Precision farming arma letale contro le cavallette

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In Sardegna vinta la battaglia contro l’ortottero grazie all’agenzia Laore. Zone di deposizione delle uova georeferenziate tramite Gps e trattamenti eseguiti utilizzando un modello previsionale realizzato dalla Fao

Piana di Ottana, pieno centro della Sarde­gna. Un gigantesco sciame di ortotteri prende possesso di 35mila ettari di terreno, distruggendo tutto ciò che trova. L’insetto responsabile dell’invasione è il Dociostaurus maroccanus, una cavalletta che negli ultimi anni, in Sardegna, è diventata una vera e pro­pria piaga, generando disagio e causando in­genti danni alle coltivazioni. Non si tratta, tuttavia, di un fenomeno nuo­vo. Le cavallette, infatti, sono un problema endemico di questa zona, e più in generale di tutta l’isola, dove sono presenti da moltissimo tempo.

Le prime testimonianze le troviamo nei registri parrocchiali del ‘600, quando si svolgevano funzioni religiose per scongiurare il pericolo. Non mancano notizie storiche più recenti: fa­mosissime le infestazioni del 1905 e del 1946, che avevano interessato 2/3 della superficie sarda. Le ultime del secolo scorso ‘900 risal­gono agli anni ’85, ’89 e ’95.

Negli anni 2000, le popolazioni di D. marocca­nus sono nuovamente esplose, in particolare tra il 2017 e il 2022, tornando a diventare una vera e propria emergenza.

Per contrastare il fenomeno, la Regione Sar­degna, in collaborazione con l’Agenzia Laore, ha elaborato un preciso piano d’azione di cui si sono visti, in questo 2024, i primi incoraggian­ti risultati, con un drastico abbassamento del potenziale distruttivo.

«L’attuale problematica, nata attorno al 2017, l’abbiamo affrontata e compresa grazie al­la lunga esperienza della Fao, che studia il D. maroccanus dal 1945 – ha spiegato il diretto­re dell’agenzia Laore Marcello Onorato –. In seguito al confronto con alcuni esperti, è stato possibile comprendere tanti aspetti della lotta, primo tra tutti le condizioni ambientali favore­voli, che fanno da starter per le invasioni. Ge­neralmente le cavallette traggono profitto da annate siccitose, e proprio negli ultimi anni ne abbiamo avuta una di seguito all’altra – ha fat­to notare Onorato –. Il fenomeno, a causa del cambiamento climatico, è aumentato in ma­niera esponenziale e ha toccato, tra il 2020 ed il 2022, apici mai registrati prima. Altri fattori determinanti sono l’abbandono dei terreni e il sovra-pascolamento, che porta a un ecces­sivo calpestio dei pascoli – ha aggiunto il di­rettore –. Il suolo, in seguito al passaggio del bestiame, viene “timbrato” dagli zoccoli degli animali, e diventa estremamente duro. Questo è esattamente ciò che piace al Dociostaurus: siccità, aridità e terreno compatto sono le con­dizioni ideali per il suo sviluppo».

Marcello Onorato

Strategia di lotta

Un progetto emblematico quello strutturato dall’agenzia Laore che deve il suo successo a una capillare strategia di monitoraggio del territorio, studiata ad hoc per il Dociostaurus. Il programma di lotta, messo a punto a partire dal 2023, si è interamente basato su agricoltu­ra digitale e tecniche di lotta integrata.

Il primo passo ha visto l’individuazione dei luoghi di ovideposizione risalenti all’annata del 2022. Il Dociostaurus ha l’abitudine di ovi­deporre in zone ben definite e delimitate, che sono state successivamente georeferenziate tramite Gps. La ricerca di queste ultime è stata possibile anche grazie all’aiuto del Mylabris variabilis, un coleottero predatore di uova di Dociostaurus che depone nei terreni infestati dalle ooteche, e che per questo motivo può essere considerato un ottimo indicatore.

Inoltre, grazie a un modello previsionale sviluppato dalla Fao e adatta­to dall’agronomo e agrometeorologo Marco Gerardi alle condizioni climatiche del territorio sardo, è stato possibile prevedere il periodo in cui le uova si sarebbero schiuse.

In parallelo è stato condotto uno studio, coor­dinato dall’entomologo Michele Coinu, sullo sviluppo post-embrionale dell’insetto per mo­nitorarne l’evoluzione all’interno dell’uovo ed evidenziare quei parametri indicativi del mo­mento prossimo alla schiusa, in modo tale da poterla prevedere con più strumenti.

