Agricoltori liberi di muoversi? Non sempre e non ovunque

Il caso della quarantena imposta a un bracciante agricolo in Calabria a cui è stato impedito di lavorare i campi. Dopo il ricorso accolto dal Tar, il Consiglio di Stato dà invece ragione al provvedimento restrittivo imposto dalle autorità locali

Un provvedimento singolare è stato adottato dalla terza sezione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale che ha emanato, in data 30 marzo 2020, un Decreto in merito al ricorso iscritto al numero di registro generale n.2825/2020 contro il Comune di Corigliano e la Regione Calabria, entrambi non costituiti in giudizio.

Il ricorso riguardava il caso di un bracciante agricolo a cui era stato notificato dal sindaco del comune di Corigliano l’obbligo di quarantena domiciliare fino al 3 aprile 2020, per aver violato l’ordinanza n.12/2020 emanata dalla Regione Calabria.

Le ragioni del ricorrente

Il ricorrente, nel censurare il decreto cautelare del Presidente Tar Calabria, sosteneva di non essere positivo al virus, né di aver avuto recenti contatti con persone contagiate, nonché di lavorare in un settore come l’agricoltura, non bloccato dai provvedimenti in vigore, lamentando quindi il pregiudizio consistente nel non poter lavorare rischiando così il licenziamento.

Le motivazioni della pronuncia

Il Consiglio di Stato ha però ritenuto inammissibile il ricorso presentato al Tar Calabria, che aveva dato ragione al bracciante agricolo, ricordando che il provvedimento regionale ed il decreto esecutivo del Sindaco sono stati adottati «in giorni caratterizzati dal pericolo concreto e imminente di un trasferimento massivo di persone e di contagi, dalle regioni già gravemente interessate dalla pandemia, a quelle del Mezzogiorno, con la conseguenza che gli atti dei Governatori hanno, ragionevolmente, imposto misure anche ulteriormente restrittive quale prevenzione».

Secondo i giudici queste disposizioni «fortemente compressive di diritti anche fondamentali della persona - dal libero movimento, al lavoro, alla privacy –» sono state adottate in nome di un valore di «ancor più primario e generale rango costituzionale, la salute pubblica». Per queste ragioni, prosegue la decisione, «la gravità del danno individuale non può condurre a derogare, limitare, comprimere la primaria esigenza di cautela avanzata nell'interesse della collettività, corrispondente ad un interesse nazionale dell'Italia oggi non superabile in alcun modo».

Tanto c’è la Cassa integrazione…

Inoltre il Consiglio di Stato ritiene che le conseguenze dal mancato lavoro per il bracciante agricolo siano compensate dalle misure adottate dal Governo per attutire gli effetti del mancato lavoro (cassa integrazione in deroga, indennità una tantum, etc.), oltre alle misure di soccorso emergenziale per esigenze alimentari.

Da una sentenza del genere deriva in pratica che, fino a quando non terminerà lo status di quarantena imposto dalle autorità, non sarà possibile lasciarle proprie abitazioni per andare a lavorare nei campi, rispettando in toto le disposizioni previste anche in ambito locale.

Agricoltori liberi di muoversi? Non sempre e non ovunque - Ultima modifica: 2020-04-01T19:50:32+02:00 da Lorenzo Tosi

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