Oltre le più rosee aspettative.
Eima 2021 chiude i battenti con numeri davvero rilevanti, scacciando via in cinque intensi giorni i timori della vigilia, i problemi collegati alla gestione del Covid e la mancanza in fiera di alcuni grandi gruppi, italiani ed esteri.
Che forse, a bocce ferme, s’interrogheranno sulla bontà (o meno) della scelta di non essere presenti.
I numeri. FederUnacoma sprizza soddisfazione: «L’Eima spazza via ogni incertezza legata all’emergenza sanitaria e si impone con numeri eccezionali. Dopo i cinque giorni di svolgimento, la rassegna si è chiusa con 270.700 visitatori, di cui 25.900 esteri, un risultato che fa dell’esposizione un evento “top” a livello internazionale non soltanto nello specifico settore della meccanica agricola ma nel panorama delle fiere in senso assoluto. Notevole non soltanto il numero di visitatori ma la qualità del pubblico, composto in gran parte da operatori economici, interessati alle novità di prodotto e all’acquisto di tecnologie adatte ai più diversi contesti agricoli. Molto ricca anche la parte culturale della rassegna, con 116 convegni e seminari su temi tecnici e politici».
Anteprima del Primo Piano di Terra e Vita n. 33/2021
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Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente di FederUnacoma, Alessandro Malavolti «L’Eima ha voluto andare in scena quest’anno, malgrado l’inevitabile defezione di espositori e visitatori da alcuni Paesi che sono ancora in emergenza sanitaria e malgrado lo scetticismo di coloro che puntavano a congelarla fino al novembre 2022. I dati ci hanno dato piena ragione, e l’edizione del 2022 non sarà per noi quella della ‘ripartenza’ ma quella della ‘riconferma’, la consacrazione di un evento che proprio nell’anno più difficile ha dato una straordinaria prova di forza».
Malavolti ribadisce che la meccanizzazione è un settore strategico per l’economia del Paese e non può essere ignorata. Anzi, va valorizzata al meglio: «Fra i padiglioni si sono viste macchine all’avanguardia in tutti i comparti. L’elettricità è ormai una realtà, la precisione sta diventando di uso comune e le nuove tecnologie consentono di migliore le rese, di essere più efficienti e maggiormente in linee con le esigenze di sostenibilità ambientale. Eppure i vertici del Ministero agricolo non si sono visti a Bologna e ancora oggi dobbiamo combattere per rendere operativa la revisione obbligatoria dei mezzi agricoli».
Revisione europea?
Difficoltà tali da portare Malavolti ad avanzare, a una delegazione di europarlamentari guidata da Paolo De Castro, la richiesta di una revisione europea delle macchine, che coinvolga tutti i Paesi dell’Unione, poichè «il problema dei mezzi vecchi e della sicurezza in agricoltura non è un problema solo italiano». Richiesta condivisibile, recepita anche di politici operativi a Bruxelles, ma che oggettivamente non pare di breve realizzazione.
Tornando all’Eima. «Alla vigilia avevamo indicato come un risultato già buono la soglia dei 160mila visitatori, vale a dire circa il 50% di quelli che avevano partecipato all’edizione record del 2018 - aggiunge Simona Rapastella, direttore generale di FederUnacoma - mentre i dati conclusivi indicano una presenza pari all’85% di quell’ultima edizione prima della pandemia, un risultato che appare ‘miracoloso’, ma che in realtà è frutto di un grande lavoro della struttura, della nostra determinazione nel voler sottolineare il valore di Eima nel panorama fieristico internazionale, e delle aziende espositrici che ci hanno seguito».
Precisione, conservativa e controllo da remoto
Edagricole fra queste. Che con due appuntamenti ad hoc ha toccato temi chiave per la meccanizzazione. Partendo dal binomio sempre più integrato agricoltura conservativa e di precisione, arrivando alle novità sul controllo da remoto (accedi all'edicola online e vedi articolo a pag. 32 di Terra e Vita 33).
Per quanto riguarda il connubio virtuoso conservativa-precisione, Michele Pisante dell’Università di Teramo Unire ha evidenziato come i principi dell’agricoltura conservativa assieme alle tecnologie del precision farming consentano la misura oggettiva di risultati utilizzabili poi dai decisori tecnici e politici.
A questo proposito ha presentato i risultati di un caso studio nella Regione Puglia, dove sono stati stimati gli indicatori di impatto. «Dopo quattro anni di adozione dell’agricoltura conservativa - ha spiegato Pisante - è stata misurata l’erosione media del suolo, che è risultata pari a 2,11 t/ha/anno rispetto alle 2,28 della convenzionale.
Ecco, questo indicatore oggettivo di risultato può essere compensato agli agricoltori. Lo stesso discorso vale per la sostanza organica nel suolo: nel 2015 il valore medio era dell’1,7% e dopo 5 anni nel convenzionale è sceso all’1,6%, mentre nel conservativo è salito all’1,9%, a indicare un trend molto promettente. Secondo questo modello, che oggi è in discussione, agli agricoltori della Regione Puglia che già beneficiano di un contributo di 322 euro/ha, l’adozione di altre misure potrebbe portare addirittura a un contributo complessivo fino a 800 euro/ha».