Queste operazioni hanno permesso di racco­gliere le due informazioni essenziali per impo­stare la lotta: luogo e momento della schiusa.

Per agevolare le operazioni di monitoraggio e intervento, il territorio interessato dall’invasio­ne è stato suddiviso in un reticolo composto da 774 blocchi virtuali di 50 ettari ciascuno (707x707 metri), numerati con apposita co­difica.

«Ogni rilevamento ha una storia, che viene re­gistrata nella web app che utilizzano i tecnici nella centrale operativa – ha precisato il tecni­co informatico Paolo Schirru –. Ogni volta che un tecnico effettua una rilevazione, gli viene chiesto di inserire una serie di informazioni che servono per avere una panoramica il più possi­bile completa di quello che accade in campo. Questo è utile anche per verificare il lavoro e l’uniformità delle rilevazioni, per far sì che non si concentrino in un unico punto. Siamo partiti da zero e piano piano abbiamo creato un in­sieme di dati, un piano d’azione che sarà utile nei prossimi anni – ha fatto notare Schirru –. In una superficie così vasta, è importantissimo sapere dove andare e come agire».

I trattamenti

Il passo successivo è stato attendere la fuori­uscita delle neanidi, che è avvenuta attorno al 22-25 di marzo 2023. In questo momento, fon­damentale é stata la collaborazione di soggetti privati quali cittadini, allevatori e imprenditori agricoli, i quali hanno contribuito a segnalare le aggregazioni delle prime forme giovanili at­traverso l’app Deomarco (666 segnalazioni ricevute) e/o Whatsapp (131 segnalazioni ri­cevute).

Le segnalazioni inviate, acquisite in tempo re­ale dal sistema informativo geografico (gis) e restituite sulla mappa all’interno di ciascun blocco numerato, arrivavano nella centrale o­perativa di Noragugume, da cui prontamente partivano le squadre per i trattamenti, esegui­ti attraverso attrezzature irroranti a Ulv (ultra basso volume) che consentono la distribuzio­ne di piccole gocce della misura di 200-300 micron, nel pieno rispetto dell’ambiente e degli insetti utili.

«La nostra banca dati è un gis molto comples­so, in cui si rileva non solo la posizione geo­grafica, ma anche la conformazione del luogo, la tipologia di vegetazione presente e lo sta­dio in cui si trova l’insetto in quel determinato momento – ha specificato Onorato –. Grazie a questi dati, i trattamenti sono mirati e specifici per ogni zona. In aziende convenzionali abbia­mo utilizzato la deltametrina, mentre in aziende biologiche il piretro. Il successo della lotta è un determinato dall’agricoltura digitale: l’agri­coltura 4.0 sconfigge gli insetti perché rende più efficaci i trattamenti. I nostri trattamenti non sono stati effettuati su tutti i 35mila ettari interessati dal problema, ma su quei punti ge­oreferenziati con il gps, e quindi su superfici localizzate, puntiformi, con atomizzatori pro­fessionali. Grazie a questa strategia, abbiamo avuto degli ottimi risultati, non solo in termini di abbassamento del potenziale distruttivo, ma anche di assenza di residui di fitofarmaci nel foraggio e nel latte».

I trattamenti del 2023 sono andati avanti fino a metà luglio. In tutto sono stati trattati 3.980 punti, per una superficie totale di circa seimila ettari.

Nel 2024 la lotta non si è fermata: le operazioni di monitoraggio e i trattamenti sono stati por­tati avanti, seppur in maniera ridotta, per un totale di 1.029 punti trattati.

Maria Maddalena Agus, sindaca di Olzai (Nu)

Prevenzione e formazione

Quest’anno il fenomeno è in fase di regressio­ne. A oggi, si può affermare che gli orizzonti so­no positivi, e che la lotta ha avuto i risultati desi­derati: le popolazioni di cavallette si sono dra­sticamente ridotte. Tuttavia, la battaglia non si può ancora considerare vinta: nei prossimi anni, infatti, il problema potrebbe riaffiorare.

