Vince il nocciolo, vincono gli agricoltori. Il Tar del Lazio ha accolto il ricorso di Assofrutti contro i divieti di impianti di noccioleti imposti dai Comuni di Grotte di Castro e di Bolsena, nel
viterbese. «Una decisione – afferma Pompeo Mascagna, presidente della Op Assofrutti – che rappresenta un significativo riconoscimento della nostra volontà di promuovere un’attività produttiva rispettosa dell’ambiente e della salute dei cittadini, con importanti impatti positivi sull’economia del territorio viterbese».
Decisione locale, impatto nazionale
Una vicenda che va ben oltre la semplice dimensione locale e che riguarda la dignità dei produttori e la (scarsa) considerazione che viene riservata nel nostro Paese all’agricoltura come settore economico. Il nocciolo non è infatti certamente una coltura impattante dal punto di vista ambientale, eppure la scorsa primavera sono stati sette i sindaci dei comuni della zona del lago di Bolsena a scendere “sul piede di guerra” per impedire quella che è una libera scelta imprenditoriale. Un “effetto annuncio” poi seguito da atti concreti solo in due amministrazioni comunali: Bolsena e Grotte di Castro, per l’appunto. Dove due ordinanze comunali hanno imposto il divieto di realizzare nuovi impianti di noccioleti «in relazione a possibili danni ambientali derivanti dall’uso di antiparassitari, diserbanti e con asserito eccessivo consumo di acqua».
Le motivazioni del ricorso
Assofrutti ha subito richiesto l’accesso agli atti e promosso due ricorsi cautelari accolto il 27 novembre dal Tar del Lazio contro il Comune di Grotte di Castro e il 3 dicembre contro il Comune di Bolsena, sostenuta dagli avvocati Andrea Labasi ed Eleonora Schneider, evidenziando le carenze di una istruttoria priva di una seria base scientifica, «dalla quale non era dato ricavare per quali ragioni le coltivazioni dei noccioleti potrebbero nuocere all’ambiente nonché la grave vulnerazione della libertà di iniziativa economica privata».
Diminuire la dipendenza dalla Turchia
L’organizzazione dei produttori di frutta in guscio può così liberamente perseguire il suo obiettivo di far crescere la coltura del nocciolo in Italia, un obiettivo ormai strettamente correlato con l’attualità politica, dopo le recenti considerazioni riguardo alla necessità di ricorrere all’import dalla Turchia per la produzione di famosi brand di creme spalmabili.
In Italia negli ultimi quattro anni si è registrato un decisivo balzo degli ettari coltivati a nocciolo. Nel 2019 la superficie italiana, secondo le rilevazioni Istat, è infatti pari a 86.400 ettari, contro poco più di 73.000 ettari nel 2015. È l’effetto di iniziative di filiera come il Progetto Nocciola Italia di Ferrero (la nostra casa editrice in relazione a questa iniziativa ha prodotto due speciali dedicati al nocciolo qui e qui). Un progetto a cui partecipa attivamente anche Assofrutti. «Il nostro punto di forza– asserisce Mascagna – è la capacità di concentrazione e di gestione dell’offerta e la capacità di fornire servizi di assistenza tecnica agli associati dall’impianto alla commercializzazione». «Consentendo la diffusione dell’innovazione in particolare sul fronte della raccolta e del basso impatto ambientale della coltura».
Il sistema Assofrutti
Il viterbese è la zona più vocata e produttiva per il nocciolo, che qui arriva a produrre fino a 3,0-3,5 t/ha. L’associazione guidata da Mascagna è Op sin dal 1990, iscritta al n°1 dell’Elenco Nazionale dei Produttori Frutta in Guscio. Concentra l’offerta di 1.639 corilicoltori (sia in forma individuale che tramite cooperative collegate), con una superficie che supera 8mila ettari. Una superficie destinata a crescere visto che la Op ha appena sottoscritto un accordo con Ferrero per altri 500 ettari. «Una sfida che deve affrontare due difficoltà – spiega Mascagna: l’obbligo, dall’anno prossimo, di utilizzare solo piantine micropropagate invece dei classici polloni, una prassi a cui i produttori del nostro territorio non sono preparati e i pregiudizi “ambientali” di alcune amministrazioni comunali». Un problema quest’ultimo che sembra essere legalmente superato dalla sentenza del tribunale amministrativo laziale.