Cresce lentamente, ma costantemente, il numero di robot di mungitura installati in Italia. Secondo le stime fatte dai costruttori, nelle stalle della penisola ce ne sono circa 400, il 25% in più rispetto al 2011. Numeri assoluti non eccezionali, certamente non paragonabili a quelli di paesi come Olanda, Francia o Germania, ma che, soprattutto nelle percentuali di crescita, testimoniano l'attenzione degli allevatori nostrani verso questa tecnologia, le cui promesse sono davvero allettanti: drastica riduzione della presenza dell'uomo in stalla, aumento di produzione per vacca e anche maggior benessere e salute degli animali.
Tutto stupendo, dunque. Ma tutto questo quanto costa? Facendo il più venale dei ragionamenti, quanto deve tirar fuori un allevatore per affrancarsi da un obbligo di presenza che sfiora le 24 ore al giorno? Ma soprattutto: l'investimento ha anche un ritorno di tipo economico oppure costituisce una mera spesa per garantirsi una vita più tranquilla?
La risposta a queste domande - e all'ultima in particolare - chiaramente può far assumere all'acquisto di un robot prospettive assai diverse. Nelle prossime pagine cercheremo di fare un po' il punto su costo e ammortamento di un impianto di mungitura automatizzato; in seguito sentiremo da qualche allevatore “robotizzato” se e quanto gli obiettivi che si era prefissato al momento dell'acquisto sono stati raggiunti.
Costi e produttività
Cominciamo con un po' di numeri: il prezzo di un robot, chiavi in mano, va dai 120 ai 140mila euro, a seconda del costruttore e dello sconto che si riesce a strappare. Un altro parametro fondamentale è la capacità di lavoro, anch'essa ormai arcinota: ogni impianto riesce a gestire tra le 60 e le 70 vacche, non di più. Vale a dire una spesa di duemila euro per capo. Concludiamo, infine, con il terzo e importantissimo numero: il costo della manodopera, ovvero ciò su cui il robot può far risparmiare le cifre più consistenti. Lo stipendio medio di un mungitore varia a seconda dei contratti provinciali, ma si può fissare, per comodità, in 25mila euro l'anno lordi, con un massimo di 30mila.
Il primo e più elementare calcolo è dunque praticamente immediato: un robot che sostituisse completamente un mungitore si ripagherebbe in meno di cinque anni. Calcolo semplicissimo, ma anche impreciso, visto che non considera una serie di variabili, alcune delle quali assai rilevanti. Prima di tutte, la produttività umana: un operaio che lavori a tempo pieno nella stalla gestisce, con una buona sala di mungitura, un po' più di 70 vacche.
Tuttavia possiamo già trarre una prima conclusione: un allevatore che avesse tra i 70 e 80 capi e non avesse tempo di dedicarsi a essi personalmente, può con una certa tranquillità acquistare un robot ed essere certo che con il risparmio sui costi di manodopera lo ripagherà in cinque o al massimo sei anni. Naturalmente è un calcolo che non considera il lavoro del titolare; impegno che, come vedremo dalle esperienze raccolte, è comunque richiesto.
Cosa dicono i costruttori
Per affinare un po' i nostri calcoli chiediamo aiuto a chi queste macchine le vende. Inutile precisare che i costruttori hanno un evidente interesse a far risaltare i vantaggi e minimizzare gli svantaggi del robot. D'altra parte va anche detto che i numeri sono numeri e con la matematica non si può giocare più di tanto; perciò le cifre che riportiamo sono corrette e verificabili da chiunque.
Un approccio interessante al problema è quello che cerca di valutare non tanto il costo del robot in rapporto a quello dell'operaio, ma più in generale l'efficienza della macchina e dell'uomo. Secondo alcuni studi effettuati, la produttività per addetto in una stalla tradizionale con buone attrezzature è di circa 500mila litri di latte l'anno: vale a dire che un operaio gestisce tra le 60 e le 70 vacche (abbiamo considerato una produttività media per capo piuttosto bassa). La stima tiene conto non soltanto delle ore fatte dal dipendente, ma del lavoro umano complessivo, incluso dunque l'impegno del titolare in ufficio o nella gestione del personale. Con lo stesso monte-ore, sostengono i costruttori, i robot gestiscono fino a un milione e mezzo di litri.
Dunque, a parità di ore di lavoro umano il robot ha una produttività tripla rispetto alla stalla con mungitura tradizionale. Naturalmente, tutto ciò ha un costo, ed è quello dell'impianto, di cui parleremo in seguito.
Con una semplice moltiplicazione possiamo quindi stabilire che una stalla da 140 capi richiede la presenza di quasi due addetti, per circa 4mila ore di lavoro l'anno. Due robot, in grado di mungere più o meno lo stesso numero di capi, comportano invece meno di 1.300 ore di lavoro umano. Un risparmio, dunque, di oltre 2.700 ore di lavoro l'anno, pari a circa 34mila euro (consideriamo un costo orario di manodopera di 12,5 euro). Facciamo ora entrare in gioco il prezzo dei robot, che è attorno ai 260mila euro. Un banale calcolo in base al risparmio sui costi di manodopera ci dice che in 8 anni circa si compensa la spesa fatta (costo del robot diviso il risparmio annuo in manodopera).
