La potatura invernale delle piante arboree da frutto, oltre alla funzione agronomica di mantenere l’equilibrio tra l’apparato vegetativo e quello riproduttivo, ha anche lo scopo di eseguire interventi di “chirurgia fitosanitaria”. Il controllo delle singole piante, infatti, consente di individuare eventuali rami secchi o con alterazioni (corpi fruttiferi di funghi del legno, cancri, gommosi, gallerie di insetti, ecc.) che andranno asportati ed eliminati, come pure la presenza di focolai di infestazione da insetti parassiti, come alcuni afidi (es. l’afide corticicolo del pesco che sverna in colonie sulle branche o di cocciniglie come quella bianca che forma manicotti che si possono rimuovere anche meccanicamente).
Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita
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Come gestire i cancri rameali
La trinciatura dei residui della potatura è una pratica agronomica raccomandabile perché restituisce parte della sostanza organica al terreno. Tuttavia, va evitata negli impianti nei quali si sono insediati funghi parassiti del legno (agenti di cancri, mal del piombo ecc.) che, potendo vivere da saprofiti nel terreno, si avvantaggiano del substrato costituito dai residui legnosi aumentando notevolmente il loro potenziale di inoculo. Pertanto, negli impianti di drupacee in cui si è accertata la presenza di citospora (Leucocytospora leucostoma), fusicocco (Fusicoccum amygdali) o di altri agenti di cancri rameali (Eutypa armeniacae, Botryosphaeria dothidea, ecc.), i rami infetti andranno potati e distrutti (possibilmente mediate la bruciatura). Nei campi infetti, per ostacolare la penetrazione dei patogeni attraverso le cicatrici fogliari, dovrebbe essere già stato eseguito il trattamento a “caduta foglie”. Se le condizioni climatiche non hanno consentito di intervenire nella fase fenologica più opportuna (caduta foglie) potrebbe essere utile eseguire un trattamento con le medesime finalità (e prodotti fitosanitari) a gemma ferma, dopo la conclusione della potatura.
Cosa fare con il legno asportato
Nei campi dove è possibile eseguire la trinciatura, preliminarmente, occorre asportare i rami più grossi (che possono essere utilizzati come legna da ardere). Durante la trinciatura va verificato che il trinciatore operi una buona sminuzzatura e sfibratura del materiale legnoso che dovrà essere prontamente interrato in modo da facilitare la sua rapida degradazione a opera della microflora del terreno.
Per accelerare e migliorare la degradazione del trinciato, prima dell’operazione meccanica è possibile distribuire al terreno qualche quintale di letame o prodotti commerciali appositamente studiati per apportare microrganismi utili alla degradazione del materiale vegetale e sostanza organica al terreno.
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“Medicare” i tagli di potatura
A protezione dei tagli di potatura, che possono costituire delle vie d’accesso per alcuni patogeni, soprattutto per gli agenti di carie, può essere opportuno ricoprire almeno le ferite più grosse con del mastice addizionato di un prodotto disinfettante o, in maniera più pratica, spennellando una sospensione di rame o di poltiglia bordolese.
Un’interessante alternativa alla protezione dei singoli tagli che si sta diffondendo, soprattutto sulla vite per contrastare la diffusione del mal dell’esca nel vigneto, è l’esecuzione di un trattamento a base di Trichoderma spp. a fine potatura. I ceppi antagonisti di Trichoderma colonizzano le superfici dei tagli costituendo un’efficace barriera alla penetrazione e alla diffusione di alcuni patogeni, agevolando la cicatrizzazione.