«Per limitare nuove possibili infestazioni, dob­biamo lavorare sull’uomo e con l’uomo – ha sottolineato Onorato –. La cavalletta, infatti, è un problema antropico, tanto che in Nord A­frica viene chiamata “la cavalletta dell’uomo”, perché generalmente segue le carovane degli allevatori nomadi. Un anno passano le carova­ne che spostano il bestiame, l’anno dopo na­scono le cavallette. È l’uomo che ha creato le condizioni ideali per la proliferazione dell’inset­to. Dobbiamo insegnare alla popolazione, e in particolare agli agricoltori e agli allevatori, a ge­stire i pascoli e a limitare il carico di bestiame. Le cavallette sono un problema sociale che, se non gestito, può degenerare, a maggior ragio­ne alla luce dei cambiamenti climatici in atto, che favoriscono il loro sviluppo».

In prima linea anche le amministrazioni locali delle aree più colpite, che hanno rimarcato con forza e determinazione la loro partecipazione e il loro supporto alla campagna di lotta.

«La raccolta di foraggio è stata la riconferma che la campagna ha avuto successo – ha fatto sapere la sindaca di Olzai Maria Maddalena Agus –. Di sicuro le cavallette non sono spari­te, ma gli interventi in questo 2024 sono stati nettamente inferiori al 2023, e noi siamo sod­disfatti. C’è però da dire che questa è una zo­na endemica e favorevole per l’ovideposizione, complici le condizioni ambientali e il cambia­mento climatico. Vorremmo che si insedias­se sul territorio un osservatorio permanente, che marcasse le prime avvisaglie e prevenisse l’insorgere di future infestazioni. Quello che ci interessa, ora, è lavorare sul miglioramento di quelle che sono state le criticità che hanno portato a questa invasione. Educare gli alle­vatori e gli agricoltori. Chiedere loro di evitare di compiere quelle azioni che, pur inconsape­volmente, danneggiano il territorio».

«La politica regionale deve adeguarsi alle tipi­cità dei territori: in questo momento è fonda­mentale istruire e giocare sulla prevenzione, l’unica arma che davvero potrà aiutarci per far sì che le infestazioni non avvengano più» ha evidenziato Rita Zaru, prima cittadina di No­ragurume (Nu), uno dei comuni più colpiti, nonché sede della centrale operativa.

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Rita Zaru, sindaca di No­ragurume (Nu)

I paletti Ue per la lotta bio

Guardare al futuro significa anche rivolgere l’attenzione a pratiche innovative di lotta biolo­gica, come ad esempio l’utilizzo del Metharhi­zium.

«Grazie all’autorizzazione del ministero, ab­biamo iniziato a fare prove con il Metarhizium acridum, un fungo entomopatogeno specifico che colpisce solo gli ortotteri appartenenti alla famiglia degli acrididi – ha illustrato Gerardi –. I vantaggi di questa soluzione sono l’estrema selettività della sostanza attiva, la bassa dose necessaria ed il suo alto potere infettivo, che è in grado di scatenare vere e proprie pande­mie».

Le cavallette che entrano in contatto con il fungo si cospargono di spore e, spostandosi alla ricerca di cibo, diffondono la pandemia. Il fungo, inoltre, non è dannosoper le api né per gli altri animali, compreso l’uomo. L’unico limite è rappresentato dal divieto di utilizzo nell’Unio­ne europea. «Questo aspetto, per le prospet­tive future della lotta, rappresenta un grosso ostacolo – ha lamentato Onorato –. Ma poiché la Fao ci ha fornito gli strumenti per gestirlo al meglio, ci siamo rivolti al ministero della Salute, che ci ha concesso un’autorizzazione straordi­naria per il suo impiego a scopo sperimentale. Abbiamo momentaneamente regolarizzato le autorizzazioni e iniziato a fare alcune prove in un’area ridotta di un ettaro, al fine di stabilire i criteri per un utilizzo standardizzato. I primi risultati sono incoraggianti e sembra che il fun­go funzioni bene. La speranza è che trovi la so­lidarietà giusta, al fine di validare una soluzione che ne consenta l’impiego non solo in zone a­gricole, ma anche in aree urbane, per una lotta capillare distribuita su tutto il territorio».

Il gruppo di lavoro per il contrasto alle cavallette dell’Agenzia Laore. Paolo Schirru è il terzo da sinistra (con la camicia bianca), accanto a lui Michele Coinu (in maglia rossa), il sesto da sinistra è Marco Gerardi, mentre Marcello Onorato è al centro con gli occhiali sul petto

Tutti per uno e uno per tutti

La promessa dell’Agenzia Laore è di conti­nuare a dare tutto il supporto tecnico-scien­tifico al territorio. Fondamentale, inoltre, sarà la collaborazione e la cooperazione tra soggetti pubblici e privati: sindaci, ammini­stratori locali e agricoltori verranno istruiti per far sì che il monitoraggio e la lotta passi­no gradualmente alle popolazioni locali. Per fare questo, verrà avviata una strutturata campagna di sensibilizzazione e formazio­ne a 360°.

