I microelementi (principalmente Co, Cu, Fe, I, Mn, Mo, Se e Zn) sono nutrienti essenziali per le specie animali, e sebbene richiesti in piccole quantità nell’ordine di mg o meno, devono essere forniti attraverso la dieta. Svolgono numerose funzioni di tipo strutturale, fisiologico, catalitico e regolatore e pertanto sono fondamentali per garantire la salute e il corretto funzionamento del sistema immunitario, per promuovere la crescita, le produzioni e le funzioni riproduttive (Suttle 2010).
Tuttavia, oltre a essere nutrienti essenziali sono anche metalli pesanti e quindi potenzialmente tossici (Goldhaber 2003). Per questa ragione, i loro flussi nell’organismo animale sono strettamente regolati e i surplus vengono escreti attraverso le feci e le urine (Windisch 2002) accumulandosi nell’ambiente. Devono essere pertanto somministrati in concentrazioni ottimali e in accordo con i fabbisogni che variano in funzione del periodo di crescita e sviluppo dell’animale e del ciclo produttivo. A oggi risulta ancora difficile stabilire i loro fabbisogni per gli animali e generalmente le stime sono basate sul livello minimo necessario per evitare il manifestarsi di sintomi da deficienza e non necessariamente per promuovere la produttività.
D’altra parte, là dove si spinge verso la produttività, come nel caso dell’allevamento intensivo, si incorre facilmente in un impiego eccessivo di questi elementi, ben al di sopra dei fabbisogni fisiologici degli animali (López-Alonso 2012). In un moderno contesto di produzione sostenibile, nasce pertanto la necessità di stabilire nuove raccomandazioni, specialmente per Cu e Zn spesso impiegati come promotori di crescita, che rappresentino il giusto compromesso tra necessità e limiti.
In questa ottica, dovrebbero essere presi in considerazione nuove strategie alimentari in grado di aumentare la loro biodisponibilità, permettendo di ridurne i livelli di somministrazione e conseguentemente gli output nell’ambiente.
Scopo dello studio
Lo scopo dello studio è stato studiare la possibilità di ridurre l’aggiunta di Zn in diete per suini post-svezzamento confrontando le performance di crescita di suinetti che ricevevano bassi livelli di zinco microincapsulato o dosi farmacologiche di ZnO.
Cosa è stato fatto
144 suinetti Landrace x Large White, svezzati a 28 d e 7.1 kg, sono stati divisi in 36 box (2 maschi e 2 femmine/box) e assegnati ai seguenti trattamenti: 1) dieta di base senza aggiunta di Zn che forniva 50 mg/kg nella prima fase e 45 mg/kg nella seconda; 2) dieta di base con aggiunta di ZnO a 3000 mg/kg; 3) dieta di base con aggiunta di ZnO microincapsulato a 300 o 800 mg/kg che forniva ZnO a 150 o a 400 mg/kg rispettivamente (Zincoret-S, 50% di ZnO e 50% di matrice lipidica; Vetagro spa, Reggio Emilia).
I suini sono stati pesati individualmente all’inizio dello studio, a 14 e alla fine della prova (42 d). Sono stati misurati l’ingestione di alimento per box, la crescita giornaliera e la resa alimentare. Ai giorni 7 e 14 sono state punteggiate le feci: 1, soffici ma formate; 2, feci pastose verdi o brune; 3) feci viscose di colore chiaro; 4) feci fluide e chiare; 5, feci acquose, in continuo.
Ai giorni 14 e 42, su 6 suini per trattamento sono stati prelevati campioni di intestino (ileo) per l’effettuazione dei rilievi sulla mucosa e sui villi intestinali. Allo stesso tempo sono stati raccolti campioni di sangue per la valutazione del contenuto in Zn.
