«Impossibile, non solo perché rigorosamente vietato dal disciplinare, ma perché incompatibile con il corretto e difficile processo di caseificazione utilizzato per produrlo». Così Cesare Baldrighi, presidente del Consorzio di tutela del Grana Padano, replica all’ipotesi che la Dop possa essere prodotta con latte munto al di fuori della zona d’origine, contrariamente a quanto prevede il disciplinare di produzione. «Ricordo al riguardo che il rispetto del disciplinare del Grana Padano Dop è verificato ed attestato da un organismo di controllo terzo, e quindi assolutamente indipendente dal Consorzio incaricato espressamente dal ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali. Nel caso del Grana Padano Dop si tratta del Csqa Certificazioni Srl, di gran lunga il più importante ed autorevole degli enti di certificazione autorizzati per quanto riguarda i prodotti Dop e Igp».
Report su Rai 3 sulle importazioni di latte
«Se il recente servizio di Report (https://www.youtube.com/watch?v=bAYzqj_24yw) su Rai 3 importazioni di latte da parte di aziende italiane che dichiaravano invece di utilizzare solo latte nazionale ha fatto venire qualche dubbio a qualcuno sul Grana Padano Dop - fa sapere sempre il presidente -, possiamo dormire sonni tranquilli. Da sempre il Consorzio di tutela è impegnato, con tenacia trasparenza e imparzialità, nella lotta alle frodi, alle contraffazioni, alle evocazioni. Spiace molto constatare illazioni contrarie ed infondate».
Il servizio di Report del 25 novembre scorso aveva infatti documentato i controlli sulle importazioni di latte mostrando che alcune aziende italiane facevano arrivare in Italia la materia prima ma dichiaravano di impiegare esclusivamente latte nazionale nei loro prodotti.
Tecnicamente impossibile usare latte estero
Il presidente del Consorzio di tutela chiarisce poi perché “tecnicamente” non sarebbe possibile utilizzare latte estero per la caseificazione a Grana Padano Dop:
- l’eccessivo sbattimento del latte legato alle lunghe percorrenze comprometterebbe la struttura del latte.
- La temperatura di trasporto necessariamente più bassa penalizzerebbe il prezioso patrimonio di microflora lattea e quindi la corretta caseificazione e la maturazione del formaggio, uno dei pochi prodotti con latte crudo.
- I tempi troppo lunghi tra la raccolta alla stalla e l’inizio della lavorazione in caseificio ne modificherebbe struttura e composizione biologica.
Sarebbe inoltre troppo rischioso tenere in bella vista per molti mesi (minimo 9) forme prodotte con latte estero che potrebbe essere verificate analiticamente da chiunque (Consorzio di tutela del Grana Padano Dop, l’ente di certificazione Csqa, l'Ispettorato centrale qualità e repressioni Frodi, i Nuclei antisofisticazioni e sanità dei Carabinieri, i Nuclei antifrodi dei Carabinieri, le Asl e l’autorità giudiziaria).
Presidente, chi garantisce, dunque, il Grana Padano Dop?
L’efficiente sistema dei controlli sul sistema agroalimentare in vigore in Italia e l’altrettanto efficiente sistema dei controlli in essere sul Grana Padano attivato dal Consorzio e dall’ente certificatore Csqa, organismo terzo incaricato dal ministero, in base al regolamento europeo 1151 del 2012. Nel 2018 il Csqa ha svolto ben 15.877 visite ispettive.
Chi effettua le analisi di controllo?
Ad oggi solo il laboratorio di San Michele all’Adige (Tr) della Fondazione Edmund Mach (un Istituto di diritto pubblico) è in grado di eseguire le analisi sugli isotopi, un metodo di prova che dimostra la provenienza del latte e la mappatura isotopica degli areali del Grana Padano. Gli esiti delle analisi vanno interpretati alla luce di una mappatura che l’Istituto di San Michele all’Adige ha definito e messo a punto, su iniziativa e col finanziamento del Consorzio di tutela del Grana Padano. A garanzia della correttezza e per consentire eventuali riscontri in caso di contenziosi o contestazioni, la mappatura è anche depositata presso il ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e presso il Consorzio stesso di tutela, che la custodiscono in plico chiuso. Il plico viene aperto solo in caso di contestazione o di verifica di quanto attestato dall’Istituto di San Michele. Per eventuali controverifiche sui risultati delle analisi occorre andare al di fuori dell’Italia.
