Verso la fine del 2015 l’Istat ha pubblicato sul proprio sito internet (http://agri.istat.it) i dati relativi ai consumi nazionali di fertilizzanti nel 2014.
Leggendo il dettaglio e scoprendo che in provincia di Milano si consumano 17 t di perfosfato semplice o che a Mantova non si raggiungono le 20 t di perfosfato triplo, un addetto ai lavori si rende subito conto che qualcosa non quadra.
Inoltre, al ritardo che rende inutilizzabile il dato a scopi tecnico-commerciali, quest’anno, per motivi di tagli alla spesa, si è aggiunta la decisione di non pubblicare il breve report sulla distribuzione per uso agricolo dei fertilizzanti e dei fitosanitari.
Senza dubbio è un danno per gli agricoltori italiani che avrebbero potuto almeno leggere il resoconto generale per cogliere dinamiche e tendenze in qualche modo utili all’attività agricola, considerando che le operazioni di raccolta dati dal sito internet sono abbastanza laboriose. Cercheremo, allora, di dare qualche indicazione elaborando le tabelle Istat per quanto, come accennato, alcuni numeri destano non poche perplessità.
Il dato Istat si basa su dichiarazioni volontarie che vengono fornite da oltre 1600 fabbricanti di fertilizzanti. Ricordiamo che si considera fabbricante anche chi si limita semplicemente ad apporre il proprio nome in etichetta anche se compra il fertilizzante da un produttore e se lo fa confezionare da un’azienda terza.
Una delle prime difficoltà dei produttori (quelli veri) nasce proprio dal dover escludere le vendite alle aziende che si limitano a rietichettare.
Allo stesso modo è estremamente complicato riuscire a fornire il dato provinciale perché non sempre la sede legale del destinatario finale coincide col luogo di effettiva consegna. A questo va aggiunto che il grado di risposta raramente supera il 90% dal punto di vista numerico ma, ad esempio, nel 10% di aziende che non rispondono (sono circa 200) potrebbero essercene qualche decina che, da sole, rappresentano il 20-30% del mercato italiano.
Le interpolazioni non funzionalo
L’Istituto nazionale di statistica cerca di ovviare con interpolazioni che dovrebbero, appunto, sopperire al fatto che non tutti rispondono ma temiamo che questo non faccia altro che accrescere le possibilità d’errore. In generale il dato Istat quasi sempre sottostima i consumi reali, per alcune categorie la carenza del dato è evidente, per altre un po’ meno.
Considerando, però, che in un arco di tempo medio-lungo l’ipotizzata costanza della sottostima riesce comunque a dare utili indicazioni sul trend complessivo, si ritiene che il confronto tra le annate, tra le categorie, tra le unità fertilizzanti, riferito su base nazionale, possa comunque dare indicazioni utili all’operatore del settore ed all’agricoltore in particolare.
Si veda ad esempio il grafico che illustra l’andamento dei consumi italiani tra il 2003 ed il 2014, espresso in unità fertilizzanti dei tre macronutrienti.
Mentre, relativamente a fosforo (espresso come anidride fosforica P2O5) e potassio (espresso come ossido di potassio K2O), si nota chiaramente il progressivo calo d’impieghi, nel caso dell’azoto, dopo il minimo dal 2010, si apprezza un discreto recupero che ha portato, negli ultimi due anni presi in considerazione, ad un consolidamento dei consumi.
Non è, quindi, importante il dato numerico in valore assoluto quanto la tendenza generale ed il rapporto tra i nutritivi.
Ad esempio negli anni 2007 e 2008 i consumi di fosforo e potassio sono stati abbastanza simili mentre si nota che, nell’ultimo biennio, ad un discreto aumento della P2O5 si è contrapposta la stabilità del potassio che, nel 2014, si è attestato a poco più del 60% del fosforo.
I valori doganali sono realistici
Visti i limiti e i pregi del dato statistico relativo ai consumi, ricordiamo che l’Istat (Commercio Estero) fornisce anche i volumi dei fertilizzanti che giungono in Italia dall’estero, in questo caso il dato è legato alle dichiarazioni doganali che, nella maggior parte dei casi, non possono essere falsate.
Ritenendo, pertanto, i valori doganali sufficientemente realistici, abbiamo provato a mettere in relazione le tonnellate di concimi a base azotata che giungono in Italia con gli ettari di cereali coltivati.
Il grafico prende in esame un arco temporale di 15 anni ed evidenzia una buona relazione tra i due elementi presi in considerazione.
Passando all’analisi dei consumi in valore assoluto, la tabella con il confronto 2014/2013 dei consumi nazionali, evidenzia una sostanziale tenuta complessiva.
Nel dettaglio si nota che il forte calo (circa 30%) dei concimi composti binari (in prevalenza si tratta di azoto-fosfatici) è stato in parte compensato da un maggiore impiego di fosfatici e potassici cui si associa l’incremento di circa il 5% degli NPK.
Buona la performance degli organo-minerali che portano a circa il 10% l’incremento 2014 dei concimi a base organica in complesso.
Come già detto, si ritiene che i numeri sono, in generale sottostimati, tuttavia nelle variazioni esiste una logica che, ad esempio, spiega la forte riduzione del consumo d’urea con il calo (-5%) delle superfici investite a granoturco oppure che giustifica l’aumento dei nitrati grazie all’incremento degli ettari seminati a frumento (duro in particolare) nell’annata 2014/15.
Ci si augura che il sistema statistico di rilevazione possa migliorare anche se purtroppo molte sono le difficoltà oggettive che non si riescono a superare.
Gli agricoltori italiani possono continuare a visionare i dati per capire tendenze e anticipare variazioni.
Alla base di tutto ci deve essere però una profonda conoscenza del quadro complessivo del mondo dei fertilizzanti.
Leggi l'articolo completo di grafici e tabelle su Terra e Vita 01/2016 L’Edicola di Terra e Vita