Il barone rampante batte il visconte dimezzato. E il cavaliere? Inesistente. Mai come in questa occasione la crisi di governo è in realtà in Italia il sintomo di una crisi più profonda: una mancanza di idee che annienta il ruolo dei partiti, della politica e, in fin dei conti, della democrazia.
E proprio come aveva fatto Italo Calvino con la triade dei romanzi sugli “antenati”, l’Italia in crisi di identità si affida all’araldica, alle saghe dei draghi e dei cavalieri, sperando di non ritrovarsi poi al Governo l’armatura vuota di qualche Brancaleone da strapazzo.
Le caselle di Draghi
In questi giorni impazza il totoministri, con tutte le ipotesi possibili della squadra di tecnici che andranno a comporre la squadra di Mario Draghi.
Non tutte le caselle: manca quella dell’agricoltura, cosa vuoi che sia. Eppure il Governo Conte bis è caduto sul Recovery Plan (si chiamerebbe Next Generation Eu, ma lasciamo perdere). Bruxelles aspetta con ansia il nostro piano per l’impiego di 209 miliardi di euro. La fetta maggiore dovrebbe andare proprio ai progetti di sostenibilità del settore agroalimentare, eppure a Roma continuano a pensare che il comparto primario possa continuare ad essere saccheggiato e che per il Mipaaf basti trovare qualcuno con le scarpe grosse e il cervello più o meno fino.
Proprio come Bertoldo che nella corte di Re Alboino era stato promosso come giullare. Nell’aristocrazia dei tecnici di alto rango può succedere di tutto, persino di ritrovarsi un politico qualsiasi al ministero delle Politiche agricole. Bertoldi, bertoldini e ciampolilli alla mercè di draghi e cavalieri.
