Un’occasione di aggiornamento globale sulla coltivazione del ciliegio. Ecco cosa ha rappresentato il terzo International Cherry Symposium che si è tenuto ieri a Vignola (Modena) riunendo i massimi esperti e ricercatori provenienti da tutto il mondo per fare il punto sugli aspetti che più influiscono su resa e qualità della produzione. Il convegno - organizzato dall’Alma Mater Studiorum Università di Bologna, dal Consorzio della Ciliegia di Vignola Igp e dall’Accademia nazionale di Agricoltura, con la media partnership di Terra e Vita e Rivista di Frutticoltura – si è confermato un appuntamento di grande interesse, come ha dimostrato la presenza di oltre 500 operatori.
A Roberto Della Casa, docente dell’Università di Bologna, il compito di inquadrare strategie di sviluppo e di commercializzazione delle ciliegie. Ciliegie che, ad esempio, potrebbero essere valorizzate come prodotto snack, a uso soprattutto dei più giovani, o accentuando origine locale, tradizione e stagionalità nel caso dei consumatori più anziani. Comune alle due strategie la necessità di varietà performanti legate a un calendario commerciale strutturato e la selezione non distruttiva della qualità con l’utilizzo delle tecnologie per garantire la cosiddetta “qualità coerente”.
Da qui in poi, gli interventi sono stati più di ordine tecnico. Amandine Boubennec, del Ctifl – Centre opérationnel de Balandran (Francia) ha riepilogato i principali obiettivi e le metodologie attualmente utilizzate dai breeder per ottenere produzioni di alta qualità: «In media servono 20-30 anni tra l’atto di ibridazione e la commercializzazione di una singola varietà licenziata. Ma chi può prevedere come sarà il mercato tra 20-30 anni? Senza dimenticare che, oltre la genetica, vale come un prodotto è coltivato, commercializzato e comunicato al consumatore». In Francia, anche se le nuove varietà sono sempre di più, quelle di riferimento sono cinque, in grado di concentrare il 60% della produzione.
«L’evoluzione di architetture della chioma ad alta densità su ciliegio rende subito disponibile uno spettro di portinnesti precoci che limitano il vigore, aumentando l’efficienza del frutteto sotto diversi punti di vista tra cui l’intercettazione e la distribuzione della luce all’interno della chioma; la fioritura, lo sviluppo del frutto e l’uniformità di maturazione; la gestione equilibrata del carico produttivo per l’ottenimento di frutti di alta qualità – ha spiegato Gregory Lang (Department of Horticulture, Michigan State University, negli Stati Uniti). – Altri vantaggi sono: strategie semplificate per lo sviluppo e il mantenimento del legno a frutto e per la riduzione del lavoro di potatura manuale; la meccanizzazione parziale per la potatura e la raccolta; l’utilizzo di coperture protettive per mitigare il rischio di danni da pioggia, grandine, gelo e vento; una migliore gestione della difesa per la protezione da insetti e malattie». Per il ciliegio dolce, la maggior parte di questi vantaggi sono ottimizzati da chiome in parete strette e piane, come la forma di allevamento “Ufo” e le sue varianti.
“Verso l’alta densità: nuovi portinnesti e sistemi di impianto nel ciliegio” era invece il titolo della relazione di Martin Balmer (Dienstleistungszentrum Ländlicher Raum – Rheinpfalz, Rheinbach, in Germania). Weigi 2 è risultato il portinnesto leggermente più nanizzante, ma anche quello meno produttivo, senza però effetti negativi sul calibro del frutto.
Considerando i portinnesti semi-nanizzanti, Weigi 1, Weigi 3, Gisela 13 e Gisela 17 sembrano essere simili sia nella vigoria che nell’efficienza produttiva. Le prove sulle forme di allevamento hanno mostrato come - anche con piante di ridotte dimensioni- la resa e la qualità possano essere simili a quelle realizzabili con allevamento a fusetto, anche se in molti casi le performance di raccolta possono essere migliorate. Inoltre, si è visto come la potatura meccanica debba essere combinata con una potatura manuale di correzione per evitare ridotte dimensioni del frutto e scarse performance di raccolta.