«Il nostro lavoro non finirà qui – ha promes­so Onorato –. La nostra idea, dopo aver tra­smesso le informazioni importanti ai citta­dini, è quella di mantenere attiva la centra­le operativa. In parallelo, porteremo avanti un’azione più incisiva per insegnare agli stakeholder e alla popolazione locale come creare le condizioni sfavorevoli allo sviluppo dell’insetto. Abbiamo già iniziato a fare for­mazione sul territorio. Adesso è l’agricoltore a dover imparare come avviare da sé il mo­nitoraggio e le forme d’intervento nella pro­pria azienda. In futuro, su grosse superfici ci auguriamo di poter trattare con il Metarhi­zium, ma è l’agricoltore che deve agire nel­la propria azienda e debellare l’infestazione attraverso il suo atomizzatore. L’impegno è minimo, ma è necessario prendere sul serio la faccenda: insieme si può fare la differenza – ha concluso il direttore di Laore –. Parlere­mo anche ai bambini delle scuole elementari, perché è da lì che deve partire la lotta alle cavallette: dalle nuove generazioni».


Come segnalare la presenza dell’insetto in Sardegna

La presenza di cavallette può essere segnalata anche tramite dispositivo mobile:

App Deomarco, scaricabile su Play Store o App Store.

Whatsapp al numero: 333.4928760 indicando: nome, cognome, comune, località e foto.


1L’importanza dei dati meteo per prevedere la schiusa

Ovature di Dociostaurus maroccanus

La schiusa delle uova può essere prevista attraverso un model­lo empirico, suggerito e messo a punto dalla Fao, che sulla base di alcuni dati meteo (temperature e piogge) stima la data di fuoriu­scita delle neanidi di prima età. Il modello, tuttavia, è strutturato e confezionato per funzionare bene in nord Africa e in Asia centrale, e in Sardegna è stato necessario ri­adattarlo alle condizioni climatiche del territorio.

Il conto alla rovescia inizia nel mo­mento in cui si verificano cinque giorni consecutivi con tempera­ture medie giornaliere al di sot­to dei 29 °C: è proprio in queste condizioni che inizia l’accumulo delle piogge. Una volta raggiunti i 100 mm, inizia invece l’accumulo dei gradi giorno. Arrivati a 200 °C (somma dei gradi giornalieri), le uova delle cavallette si schiudono.

Questo modello ha permesso di in­tercettare con una soddisfacen­te approssimazione la fuoriuscita dei primi stadi giovanili. Tuttavia, le variabili sono ancora in fase di calibrazione per far coincidere il più possibile il modello previsionale con i dati raccolti in campo. La diffe­renza tra il calcolato e misurato, in termini di schiusa, diventerà nel tempo sempre più precisa, e tutti questi valori verranno spazializza­ti su una griglia di un ettaro. Per ogni punto presente sulla griglia, il sistema erogherà la data prevista di schiusura delle uova prevista.


2Dociostaurus maroccanus: il ciclo biologico

Esemplare di Calliptamus italicus

Dociostaurus maroccanus è un ortottero appartenente alla famiglia degli acrididi (Ortoptera, Acrididae). La specie è originaria del bacino del mediterraneo (Marocco) e ad oggi è diffusa in nord Africa, Asia occidentale ed Europa meridionale. In gergo viene chiamata “cavalletta marocchina” o anche “cavalletta crociata”, per via della presenza, sul pronoto, di due strisce chiare a forma di “x”, che rendono inequivocabile l’identificazione.

Il ciclo vitale di questo insetto ha durata di un anno, e ha inizio a fine estate con la ovidepo­sizione delle ooteche in terreni incolti, aridi e compatti. Ogni femmina depone dalle due alle tre ooteche, contenenti ciascuna un numero variabile di uova (dalle 20 alle 40).