Chi può accedere agli esiti delle analisi?
Il Consorzio e qualsiasi altra autorità pubblica competente in materia a cui il laboratorio deve rispondere in modo trasparente e imparziale.
Quante analisi isotopiche sono state fatte?
Dal Consorzio circa 2mila in 15 anni, ossia da quando è stato attivato il sistema, per una media di circa 10 analisi al mese.
Chi paga le analisi?
Ovviamente il Consorzio di tutela del Grana Padano Dop che ha una convenzione con l’Istituto di San Michele all’Adige. Tale convenzione comprende un numero di analisi isotopiche all’anno, superate il quale il Consorzio paga una maggiorazione. Inoltre sempre il Consorzio, deputato per legge alla tutela della Dop, quando richiesto ha pagato e pagherà anche le analisi eseguite dall’autorità giudiziaria.
Sono state trovate irregolarità?
In 15 anni ne abbiamo trovate 7, una sola sull’impiego di latte straniero su formaggio non ancora in commercio nel 2005. L’azienda ha chiuso poco dopo. Le altre 6 erano in buste di grattugiato prelevate sul mercato estero dove era stato mescolato Grana Padano con formaggio estero. Tutte le irregolarità sono state sanzionate e denunciate. Di queste ultime 6 aziende solo 2 sono ancora attive.
State cercando altri metodi di analisi per verificare la provenienza del latte?
Sì, stiamo sostenendo attivamente una ricerca basata sul Dna degli alimenti delle bovine da latte con l’Istituto Spallanzani, tale ricerca si chiama Newtech e il metodo dovrebbe essere disponibile tra un anno. La mappatura con gli isotopi è in ogni caso oggetto di continua implementazione, in modo da renderla sempre più precisa ed affidabile, tanto che nell’ultima versione del disciplinare di produzione, entrata in vigore lo scorso ottobre, è stata ulteriormente integrata con l’inserimento del profilo minerale specifico.
Che cosa ha a che vedere con il latte estero l’avviso di garanzia per abuso d’ufficio pervenuto a febbraio 2017 al direttore generale del Consorzio, Stefano Berni?
Assolutamente nulla. Allora difese il sistema Grana Padano da una erronea interpretazione della procura di Reggio Emilia che riteneva non marchiabile il formaggio di categoria “uno”, cioè quello con piccoli difetti. Produsse, su richiesta di Nuova Castelli, documenti sia storici che recenti che conclamavano la legittimità di marchiatura dell’”uno” ed il tribunale dissequestrò il Grana Padano di categoria “uno” erroneamente sequestrato, ma solo quello.L’errore interpretativo della procura dipendeva dall’eccessiva sinteticità della descrizione del disciplinare sulla qualità del formaggio da marchiare, ma ora il disciplinare è chiarissimo. Ha difeso il sistema in quanto quasi il 30% del legittimo Grana Padano Dop da sempre, è della categoria “uno” e quindi parliamo di 1 milione e 500mila forme all’anno, pari ad oltre 400 milioni di euro all’anno di prodotto, non poca cosa. Quell’indagine era partita, tra l’altro, da una segnalazione ufficiale del Consorzio, firmata proprio da Berni, ai carabinieri del Nac di Parma.
Qual è uno dei più grandi impegni che oggi il Grana Padano Dop sta portando avanti?
Una battaglia incessante sulla qualità, senza riguardo alcuno verso chiunque, piccolo o grande che risulti aver commesso anche modeste infrazioni, consiglieri d’amministrazione compresi. Su questo pensiamo di essere i primi e i migliori come ci viene riconosciuto anche da molti colleghi europei, che ci chiamano ad insegnar loro i nostri metodi. Lo dimostrano del resto anche le graduatorie di merito sui progetti di tutela presentati al ministero ogni anno: ci vedono sempre regolarmente al primo posto.