Anche Luigi Sartori dell’Università di Padova ha presentato i risultati di un progetto biennale (Agricare) che ha messo a confronto tecniche di agricoltura convenzionale e tecniche conservative con e senza agricoltura di precisione (sostanzialmente semina e concimazione a rateo variabile) su colture come mais, soia, frumento e colza.
«Guardando solo alla resa - ha riferito Sartori - la tecnica convenzionale è risultata la migliore, ma con il precision farming le produzioni “conservative” sono risultate quasi sempre in linea con quelle convenzionali (e comunque superiori a quelle senza precision farming). Guardando poi al reddito lordo e quindi considerando anche i costi, le tecniche semplificate hanno registrato un reddito medio inferiore al convenzionale, ma con l’adozione della precisione sia minima lavorazione sia no-tillage sono riuscite a superare il convenzionale. Altro parametro misurato sono state le emissioni di CO2, decisamente inferiori con le tecniche conservative e che verrebbero azzerate in Italia se metà della superficie arabile (5 milioni di ettari) adottasse la conservativa».
«C’è la possibilità di intraprendere strade conservative che poi diventano rigenerative - ha concluso l’agronomo Lorenzo Benvenuti -. In questa ottica una nuova frontiera è rappresentata dal vertical tillage, che potrebbe andare molto bene in particolare nei terreni della Pianura Padana e che prevede un taglio del terreno solo in verticale, avvicinandosi molto alla gestione del terreno sodo. Forse in Italia è ancora prematuro, ma rappresenta un ottimo viatico per l’applicazione virtuosa degli ecoschemi previsti dalla nuova Pac».
Anteprima del Primo Piano di Terra e Vita n. 33/2021
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Gestione del rischio, cambio di passo
con la tecnologia
Dalle immagini satellitari che riescono a tratteggiare con una precisione centimetrica gli appezzamenti dei terreni alle mappe di vigore capaci di dare informazioni puntuali sullo stato vegetativo delle colture, passando per sistemi informatici in grado di elaborare una grande quantità di dati e restituire agli imprenditori agricoli allerte o consigli sulle azioni più idonee da compiere, fino ai dispositivi antigelo e alle reti antinsetto, antipioggia e antigrandine per proteggere i frutteti.
Sono solo alcune delle tecnologie in grado di aiutare gli agricoltori nella complessa partita della gestione del rischio. Supporti per la difesa attiva che, insieme alle polizze agevolate e ai fondi mutualistici, devono diventare strumenti di lavoro delle aziende agricole e non più degli optional.
Di questo si è parlato al convegno “Pac 2023-2027: tra gestione del rischio e necessità di innovazione tecnologica” organizzato da Asrecodi Emilia-Romagna in collaborazione con Asnacodi Italia a Eima.
E se il 2021 sarà ricordato come un anno complicato dal punto di vista dei danni provocati dagli eventi climatici avversi, ha anche fatto segnare un aumento dei valori assicurati per le produzioni vegetali all’interno del sistema Asnacodi Italia-Condifesa del 6,3% rispetto al 2020. Si tratta di 5,273 miliardi di euro. Un segnale che il lavoro di sensibilizzazione verso gli agricoltori sulla necessità di sfruttare gli strumenti assicurativi agevolati sta dando i suoi frutti. Del resto gli effetti del cambiamento climatico impongono alle istituzioni e al settore primario scelte nette e rapide per tutelare le produzioni agricole italiane, difendere le quote di mercato e il reddito degli imprenditori agricoli.
Durante il dibattito il direttore di Asnacodi Italia Andrea Berti ha sottolineato il lavoro che la rete dei Condifesa sta portando avanti per sensibilizzare gli imprenditori agricoli sulle tematiche della gestione del rischio e sulla formazione, concetto ribadito anche dal presidente Albano Agabiti che ha auspicato un futuro positivo grazie proprio ai nuovi strumenti tecnologici.
Noleggio, un boom non agricolo
«Nel movimento terra - settore chiave per il noleggio - in questo momento non c’è più una macchina disponibile. Tutto esaurito. Questa significa che il comparto è ormai una realtà matura e consolidata che - a livello nazionale - vale qualcosa come 3 miliardi di euro».
Così Marco Prosperi di Assodimi/Assonolo, l’associazione distributori e noleggiatori di beni strumentali, che dopo un 2020 con un calo del 12,3% vede il proprio settore in forte crescita. E l’agricolo?
«Purtroppo non ci sono ancora dati che documentino l’impatto del noleggio nel settore primario. Sappiamo che diverse realtà lo stanno effettuando e stanno investendo per costruire flotte di rilievo. L’importante è non improvvisare perchè i rischi diventano superiori alle opportunità. Il contratto-tipo c’è e va utilizzato: solo così il noleggio in agricoltura potrà crescere in maniera organica». G.G.