Tra anomalie climatiche e problemi fitosanitari, il 2020 non ha lasciato scampo a quasi nessuna specie frutticola. Prima pesche e albicocche colpite dalle gelate, poi le pere per la maculatura bruna e ora il kiwi, ancora alle prese con la morìa. La morìa dell'actinidia è stata il focus della riunione di lunedì 21 settembre tra Comitato fitosanitario nazionale, Mipaaf e Crea, che hanno dato il via, dopo l’appello della Regione Lazio, a una nuova task force nazionale per coordinare le attività di ricerca e di definire le linee guida per la gestione dell’emergenza.
Fondamentale il ruolo della ricerca
«In seno al Comitato fitosanitario si è deciso di avviare uno specifico gruppo di lavoro che vedrà la partecipazione dei territori interessati, dove verrà seguito il modello di lavoro già sperimentato per affrontare il problema della cimice asiatica. A tal fine la ricerca giocherà un ruolo determinante per la soluzione della questione. Nella speranza che la task force appena costituita possa trovare nel tempo una soluzione alla morìa – afferma Giuseppe L’Abbate, sottosegretario sottosegretario alle Politiche agricole – il Ministero si attiverà per valutare i danni in campo e per cercare di sostenere le imprese maggiormente colpite, anche in considerazione dell’impossibilità di potersi assicurare».
Il Crea si è già attivato con i suoi diversi Centri di ricerca e sono state intraprese sperimentazioni di pieno campo volte a ottimizzare alcune tecniche agronomiche per la riduzione dei ristagni nel terreno, la gestione dell’irrigazione per ridurre l’apporto di acqua nel suolo, la validità di alcuni portinnesti nel contenere il fenomeno, il ruolo di funghi e batteri anaerobi nel causare sintomi di deperimento delle piante. Questi aspetti vanno ulteriormente indagati per chiarire quali siano le varie relazioni che intercorrono tra i singoli parametri e avere così un quadro esaustivo da cui poter elaborare soluzioni efficaci.
Due tavoli tecnici: nazionale e della Regione Lazio
«La morìa dell'actinidia è una patologia che porta a un progressivo deperimento della pianta fino alla morte della pianta stessa. Una sindrome che, manifestatasi dal 2012 nell'area del basso veronese, oggi ha interessato anche il territorio del Lazio, in particolar modo la provincia di Latina. Parliamo – afferma l’assessore all’Agricoltura della Regione Lazio, Enrica Onorati - di una situazione estremamente complessa e di difficile interpretazione, date le numerose casistiche osservate. Le piante di kiwi che ne rimangono colpite manifestano, infatti, avvizzimenti della parte aerea della pianta e una riduzione della pezzatura dei frutti, con particolare compromissione dell'apparato radicale, con marcescenza diffusa delle radici di minore diametro».
Dall'esito degli studi finora condotti, spiega l’assessore, si sta delineando l'ipotesi per cui il fenomeno della moria è la conseguenza di più cause che insieme concorrono ad alterare la vitalità degli apparati radicali fino a comprometterne la funzionalità.
«Come Regione – dichiara Onorati - abbiamo messo in campo una serie di azioni a livello nazionale e regionale. Il 14 agosto ho personalmente scritto alla ministra Bellanova per chiedere l'istituzione della cabina di regia nazionale, dove poterci confrontare sul piano tecnico e decisionale, coordinando la ricerca interdisciplinare in essere e condividendo i protocolli di indagine e di analisi per mettere, a beneficio comune e nel più breve tempo possibile, le diverse esperienze di studio. Abbiamo inoltre richiesto che venisse istituito, in seno al Servizio Fitosanitario nazionale, il gruppo di lavoro tecnico-scientifico per la moria del kiwi e che venisse iscritto un apposito punto sulla moria all'ordine del giorno della prossima Commissione Politiche Agricole della Conferenza delle Regioni. In parallelo, con la nostra direzione regionale, abbiamo istituito un tavolo di coordinamento regionale, insediatosi il 15 settembre - al quale sono seduti gli istituti di studio e di ricerca e le rappresentanze di categoria - per approfondire la conoscenza del fenomeno e ragionare insieme su sperimentazioni e rimedi utili a contrastare il fenomeno nel Lazio. Mi preme sottolineare – conclude l’assessore - quanto sia necessaria e fondamentale la collaborazione delle aziende, dei loro agronomi e delle associazioni di categoria per la raccolta di tutti i dati inerenti le piante, dalla loro tracciabilità agli eventuali interventi messi in campo».
Morìa dell'actinidia: un quadro complesso
La situazione è preoccupante per la difficoltà nel comprendere bene le cause e per la diffusione che sta avendo. Gli ultimi dati disponibili (tratti dalla rivista di Frutticoltura n. 7/2020, vedi sotto) dicono che in Italia la morìa dell'actinidia ha interessato oltre 3.000 ha (il 12% dell’intera superficie coltivata ad actinidia), ma stime di quest’anno delineano un quadro ben peggiore con circa il 27% degli actinidieti (6.834 ha) italiani compromessi. La provincia di Verona è stata la prima a segnalare il problema nel 2012, che attualmente riguarda 2.000 ha su un totale di 2.382 (84%), alla quale sono seguite le Regioni Piemonte (2.754 ha, il 66%) e Lazio (2.000 ha, il 20%).