All'arrivo di Medfly in California (anni ’80), tante sono state le preoccupazioni e, di conseguenza, i mezzi impegnati per combatterla.
Gli agronomi oltreoceano, una volta rilevata la presenza dell’insetto mediante trappole a feromoni, mettevano l’intera zona in quarantena mediante posti di blocco lungo le strade che entravano e uscivano dalla zona (Medfly check).
Qui i rangers avevano il compito di ispezionare gli autoveicoli di passaggio per rilevare la presenza di ogni tipo di frutta, per poi distruggerla. Si evitava, così, la diffusione della mosca, attraverso le sue larve rinchiuse nella polpa dei frutti, con il mezzo più usuale, l’uomo.
I danni che provocò furono tali da scatenare una ingente campagna di radicali misure di lotta. Distruggendo metodicamente qualsiasi ambiente adatto al suo sviluppo, soffocarono, in pochissimo tempo i focolai di infestazione, con spese attorno ai sette milioni di dollari.
Un insetto tropicopolita
Nonostante la sua origine tropicale, negli ultimi 200 anni si è diffusa in tutti i continenti grazie al commercio mondiale di frutta. È uno degli organismi nocivi economicamente più rilevanti per la frutticultura e si è ormai insediato nell’Europa meridionale. In Europa centrale è conosciuta sin dagli anni ‘30.
La specie è inclusa nella Lista A2 dell’Eppo e i frutti destinati all’esportazione sono soggetti a specifiche misure di controllo.
Per uccidere tutti gli stadi presenti nei frutti, Usa, Giappone e vari altri Paesi impongono il trattamento a bassa temperatura (1 °C) per due settimane.
La sua dannosità è esaltata dalla capacità (frequente a carico degli agrumi) di causare con le punture di ovideposizione una accelerazione della maturazione del solo epicarpo, che si traduce in una cascola anticipata dei frutti.
Complessivamente, le larve si nutrono di oltre 350 piante ospiti, tra cui non solo gli agrumi, ma anche pesche, manghi, noci, mele, pere e uva da tavola.
Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita
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Tutta colpa del clima
La mosca mediterranea della frutta è il tipico insetto legato “intimamente” alle temperature. Con temperature ottimali di 20 -30 °C (con minimo di 15-16 °C) possono avvenire accoppiamenti; dopo qualche giorno, le ovideposizioni.
In estate, l’incubazione ha luogo in circa 48 ore a temperatura ottimale di 26-28°C. In autunno-inverno, invece, con temperature medie di 15-16 °C, occorrono 4-7 giorni.
La soglia termica superiore è di parecchio più alta di quella della Bactrocera (39 °C contro 32 °C), il che può essere considerato testimonianza dell’origine tropicale della specie.
I 45 °C rappresentano la soglia superiore per lo sviluppo, con una mortalità del 100%. Tuttavia, temperature massime giornaliere prossime ai 38 °C per qualche giorno consecutivo provocano la morte di gran parte degli individui immaturi presenti in campo.
L’estate in corso sarà sicuramente ricordata per gli enormi danni provocati dal dittero sulle pesche.
La sola chimica non basta
Quanto accaduto alla peschicoltura mette in guardia sull’attuale necessità di ripensare alla difesa contro la mosca mediterranea della frutta incentrata solo con insetticidi tradizionali.
Gli insetti, definiti dal professor Guido Grandi come “un mondo di dominatori occulti”, riescono a superare facilmente, grazie alle loro caratteristiche bio-etologiche, qualsiasi mezzo di difesa se non utilizzato in un programma integrato.
Nel caso della Medfly è necessario utilizzare tutte le pratiche agronomiche che migliorano l’arieggiamento della pianta e l’esposizione dei frutti ai trattamenti (potatura in primis).
L’applicazione di metodi “innovativi”, quali, ad esempio, "attract & kill", prevede conoscenze specifiche della tecnologia e uno studio particolareggiato del territorio per evitare possibili insuccessi. Promettenti, nel caso dei ditteri Tephritidae, sono anche gli studi sulla simbiosi batterica (Enterobacteriaceae). Questi potranno essere utilizzati, così come nella mosca dell'olivo, per implementare sistemi di difesa basati su una lotta simbionticida.