Glifosate, una storia esemplare

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Amedeo Reyneri, Università di Torino
Nell'editoriale di Terra e Vita 36/2023 Amedeo Reyneri difende la decisione della Commissione Ue di rinnovare l'autorizzazione per l'utilizzo dell'erbicida per altri dieci anni sottolineando come le scelte vadano fatte basandosi sulle conoscenze scientifiche

Non ci sono dubbi su quale sia la molecola che più ha influenzato la storia recente dell’agronomia mondiale. Il glifosate è un erbicida in grado di controllare la quasi totalità delle erbe infestanti annuali e perennanti, inoltre, ha un’azione diserbante veloce e a bassa persistenza, per cui occorrono pochi giorni tra il trattamento e la semina, o altra pratica colturale.

Caratteristiche che a partire dagli anni ’80 ne hanno decretato il successo planetario e aperto in modo definitivo le porte alla diffusione delle tecniche di gestione conservativa del suolo, relegando l’aratura a un ruolo marginale dove l’erosione rappresenta un fenomeno determinante per la degradazione del suolo e i tempi di esecuzione delle lavorazioni sono un elemento chiave. Successo destinato a crescere ancora quando l’ingegneria genetica ha individuato la possibilità di inserire la tolleranza al glifosate permettendo di lanciare sul mercato le piante RR, ovvero “Roundup Ready”. Una vera rivoluzione, perché non solo ha risolto il problema del controllo delle malerbe, divenuto più complesso con l’abbandono dell’aratura, ma permesso una gestione agronomica semplificata anche sulle colture non RR in rotazione e di accorciare i periodi di riposo tra due cicli colturali. Negli ambienti tropicali il doppio raccolto è diventato la norma e la soia ha triplicato i volumi a livello mondiale.

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Un uso così diffuso e frequente ha determinato l’insorgere di resistenze nelle malerbe e soprattutto alzato il livello di attenzione e di allerte sulla salute dell’ambiente, degli operatori e dei consumatori, aprendo le porte a critiche e richieste di una più attenta revisione sull’impatto. In ambito Ue il complesso iter procedurale di revisione è stato completato, tecnicamente con il rapporto Efsa pubblicato il 6 luglio 2023 e politicamente con la “non maggioranza qualificata” del Comitato d’appello necessaria per bocciare il rinnovo dell’autorizzazione all’impiego.

Nonostante il dibattito abbia visto la fortissima pressione esercitata da gruppi politici e di opinione anche con argomenti di impostazione ideologica (“il glifosate arricchisce le multinazionali e le valutazioni sono state inquinate dagli interessi economici”), o di allarmismo sugli effetti ambientali, soprattutto legati ai metaboliti di degradazione del diserbante o, ancora, per affermare il superamento delle pratiche che fanno ricorso alla chimica di sintesi, le conclusioni del rapporto Efsa hanno permesso di guidare i decisori Ue rimarcando che al momento questo è l’unico approccio possibile.

Sebbene questa valutazione sia basata su una rigorosa documentazione tecnica, il modo con cui sono espresse le conclusioni del rapporto Efsa ci ricorda che la valutazione scientifica è possibile ma che è un processo continuo soggetto a un periodico aggiornamento.

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La scienza non dà certezze definitive, ma non conosciamo approcci diversi in grado di ridurre al minimo gli errori nelle scelte. Quindi, perché non abbiamo seguito le stesse procedure nel trarre le indicazioni per un razionale indirizzo politico sulle colture geneticamente modificate? Perché non attendiamo che la scienza si esprima nei confronti della carne coltivata (malamente definita “sintetica”) e intanto si sospendano giudizi superficiali e inutilmente allarmistici?

La vicenda glifosate è esemplare: perché ci mostra che è possibile affrontare le innovazioni che la ricerca propone e le più complesse vicende scientifiche senza perdere la bussola nelle decisioni.


di Amedeo Reyneri
Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari (Disafa), Università di Torino

Glifosate, una storia esemplare - Ultima modifica: 2023-11-22T08:40:14+01:00 da K4

2 Commenti

  1. Ho 30 anni di attività agronomica viticola e posso affermare, senza rischio di smentita, che gran parte dei danni all’ecosistema che purtroppo stiamo vivendo oggi sono dovuti, in parte, anche al glifosate. Bandirlo dal commercio è un atto dovuto perché non è una molecola sicura ne sostenibile per l’ambiente. Irresponsabile è sostenere il contrario utilizzando la scienza come pretesto. Scienza che ha fallito innumerevoli volte ed ha creato grandi stravolgimenti ambientali e culturali.

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