«Sulle etichettatura l'Europa non è dalla parte di questo governo».
Forte la presa di posizione di Gian Marco Centinaio nel corso della presentazione del "Rapporto sulla competitività dell'agroalimentare italiano" di Ismea. (clicca qui per accedere all'articolo sul rapporto). Dove ha dichiarato che, per migliorare la competitività del settore, «servono politiche di sostegno e una progettualità che coinvolga le nuove generazioni e i consumatori».
Tutelarci dai tentativi di imitazione
«Siamo i più copiati al mondo - afferma Ministro delle Politiche Agricole Alimentari Forestali e del Gran Turismo -, per questo dobbiamo tutelare i nostri prodotti agroalimentari e i nostri marchi come abbiamo fatto con le nostre creazioni di moda. Dobbiamo creare alleanze con altri Paesi in vista della discussione sulla nuova Pac ma, soprattutto, dobbiamo
attrarre i giovani verso questo settore, parlando loro di innovazione e di agricoltura 3.0».
«Il consumatore però deve essere messo nelle condizioni di scegliere, presentando etichette che rispondano alle loro domande sull’origine degli alimenti; l’Ue ancora non la pensa così, ma possiamo costruire un fronte compatto su questo fronte con altri Paesi come Francia e Spagna».
Sul Ceta confronto aperto con la filiera
«La nostra linea è quella di tutelare i cittadini e i consumatori, al cospetto di un'Europa che invece è dalla parte di chi dice tutto e niente, tutelando le aziende e i mercati».
Sul Ceta, trattato di libero scambio tra Unione europea e Canada, il ministro ribadisce: «prenderemo una decisione, non appena avremo un quadro oggettivo dell'accordo, non abbiamo fretta». «Abbiamo attivato un'operazione di informazione chiedendo a tutti gli attori i pro e i contro. In tempi equi esprimeremo una posizione credibile e più precisa».
Il fronte per proteggere il made in Italy deve essere per Centinaio quello dell'etichetta.
Il fronte dell'etichetta
«Per tutelare i prodotti dei nostri agricoltori - prosegue - occorre che il consumatore finale sia messo in condizione di sapere cosa va a comprare proprio grazie all'etichetta, per capire per esempio, in modo trasparente, se si sta per acquistare un riso coltivato e trattato in Italia o in Birmania».
«Tutti vogliono questo, ma poi in Europa si prende un'altra direzione». Centinaio poi specifica che «la nostra missione è quella di aumentare l'export dei 41 miliardi attuali registrati da Ismea e quindi vogliamo aiutare quelle aziende che vogliono portare dall'altra parte del mondo il 100% italiano ma anche aiutare gli agricoltori che non riescono ad andare oltre ai mercati rionali».
Gli altri interventi
«Dal rapporto di Ismea - commenta il presidente della Commissione agricoltura della camera Filippo Gallinella - emerge che siamo grandi esportatori, quindi dobbiamo superare l’idea che ci siano buoni da una parte e cattivi dall’altra. Compito dello Stato è aiutare tutto l’export, dando strumenti ed assistenza: questa è competitività». Gallinella si riferisce alla necessità di tutelare la "pace" di filiera, con le necessarie aggregazioni. «L'attuale competizione sui prezzi è irrazionale».
«Il rapporto Ismea - ribadisce il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo - dice chiaramente che l’agricoltura italiana è diversa e migliore. Questo deve essere
comunicato in maniera trasparente ai consumatori e ci deve essere una tutela
quando si discute di accordi commerciali».
Per garantire la redditività delle imprese, Coldiretti punta sull’esperienza dei contratti di filiera pluriennali. «Stanno via via coprendo le maggiori filiere del made in Italy. Questo
significa dare certezze sui prezzi e una premialità che serve agli agricoltori per fare
meglio e alle industrie per garantirsi migliori prodotti per l’export».
«Per la valorizzazione del made in Italy - è la posizione del presidente della Cia-Agricoltori Italiani Dino Scanavino - è centrale l’organizzazione della filiera, che è un'altra cosa rispetto alla contrattazione. Per il successo servono un progetto condiviso e una politica che incentivi i comportamenti virtuosi, ma anche investimenti nelle infrastrutture e a favore dei giovani, mentre per contrastare l’italian sounding dobbiamo essere in grado di produrre di più»