Tra i parametri qualitativi più apprezzati Guglielmo Costa, professore dell’Università di Bologna, ha ricordato dimensione, dolcezza e colore della buccia dei frutti. Proprio la dolcezza e il tipico gusto di ciliegia sembra mancare nelle ciliegie di oggi. Molti parametri, peraltro, possono essere migliorati attraverso la tecnica colturale, in particolare l’applicazione di regolatori di crescita e la realizzazione di coperture fisiche degli impianti. È questo il caso delle dimensioni dei frutti e del colore della buccia.
Riguardo la qualità post-raccolta, poi, Marco Dalla Rosa, ordinario al Dipartimento di scienze e tecnologie agroindustriali, dell'Università di Bologna, ha spiegato: «Alte pressioni idrostatiche, campi elettrici pulsati, plasma freddo e osmo-disidratazione possono venire impiegati per la trasformazione di ciliegie e amarene, con ottenimento di prodotti di buona qualità e shelf-life medio-lunga. Il confezionamento del fresco e dei prodotti finiti mediante l’utilizzo di atmosfere modificate, in combinazione con la scelta dei film più adatti può essere una ulteriore soluzione per migliorare la conservabilità dei prodotti».
Moritz Knoche (Institute of Horticultural Production Systems, Leibniz University Hannover, in Germania) ha tenuto alta l’attenzione del pubblico parlando di cracking. L’ipotesi che le spaccature siano causate da un eccessivo assorbimento di acqua e da un successivo aumento del turgore cellulare non è dimostrata, mentre acquista sempre più credibilità la teoria della “cerniera lampo”. Teoria che offre una spiegazione plausibile per la spaccatura del frutto, coerente con tutte le scoperte sperimentali attuali. L’idea di identificare la ciliegia con un palloncino contenente una soluzione zuccherina circondata da una buccia tesa è una semplificazione eccessiva e non realistica. Al contrario, le spaccature devono essere viste come un fenomeno localizzato. Questa ipotesi spiega anche il fatto che le relazioni tra assorbimento di acqua e spaccature siano altamente variabili e che l’applicazione di agenti formanti film-strategie di copertura con l’obiettivo di ridurre l’assorbimento di acqua non ha particolare successo nel ridurre le spaccature.
Nicola Mori (Dipartimento di Agronomia, Università di Padova) ha chiuso con un interessante intervento sulla difesa da Drosophila suzukii, insetto che ha letteralmente cambiato la cerasicoltura degli ultimi anni. Per una efficace difesa della coltura vanno utilizzati tutti i mezzi di contenimento: agronomici-colturali (gestione chioma, cotico erboso, bordure, raccolta), fisici (reti anti-insetto), biotecnologici (cattura massale, lure&kill) impiego di parassitodi e chimici. Solo così si può pensare di mantenere economicamente conveniente e sostenibile la convivenza tra pianta ospite e fitofago.
Nel pomeriggio, José Quero Garcia (Inra, Université de Bordeaux, Francia) ha illustrato le nuove tecniche e gli obiettivi nel miglioramento genetico del ciliegio: «La produzione di ciliegie deve affrontare sfide molto significative, sia in relazione alle conseguenze del cambiamento climatico, su scala mondiale, sia all’emergenza di nuovi parassiti e malattie. Ma, date le difficoltà, tre sono gli obiettivi principali: primo, un’intensificazione della collaborazione tra i breeder, tra i genetisti e tra genetisti e breeder, nei singoli stati come a livello internazionale; secondo, il rafforzarsi dei collegamenti tra le istituzioni di ricerca pubbliche e i breeder privati, ma anche frutticoltori, vivaisti e in generale, tutti gli attori coinvolti nel settore cerasicolo; terzo, una maggiore organizzazione e strutturazione del settore del ciliegio dolce, in particolare nell’Unione Europea». Insomma, fare sistema è una priorità anche in fatto di ricerca. Per oggi, giornata conclusiva del Simposio, sono previste le visite tecniche nei ceraseti di Vignola, a Ferrara e nel Veronese, dove i partecipanti potranno vedere da vicino l'innovazione messa in atto da aziende e vivai all'avanguardia.