Una grande crescita in termini di consumi, di produzione e di prezzi sta interessando il comparto della frutta secca. Infatti, rispetto a qualche anno fa la frutta a guscio sta vivendo un momento di rilancio grazie al nuovo posizionamento nel reparto ortofrutta che ne valorizza l’immagine salutistica. È Francesco Natoli, presidente della Federazione nazionale della frutta a guscio di Confagricoltura, a definire il quadro positivo del settore.
“Grazie al forte aumento dei consumi - sottolinea Natoli - il mercato italiano della frutta secca oggi vale, in base agli ultimi dati di Fruitimprese, quasi un miliardo di euro”. L’Italia vanta infatti una posizione di primo piano a livello internazionale: secondo le stime di Nucis, l’associazione che raggruppa le imprese della frutta secca e disidratata, il nostro Paese è il secondo player mondiale nella produzione di nocciole (130mila tonnellate) e il nono nella produzione di noci (15mila tonnellate). Il terzo prodotto italiano come volumi, anche se in questo caso poco rilevante a livello mondiale, è rappresentato dalle mandorle (7.500 tonnellate). L’Italia produce inoltre 2.500 tonnellate di pistacchi e 600 mila tonnellate di pinoli.
“La corilicoltura - fa sapere sempre Natoli - è oggi un segmento in evoluzione in tutte le regioni italiane, ad esempio nel Lazio e in Piemonte”. Le stime di Nucis indicano per il 2016 una produzione di 130mila tonnellate di nocciole su circa 68.600 ettari coltivati ma entro il 2022 si prevedono altri 20mila ettari di investimenti, pari a un incremento del 30% in superficie e del 40% in volume.
Grande interesse riveste oggi anche la nocicoltura: in Italia si consumano circa 50mila tonnellate di noci all’anno, ma la produzione nazionale soddisfa appena un quarto di questo fabbisogno e per questo sono stati avviati nuovi progetti per incrementare le produzioni.
“Al settore servono però – avverte il presidente nazionale della Federazione di prodotto – più sinergie tra produttori e istituzioni, una spinta maggiore verso l’associazionismo sul modello delle mele che in Trentino Alto Adige hanno costruito dei brand di successo. Dobbiamo imparare a far conoscere e valorizzare in maniera più sistematica e organizzata le nostre produzioni, ad esempio un prodotto di eccellenza come il Pistacchio di Bronte”.