Performance di crescita
e Zn nel plasma
Tutti gli animali hanno evidenziato un buono stato di salute durante la prova e la mortalità è stata dell’1% e non influenzata dal trattamento. Il “punteggio fecale” non era significativamente diverso tra i trattamenti e in media pari a 1.32. Le performance di crescita sono in tabella 2. Rispetto al controllo, a 14d e alla fine della prova sia il pZnO che il mZnO-800 davano incrementi ponderali migliori di circa il 18-22% e quindi a fine prova tutti i gruppi trattati con ZnO protetto o meno pesavano dai 1.6 ai 2.2 kg in più rispetto agli animali del controllo.
La fonte di Zn influenzava molto la sua concentrazione nel sangue: il livello 3.000 mg/kg faceva rilevare il più alto livello superiore di circa il 60% rispetto al controllo e allo Zn protetto a 14 giorni e del 300% a fine prova. Le tesi con Zn protetto avevano quindi una concentrazione di Zn significativamente più bassa rispetto alle 3.000 ppm di ZnO e pari a quelle del controllo.
Rilievi intestinali
A 14 giorni l’altezza dei villi intestinali per il trattamento mZnO-800 era significativamente più elevato rispetto al controllo e allo Zn 3.000 mentre era uguale al mZnO-300. Alla fine della prova invece l’altezza dei villi del trattamento 3.000 era più elevato rispetto a tutti gli altri trattamenti.
Migliori performance
L’impiego di livelli di inclusione dello Zn dai 2.000 ai 3.000 ppm nelle diete per suini in svezzamento è una pratica molto diffusa in tutto il mondo e i benefici sono provati. Tuttavia i crescenti problemi di inquinamento ambientale porta il legislatore europeo a una politica restrittiva sulle escrezioni di metalli pesanti nei reflui. In questa prospettiva lo scopo dello studio è stato di verificare se la protezione con microincapsulazione permetta di ridurre l’uso farmacologico dello Zn durante lo svezzamento.
Molti studi evidenziano come lo Zn permetta l’aumento dell’ingestione di alimento e quindi le performance di crescita. Sembra che questo sia spiegato dall’aumento di IGF-1 (fattore di crescita insulino-simile) e dell’espressione dei suoi recettori nella mucosa intestinale che stimolano l’ingestione attraverso la secrezione della grelina nello stomaco.
Ci sono tuttavia molti studi che invece evidenziano un miglioramento delle performance senza aumento dell’ingestione. È anche quello che è stato evidenziato nello studio sopra descritto. Altri studi spiegano le migliori performance dovute all’aggiunta di Zn attraverso il miglioramento dello stato sanitario dell’intestino e/o all’aumento delle funzioni immunitarie dovute al suo effetto antiossidante e antinfiammatorio.
Nello studio presentato in questo articolo, l’aumento dell’altezza dei villi verificato al 14 giorno di prova può essere dovuto a un migliorato stato sanitario dell’intestino dei suini con benefici quindi in termini di assorbimento dei nutrienti e spiegare così le migliori performance zootecniche rilevate. I più bassi livelli di zinco nel sangue in risposta ai minori dosaggi nelle diete lasciano supporre una grande diminuzione dello zinco nelle feci salvaguardando quindi l’ambiente dagli effetti negativi della presenza di metalli pesanti nei reflui degli animali.
Alternativa alle dosi farmacologiche
L’ZnO microincapsulato somministrato a un dosaggio di 150 o 300 mg/kg ha dimostrato, soprattutto al livello di 300 mg/kg, la stessa efficacia della dose farmacologica di 3.000 mg/kg nel promuovere e sostenere la salute intestinale nelle prime due settimane post svezzamento, come rivelano i dati dell’istometria intestinale, dei mediatori dell’infiammazione e delle proteine TJ (dati non presentati in questo articolo).
Si evidenziano inoltre performance confrontabili per tutte le 6 settimane della prova. Quindi in un contesto legislativo dove le politiche sullo zinco e sui metalli pesanti impiegati negli animali sembra evolvere rapidamente verso ulteriori riduzioni, lo Zn microincapsulato può essere un’alternativa alle dosi farmacologiche dello Zn.
L'articolo completo di tabelle sarà presto disponibile sulla Rivista di Suinicoltura n. 10 e sul sito web www.suinicoltura.edagricole.it, nella sezione Edicola web.