Il noce è una delle più antiche piante da frutto conosciute dall’uomo ed è ancora ampiamente coltivato in diverse parti del globo., il noce europeo o comune. Tradizionalmente la produzione nazionale di noce europeo (Juglans regia) è concentrata in Campania ma, negli ultimi anni, l’interesse per la nocicoltura specializzata è aumentato anche al nord, specialmente in Veneto e in Romagna in cui è stata intrapresa la strada della coltura intensiva attraverso pratiche di coltivazione meccanizzata. Il noce è minacciato da diverse specie fitofaghe sia autoctone che importate, che creano danni spesso difficili da gestire. Fra le specie di nuova introduzione sta assumendo un peso sempre maggiore la mosca del noce (Rhagoletis completa). Si tratta di una piccola mosca esotica che appartiene alla famiglia dei Tephritidae. Originaria dell’America del Nord. La prima segnalazione in Europa risale al 1986 ed è avvenuta in Svizzera, in Ticino. In seguito, la mosca si è diffusa in tutta la Svizzera e da lì in Italia, e in buona parte dell’Europa. Esiste una evidente suscettibilità varietale legata a due variabili legate tra di loro: periodo di maturazione e durezza del mallo, in genere vengono più colpite le cultivar precoci rispetto a quelle tardive.
Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita
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Riconoscere i primi sintomi
I primi indizi di un attacco da parte della mosca delle noci sono dei piccoli punti neri sui frutti, causati dalle punture di ovideposizione delle femmine cui fa seguito un progressivo disfacimento della polpa provocato dallo sviluppo delle larve, di colore giallo biancastro. Per l’azione trofica delle larve della mosca il mallo diventa molle e vischioso ed infine nerastro in quanto ricco di tannino e caratterizzato da un odore sgradevole. Nella maggior parte dei casi, le noci rimangono intatte ma l’annerimento superficiale ne compromette la commercializzazione. In alcuni casi il mallo rinsecchito aderisce al guscio, causando ulteriori difficoltà nelle operazioni di pulizia. Occasionalmente, nei frutti infestati si inseriscono anche altre specie di ditteri che fungono da decompositori secondari e vengono attirati dai malli in decomposizione.
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Rimuovere i frutti infestati
Per ridurre l’infestazione è utile una tempestiva rimozione dei frutti infestati per impedire che le larve escano dalla noce e si possano impupare nel terreno. Per piante isolate o per noceti di piccole dimensioni è possibile coprire il terreno ai piedi dei
noci dall’inizio di maggio ad agosto. Nei noceti specializzati la difesa si basa sul monitoraggio degli adulti eseguito con trappole cromotropiche gialle innescate con un attrattivo ammoniacale installate a partire da metà giugno. La difesa viene realizzata attraverso esche proteiche o con la tecnica dell’attract and kill (trappole dotate di un dispenser impregnato di attrattivi alimentari e da un coperchio trattato sulla superficie interna con deltametrina).
LA BIOLOGIA
La mosca del noce è un dittero di dimensioni ridotte, molto simile alla mosca del ciliegio da cui si distingue per la diversa disposizione dei disegni scuri presenti sulle ali. Rhagoletis completa sverna come pupa nel terreno, a pochi centimetri di profondità, e compie una sola generazione l’anno. L’inizio del volo dipende dalle condizioni climatiche ma in genere comincia da fine giugno con un massimo di presenze nel periodo tra fine luglio/inizio agosto. Le ovideposizioni hanno inizio un paio di settimane dopo i primi voli, in corrispondenza del picco di presenza di adulti. Ogni femmina di R. completa può deporre complessivamente 300-400 uova, in gruppi di 5-20 unità deposte in una cella scavata con l’ovopositore nel mallo. Come per altri ditteri, la femmina “marca” la noce dove ha deposto le uova con un feromone inibitore per le altre femmine per cui, su ogni frutto, si trova una sola cella. La nascita delle larve avviene dopo 5-7 giorni e lo sviluppo larvale comprende tre età e dura da 3 a 5 settimane. Raggiunta la maturità, le larve della mosca abbandonano il frutto e si lasciano cadere al suolo dove si impupano per poi emergere come adulti nell’estate dell’anno successivo e, a volte, anche dopo due o tre anni.