti caratterizzati da molti punti esclamativi e cadenzati da molti pugni sul tavolo. «Quella dei dazi non è un’emergenza che finisce dall’oggi al domani. L’impatto è forte e non solo diretto: il volume dell’italian sounding in Usa salirà secondo le nostre stime dal 19 al 24%. L’esperienza dell’embargo russo mostra che quando un mercato si chiude o è condizionato ci vogliono poi anni per riconquistarlo, anni!».
I dazi sono calcolati
Secondo il presidente anche l’Europa deve essere in grado di reagire velocemente dimostrando di saper creare sistema. «Due mesi fa- sostiene Prandini- è stato il comparto lattiero caseario americano a chiedere a Trump di attivare i dazi: la vicenda Airbus è solo una scusa. Per questo è prevedibile che l’impatto su campioni di export come Parmigiano Reggiano e Grana padano subirà oltre all’inganno dei dazi anche la beffa delle ricadute della strumentalizzazione americana».
Reagire a Bruxelles
Ora siamo davanti ad un’occasione per l’Europa. «Il vecchio continente – continua Prandini- dovrebbe cogliere l'occasione dei dazi Usa per riaprire la questione dell'embargo russo che danneggia fortemente il nostro comparto ortofrutticolo, un mercato che vale più di 1 miliardo di euro per l'export agroalimentare italiano e che noi abbiamo deciso di regalare ad altri in reazione ad un conflitto fantasma come quello ucraino».
Una logistica senza logica
Una riapertura che sarebbe strategica per molti nostri prodotti ortofrutticoli oggi in sofferenza. «La dieta mediterranea fa bene ma è in crisi: il consumo degli ingredienti più salutari come frutta e verdura è in calo e non basta asfaltare qualche strada per risolvere il problema». Secondo Prandini serve infatti una visione d’insieme e la capacità di allestire strategie di lungo periodo che partano dalle infrastrutture. «La Spagna ha vinto la sfida contro l’Italia nel settore dell’ortofrutta proprio investendo e progettando sul tema dei trasporti, costruendo importanti snodi intermodali».
In effetti dieci anni fa il Pil ortofrutticolo spagnolo era inferiore al nostro, adesso è il doppio. «Bisogna saper ascoltare le imprese. Noi ascoltiamo e lavoriamo con importanti realtà cooperativistiche. Ad esempio appoggiamo l’obiettivo di una realtà di punta come Granarolo di allungare la vita del latte. La gente fa la spesa non più di una volta alla settimana, è una battaglia che può invertire la tendenza nella diminuzione delle vendite di latte». Un tema su cui in realtà non c’è piena sintonia con il pensiero di Alleanza delle Cooperative per il timore che l’allungamento della scadenza apra le porte a importazioni di latte fresco dal nord ed est Europa.
«La mia presenza ha un significato»
«La mia presenza qui - ha concluso – ha un preciso significato: più riusciamo a fare massa critica su questi temi come internazionalizzazione, dazi e infrastrutture e meglio è per le aziende italiane». «Vogliamo andare oltre un modello di singolo settore rappresentando la filiera in termini di opportunità».
«Il progetto di rilancio deve venire dal basso»
«Il progetto per il rilancio dell’agroalimentare italiano – ha commentato Maurizio Gardini,
presidente di Confcooperative – deve venire da noi. La presenza di Coldiretti, di Confagricoltura e di tutti quelli che condividono il nostro percorso è oggi importante proprio perché l’agroalimentare non può continuare a sopportare modelli e soluzioni calate dall’alto». Nella sostenibilità ad esempio, che secondo Gardini non può essere considerata semplicemente un prerequisito perché così se ne scaricano i costi solo sul settore agricolo. «Ora questa comunione di intenti non va testimoniata solo a Roma, ma anche a Bruxelles dove si stanno delineando le linee dei prossimi sei anni di Pac».
Un nuovo modo di fare rappresentanza
«La cooperazione – ha testimoniato anche Giorgio Mercuri - ha assunto nel corso degli ultimi anni decisioni importanti, che hanno reso più forte il comparto agroalimentare».
La direzione intrapresa è stata duplice:
- operare una semplificazione del modello di rappresentanza;
- condividere strategie, portare avanti pezzi di lavoro insieme è anche la cifra dell’attività di lobbying che contraddistingue l’operato dell’Alleanza, che di fatto non ha mai smesso di interloquire con le altre organizzazioni di rappresentanza del sistema produttivo agricolo ed agroalimentare del nostro Paese.
L’esperienza avviata con le altre organizzazioni e la costituzione del coordinamento Agrinsieme (con Cia, Confagricoltura e Copagri), nonché la partecipazione ad esempio al tavolo unico vitivinicolo, ci ha permesso di condividere strategie e proposte politiche a difesa e tutela dei produttori italiani.
Ma oggi siamo qui per impegnarci a fare di più, convinti come siamo che il settore agroalimentare debba diventare un asse strategico per contribuire a dare un futuro al nostro paese. Perché in un paese in cui non c’è crescita non può esserci futuro per le imprese. Ecco perché oggi noi vogliamo lanciare un nuovo modo di fare rappresentanza, coinvolgendo anche le altre organizzazioni che compongono la filiera agroalimentare, partendo dell’agricoltura per arrivare all’industria.
Noi vogliamo una rappresentanza che senta come suo compito non solo quello di difendere e tutelare i propri associati, ma che sia in grado di proporre - e di condividere con le altre sigle - precise strategie di sviluppo per il Paese e che offra alla politica proposte, soluzioni e strumenti per far ripartire il nostro paese.
Noi chiediamo a gran voce politiche che migliorino le condizioni di ogni cittadino, che siano capaci di far aumentare la capacità di spesa dei consumatori e che possano nello stesso tempo creare benessere sociale. Non possiamo pensare di riuscire a valorizzare i prodotti alimentari senza che ci siano cittadini che abbiano la possibilità di acquistarli al giusto prezzo. Solo aumentando il potere di acquisto del consumatore e riequilibrando la catena del valore possiamo dare futuro ai nostri agricoltori.