Quest’anno la produzione di uva da vino sarà in forte riduzione a causa della peronospora. Un incubo in tutta Italia: in alcuni areali sono previsti cali produttivi del 40% (Abruzzo, Molise) e del 25-30% (Marche, Basilicata e Puglia), secondo le stime dell’Osservatorio di Unione italiana vini (Uiv). In alcune aziende, la peronospora ha addirittura azzerato i raccolti. La stagione era partita bene, poi siamo passati repentinamente dalla siccità all’eccesso di pioggia. I viticoltori sono drammaticamente preoccupati per i loro redditi, tanto da chiedere lo stato di calamità naturale. La solita vana richiesta ai politici che non porterà a nulla: basti pensare che nessun risarcimento è ancora arrivato per la siccità del 2022.
Al di là dell’illusione dell’intervento pubblico, molto più utile è porsi alcune domande. Cosa ci insegna questa situazione? Com’è possibile che una malattia nota da 150 anni e ampiamente studiata nelle scuole e nelle Università agrarie, provochi perdite di produzione così gravi? La causa è l’incapacità degli agricoltori o un’annata veramente eccezionale? Cos’è successo quest’anno per avere un attacco di peronospora così diffuso e devastante?
Clima altamente instabile con condizioni perfette per la propagazione del fungo (pioggia, nebbia e umidità); difficoltà di entrare in campo per eseguire i trattamenti a causa del terreno troppo bagnato; disciplinari di lotta integrata con presenza di principi attivi meno persistenti; alcuni tecnici, consulenti e viticoltori hanno “dormito”; sperando che il tempo migliorasse, ma non è stato così; tempi di rientro a 10-14 giorni, ordinari in un anno “normale”, ma troppi nelle condizioni del 2023, perché serviva trattare ogni 6-7 giorni; i modelli epidemiologici hanno funzionato poco e vanno aggiornati alle nuove situazioni climatiche; il ruolo del tecnico: in una stagione come il 2023, non ti puoi affidare esclusivamente alle capannine meteo e ai modelli previsionali monitorati da casa; organizzazione aziendale inadeguata: in condizioni ottimali la dotazione di personale, trattori e atomizzatori era sufficiente; nel 2023 l’organizzazione aziendale non è stata sufficiente a salvare la produzione, per mancanza di personale, mezzi e terzisti.
Anteprima di Terra e Vita 22/2023
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In sintesi, la normale tecnica colturale e organizzazione aziendale si stanno dimostrando inadeguate a salvare l’uva in un anno eccezionale come il 2023. Ma è veramente un anno “eccezionale”? Gli agricoltori mi dicono sempre “questo è un anno eccezionale”. E tutti gli anni sono eccezionali, per ragioni opposte: siccità o eccesso di pioggia, gelo od ondata di calore, campi bagnati o troppo secchi, malattie fungine o attacchi di insetti. Allora, cosa fare? Per la peronospora, esiste la nota regola dei “tre dieci”: 10 mm nell’arco di 24-48 ore, almeno 10 °C di temperatura, lunghezza dei tralci prossima a 10 cm. Mi diceva un bravissimo agricoltore: aggiungiamo il quarto dieci: 10 giorni prima.
Quindi analizzare, prevenire, anticipare e organizzarsi. Ogni imprenditore deve fare un’attenta gestione dei rischi (risk management). Cosa vuol dire? Difesa attiva, cioè prevenire i possibili fenomeni critici (ad esempio reti antigrandine o antinsetto, sistemi antigelo nei frutteti), ampliare le possibilità di irrigazione (quando è possibile), analisi attenta dei dati climatici e della situazione di campo, tempestività e anticipo delle operazioni colturali, difesa passiva (assicurazioni).
I danni della peronospora nel 2023 sono paradigmatici del futuro di tutte le coltivazioni agricole. Ogni anno ci sono elementi di eccezionalità. Nell’era delle avversità climatiche, l’agronomia e la tecnica colturale diventano fondamentali per il reddito e devono continuamente adattarsi e cambiare, anche per la stranota difesa dalla peronospora.
di Angelo Frascarelli
Università di Perugia e coordinatore del Comitato tecnico-scientifico di Edagricole