Dopo la schiusa delle uova, che avviene attor­no a fine marzo, l’insetto attraversa sei fasi: le prime cinque sono un susseguirsi di stadi gio­vanili (tre stadi da “neanide” e due da “ninfa”), e durano all’incirca 32 giorni. In questo perio­do le cavallette sono poco mobili ed incapaci di volare; inoltre, il loro rivestimento esterno chitinoso non è ancora del tutto sviluppato. La comprensione di questo aspetto è molto importante in quanto rappresenta la chiave della lotta: è fondamentale, infatti, intervenire in questa fase in modo tempestivo, quando le cavallette sono ancora vulnerabili.

Gli adulti compaiono a partire dalla fine di mag­gio e vivono all’incirca due mesi. In questo pe­riodo si accoppiano e si spostano alla ricerca di cibo, compiendo fino a 40 km al giorno e distruggendo tutto ciò che trovano.


3L’Emilia-Romagna contro il Calliptamus italicus

Il Dociostaurus maroccanus non è l’unico ortottero che sta com­piendo danni. Un grido d’allarme, infatti, proviene anche dall’Emilia Romagna, ed in particolare dalle zone collinari e pedecollinari del­le province di Rimini e Ravenna, dove negli ultimi anni sono state segnalate consistenti infestazio­ni di Calliptamus italicus, una ca­valletta estremamente polifaga comunemente nota con il nome di “cavalletta dei prati” o “locusta dalle ali rosa”, epiteto che richiama la caratteristica colorazione delle appendici atte al volo.

Un territorio, quello romagnolo, già messo a dura prova dalle alluvioni del maggio 2023, che oggi si trova a dover fronteggiare un’altra ca­lamità naturale, con conseguenze non trascurabili a carico della pro­duzione.

Le cause della proliferazione di queste cavallette sono da ricer­care nel progressivo abbandono dei terreni collinari, nella semplifi­cazione delle rotazioni colturali e nella perdita di sostanza organica, in concomitanza con gli effetti ne­gativi provocati dal cambiamento climatico, come ad esempio i lunghi periodi di siccità e l’aumento delle temperature.

Per contrastare l’invasione di cavallette, la Regione Emilia-Romagna ha pre­sentato alle amministrazioni locali un preciso piano d’azione basato sull’individuazione delle grillare e sul tempestivo intervento contro le forme giovanili. Analogamente al Dociostaurus, infatti, anche nel ca­so del Calliptamus è fondamentale agire nel momento in cui l’individuo è ancora nella fase di neanide, tra maggio e giugno.

La collaborazione di tutti, come sottolineato più volte dalla Regio­ne, rappresenta la vera chiave di svolta per individuare i focolai ed intervenire in maniera tempestiva, localizzando i trattamenti su pic­cole superfici.

La strategia prevede inoltre una campagna di sensibilizzazione dei Comuni interessati dall’invasione ed in particolare degli operatori agricoli, che dovranno essere in­dirizzati verso una differente ge­stione dei terreni collinari. In questo senso, fondamentale la campagna informativa avviata dal Servizio Fitosanitario regionale che ha vi­sto la distribuzione di volantini con le indicazioni principali per il rico­noscimento delle forme giovanili e i riferimenti sul territorio a cui i cit­tadini possono rivolgersi.

I Comuni maggiormente colpiti che aderiscono al piano di contrasto potranno usufruire di un sostegno economico pari al 50% dei costi che andranno a sostenere per effet­tuare i trattamenti insetticidi. Al fine di ottenere i rimborsi è neces­sario eseguire i trattamenti entro il mese di giugno, periodo dopo il quale l’efficacia dei principi attivi è scar­sa o nulla. Aspettare l’estate, in­fatti, è sbagliato, in quanto gli adulti di Calliptamus non sono più abbat­tibili con i prodotti fitosanitari, e i trattamenti verrebbero vanificati.

Qualora le aziende agricole non di­sponessero di macchine idonee ai trattamenti, potranno rivolgersi alle amministrazioni comunali, che provvederanno ad intervenire.

È stata concessa, inoltre, una de­roga ai disciplinari di produzione integrata, valida per l’intero ter­ritorio regionale, per l’utilizzo della deltametrina su erba medica (due interventi consentiti) ed erba me­dica da seme (tre interventi con­sentiti).

La previsione di una tendenza alla stabilizzazione di invasioni cicliche sul territorio è concreta. Pertanto, è necessario agire il prima possibile attraverso una strategia efficace, pianificata per abbassare il poten­ziale distruttivo di questi dannosi ortotteri nel lungo termine.

Precision farming arma letale contro le cavallette - Ultima modifica: 2024-09-15T14:57:35+02:00 da Roberta Ponci

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