È diffusa l’idea che per vedere l'innovazione in azienda agricola, soprattutto ad elevato contenuto tecnologico, si debbano avere agricoltori molto giovani, meglio se nativi digitali, merce rarissima per altro, come ben noto. Non è così. E per rendersene conto bastava partecipare a uno dei due eventi conclusivi del progetto AgriManager 2018, organizzato da Emil Banca e Agri 2000.
In quelle due sere, il 31 gennaio a Reggio Emilia e il 1 febbraio a Minerbio (Bo), a farla da padrone sono stati gli 11 protagonisti delle case histories selezionate tra le oltre mille imprese agricole coinvolte nel progetto.
Imprenditori a tutto tondo, tutti grosso modo sulla mezza età. Con una buona esperienza alle spalle e cioè una formazione anche sul campo. Parlo di quell’esperienza con la “E” maiuscola, capace di rendere coraggiosi, ma prudenti, come un vero imprenditore deve essere, di selezionare le innovazioni, tecniche e organizzative, se e quando funzionali al proprio business. Quell’esperienza che ti rende “robusto” a sufficienza da poterti fidare nell’intraprendere una collaborazione e nel metterti in rete per raggiungere, meglio, un obiettivo comune.
Innovare per soddisfare il consumatore
Sì, perché innovare non è un obiettivo, evidentemente, ma uno strumento. E l’imprenditore vero sa che il vero obiettivo è soddisfare quella che il grande Michele Ferrero chiamava “la signora Valeria” e cioè il consumatore finale.
Far sì che si passi dalla cosiddetta “supply chain” (la catena di fornitura), dove il “fornitore” agricoltore deve letteralmente spingere il pesante carro della filiera del prodotto, fino al consumo finale, a una “value chain” (catena del valore), dove a tirare il “carro” è il consumatore che sceglie e cerca il prodotto. Un approccio che apre lo sguardo dell’imprenditore e detta le scelte sempre in funzione di un obiettivo di mercato.
Una propensione per l'innovazione
In questo il progetto AgriManager, che puntava a indagare la propensione all’innovazione nelle aziende agricole delle province emiliane, ha fornito segnali incoraggianti ed evidenziato alcuni dati solo apparentemente sorprendenti. E cioè che circa la metà degli agricoltori di quel territorio ha introdotto innovazioni nell’ultimo biennio (anche d’avanguardia, come i sistemi per l’agricoltura di precisione) e oltre il 90% di questi risulta soddisfatto dell’investimento. Investimento, sì, perché si apprende anche che il 94% degli innovatori ha utilizzato risorse proprie (il 62% in maniera esclusiva).
Gli imprenditori agricoli emiliani, almeno quella parte di essi, sono in grado di trainare il comparto, avendo capito che, oggi come mai prima, non conta essere grandi ma occorre essere veloci o meglio smart.