Cimice asiatica, fate presto!

Più che uno stato dell’arte sulla difesa, il convegno di Futurpera è sembrato un bollettino di guerra. Non solo Vespa samurai, ecco le altre contromisure

La frase chiave è sempre la stessa: integrazione dei mezzi di difesa. Al convegno conclusivo del World Pear Forum, dedicato alla lotta alla cimice asiatica, esperti e ricercatori hanno ribadito l’importanza di contenerla attraverso una strategia integrata degli strumenti oggi a disposizione: monitoraggio, difesa chimica, difesa biologica, impiego l’utilizzo di antagonisti e nuove sperimentazioni molto promettenti.

Così, se la Vespa samurai (Trissolcus japonicus), il parassita naturale su cui sono riposte tante speranze, dovrebbe essere lanciata già dalla prossima primavera (con ricadute benefiche che però arriveranno dopo 2-3 anni), gli studiosi e i tecnici dei Servizi fitosanitari regionali continuano a cercare soluzioni per cercare di limitare i danni. Danni che i produttori faticano a contenere perché – ha ricordato Elisa Macchi, direttrice del Cso Italy, sono devastanti in termini economici e sociali. «Quest’anno cimice asiatica e maculatura bruna hanno ulteriormente aggravato i problemi dovuti all’andamento climatico - ha detto Macchi -. Parliamo di danni che nel Nord Italia e solo per le pere si attestano su 267 milioni di euro con una perdita occupazionale valutata in oltre 337mila giornate uomo. E, facendo una proiezione della potenzialità produttiva dell'Emilia Romagna, al 2022 potrebbe significare un altro 10% in meno rispetto a oggi, con un'ulteriore perdita di 1.700 ettari nei prossimi tre anni. Per questo le strategie di difesa contro cimice e maculatura bruna sono più che mai essenziali».

Su cosa si sta lavorando

«Le cimici asiatiche – ha spiegato Lara Maistrello del Dipartimento di scienze della vita (Unimore) – si riproducono richiamando la femmina attraverso vibrazioni del substrato, utilizzando quelli che sono i cosiddetti feromoni di aggregazione. Interferire con questo meccanismo potrebbe essere una strada interessante per impedirne la moltiplicazione. In questi anni abbiamo studiato anche i suoi antagonisti naturali, già presenti in campo, come l’Anastatus bifasciatus, sui quali si stanno facendo diversi studi e che potrebbe rappresentare una possibilità interessante di contenimento biologico».

Anche Luca Casoli del Consorzio fitosanitario di Modena e Reggio Emilia ha spiegato le attuali strategie per debellare l’insetto in Emilia Romagna e gli studi sui parassiti naturali, già presenti in campo. «La lotta alla cimice può avere una qualche efficacia solo se prevede una strategia integrata territoriale, che utilizzi tutti i mezzi attualmente a disposizione. Mezzi che sono sicuramente il monitoraggio, per capire come si muove la cimice e come si disloca nel frutteto. Poi la difesa insetticida, che dipende dal tipo di infestazione e dalle caratteristiche del frutteto, e le reti che, come sappiamo, non sono totalmente efficaci perché la cimice è dannosa in tutti gli stadi evolutivi, dunque anche quando può passare attraverso le reti. Presi singolarmente questi elementi hanno dei limiti ma, se integrati tra loro in modo corretto, possono contribuire al contenimento del fenomeno».

Il felice caso del nocciolo

Una speranza per il contrasto alla cimice arriva dalle strategie di difesa attuate in Piemonte per il nocciolo. Luciana Tavella del Dipartimento di scienze agrarie dell’Università di Torino ha spiegato l’importante lavoro svolto per contenere la cimice su una delle colture più importanti della regione. «Anche noi, come i nostri colleghi stiamo studiando le dinamiche di accoppiamento – ha detto la Taverna – perché dopo lo svernamento le cimici rispondono immediatamente ai feromoni di aggregazione. In quel momento, quando escono per colonizzare le colture, si può pensare di catturarle. Se si riesce a intercettarle si può ad esempio trattare il bordo del frutteto per impedire la sua entrata. In Piemonte, visti i gravi danni subiti nel 2017, abbiamo costituito l’Osservatorio cimice asiatica che ha fatto un eccezionale lavoro di monitoraggio e permesso di emettere bollettini di diffusione per definire trattamenti mirati sul nocciolo. Il che ha permesso di passare dal 70-80% di danni del 2017 al 4-5% del 2018. Ora stiamo studiando ancora meglio la cimice e una speranza arriva sicuramente da uno studio sulle sue uova. Appena nasce, infatti, la cimice riesce a sopravvivere perché rimane sull’ovatura, dove c’è un particolare tipo di batteri che la tengono in vita. Batteri che possono essere debellati con sostanze naturali come acido citrico e rame, dunque una lotta che può integrare quella chimica».

Cimice asiatica, fate presto! - Ultima modifica: 2019-12-01T17:06:45+01:00 da Raffaella Quadretti

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