Sembrano ormai lontani gli anni in cui predominava l’impostazione, più culturale che giuridica, che voleva le imprese agromeccaniche rigidamente separate rispetto al comparto agricolo. Attività tipicamente di servizi la prima, con sconfinamenti nel commercio e nell’artigianato, a fronte di un’impresa agricola chiusa all’esterno, una sorta di piccolo feudo capace di iniziare e concludere qualsiasi ciclo produttivo senza mai doversi confrontare con altre imprese che non fossero meri fornitori di beni.
La cosiddetta “legge di orientamento”, all’inizio di questo secolo, aveva per la prima volta aperto i cancelli dell’azienda agricola a nuove funzioni, legate sia alla valorizzazione del prodotto sia al servizio del territorio. Un varco dal quale uscire verso il mondo esterno e dal quale potevano entrare nuove idee e nuove figure. Quest’apertura ha portato a definire, nei decreti collegati, cosa fosse l’attività agromeccanica e a quali benefici potesse accedere, considerata la comune matrice agricola, dall’inquadramento del personale alle regole sulla formazione e sulla sicurezza per gli operatori.
Anteprima di Terra e Vita 35/2023
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Il quadro giuridico è ora determinato non dall’aspetto soggettivo, legato a un passato in cui prevaleva un rigido determinismo, ma dalla constatazione che il settore di appartenenza è quello in cui si vive e si lavora, quello nel cui ciclo produttivo si realizzano ed esprimono le proprie funzioni. Pian piano ci si è accorti che gli agromeccanici erano, e sono, parte integrante della produzione primaria, una presenza ancora poco rilevata dalle statistiche e spesso sottovalutata dal legislatore, e che svolgono un ruolo decisivo per la diffusione dell’innovazione e per lo sviluppo dell’agricoltura.
Tale ruolo si integra e si completa con la migliore efficienza dei cantieri di lavoro destinati a un impiego professionale, che esprimono una superiore efficienza energetica e una netta riduzione dell’impatto sulla conservazione della fertilità del suolo e sull’ambiente, specialmente con le tecniche di precisione. Non è quindi casuale che da qualche tempo il legislatore abbia dedicato maggiore attenzione alle imprese agromeccaniche nell’elaborazione di varie provvidenze a favore del settore agricolo, che si rivolgono all’intera filiera della produzione agricola.
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Un esempio che si è visto nel bando sul Parco agrisolare, aperto agli agromeccanici, e più recentemente negli stanziamenti dei fondi per l’innovazione, stabiliti dalla legge di bilancio 2022, e dei fondi Pnrr sull’innovazione, anch’essi accessibili con pari dignità ai contoterzisti. Il merito va certamente attribuito all’azione sindacale messa in piedi da Cai Agromec, la Confederazione che rappresenta le imprese agromeccaniche, ma anche e soprattutto alla disponibilità del Governo ad aprire queste opportunità a chi può portare e diffondere la tecnologia e l’innovazione anche nelle imprese agricole meno propense a investire in proprio.
Ci auguriamo che questo processo, già avviato sul piano degli incentivi, si completi con il riconoscimento dell’imprenditore agromeccanico quale soggetto protagonista del settore primario: dopo i primi risultati ottenuti in alcune regioni, con l’istituzione dei rispettivi albi regionali, non resta che costituire finalmente quello nazionale per riconoscere la vera natura di questa attività.
di Gianni Dalla Bernardina
Presidente Cai Agromec, Confederazione agromeccanici e agricoltori italiani