Tuttavia in questo computo non abbiamo considerato due variabili importanti: il costo del finanziamento e l'incremento di resa per vacca provocato, come testimoniano gli allevatori che lo usano, dal robot.
Partiamo dal mutuo: con un finanziamento settennale alle migliori condizioni reperibili, abbiamo una rata di 3600 euro al mese (iva esclusa); dunque un costo totale di 302mila euro. L'incremento di produttività è invece stimabile tra il 10 e il 15%. Prendendo un valore medio (+13%) il nostro allevatore con 140 capi avrà 130mila litri di latte in più, pari a circa 50mila euro l'anno (calcolando un prezzo di 38 centesimi al litro).
Rifacciamo dunque le somme: 302mila euro di costo complessivo, a fronte di un maggior introito (tra risparmio di manodopera e maggior produzione di latte) di circa 80mila euro. Non abbiamo considerato voci secondarie, come il costo di manutenzione (circa duemila euro l'anno) e, sul fronte opposto, il risparmio sulle spese sanitarie dovuto alla maggior sanità della mammella e della vacca in generale, ma anche introducendo queste variabili il risultato non cambia di molto.
Azienda Zanello, Udine
Fin qui, la teoria. Sempre meglio, però, verificare i calcoli sul campo. Per farlo abbiamo sentito due allevatori che hanno scelto di lavorare con il robot.
Si tratta di due realtà piuttosto simili tra loro: due piccole stalle che di fronte alla scelta tra chiusura e assunzione di personale hanno deciso di provare con la mungitura automatica.
Cominciamo dalla prima, che si trova in provincia di Udine, a Talmassons. La conduce la famiglia Zanello, allevatori da generazioni. Quattro anni fa, ci spiega Otello, il capofamiglia, «ci siamo trovati di fronte alla scelta tra chiudere o assumere personale, perché io e i miei figli non riuscivamo, da soli, a mandare avanti l'azienda agricola, quella di lavorazioni in conto terzi e l'allevamento, che allora contava una novantina di capi in mungitura. Visto che la spesa per un operaio era alta, abbiamo scelto una strada totalmente diversa: abbiamo ridotto la mandria di una ventina di capi e con i soldi delle quote e delle vacche abbiamo comperato un robot di mungitura che, nelle nostre previsioni, avrebbe dovuto sostituire il lavoro di un uomo».
Tutto ciò accadeva quattro anni fa. Fino a che punto si sono rivelate corrette le valutazioni? E in quanto tempo si prevede di ammortizzare la spesa?
«Conti veri e propri sull'ammortamento non ne ho fatti; come ho detto, per noi era importante soprattutto non avere più una persona vincolata alla stalla. Da quel punto di vista, le cose vanno meglio ma non quanto avevamo preventivato. Nel senso che effettivamente il robot munge da solo e dà una certa libertà all'allevatore, ma comunque una presenza umana nel corso della giornata è sempre necessaria. Per capirci, non si può prendere e sparire per tutto un giorno, bisogna passare regolarmente dalla stalla per controllare che tutto funzioni. Poi ci sono gli allarmi: una vacca che non esce dalla gabbia, uno sbalzo di corrente, un problema all'alimentazione idrica; tutte cose che ti costringono a interrompere il lavoro che stai facendo per andare a vedere cosa succede».
Dunque, allevatori soddisfatti, ma con qualche distinguo: «Nel senso che il robot ci ha dato molta libertà, ma non tutta quella che speravamo».
Azienda Fezzardi, Mantova
Situazione di partenza quasi identica per il mantovano Paolo Fezzardi. Con la differenza che in questa stalla, sitata a Medole (Mn), non è stato necessario ridurre le vacche, visto che quelle in mungitura non superano quota 65, ovvero il numero ideale per un robot. Con il padre ormai settantenne e la campagna da mandare avanti, Fezzardi ha scelto il robot piuttosto che il mungitore. «In pratica con i soldi che spenderei per un operaio mi pago la macchina, con la prospettiva di coprire il costo nel giro di cinque anni e successivamente guadagnarci qualcosa», ci spiega.
A un anno e mezzo da quella valutazione, Fezzardi sembra soddisfatto di come si evolvono le cose. «Per ora va tutto come previsto. Siamo certamente più liberi, anche se qualche giro nella stalla lo devi fare, come ci avevano detto. Peraltro, meglio più volte al giorno per brevi periodi piuttosto che due o tre ore al mattino e poi non farsi più vedere. Se tieni sotto controllo le cose - compreso i dati sulla qualità del latte che la macchina ti fornisce - riesci a gestire molto bene la mandria. Sai che vacca sta male, quella che potrebbe avere problemi e riesci a prendere le contromisure prima che il problema si manifesti. Così eviti gli antibiotici e risparmi sulle spese sanitarie. In più, e non è poco, non devi buttare via il latte».
Per quanto riguarda l'incremento produttivo, è presto per fare stime. «Intanto posso dire che non c'è stato un calo. Sembra poco, ma con lo sconvolgimento totale della mungitura causato dal robot, non è un dato da trascurare; anzi, pensavamo che in un primo tempo la produzione scendesse. In realtà abbiamo visto anche qualche piccolo incremento, nell'ordine del 3-5%, per quegli animali che vanno a farsi mungere più volte. La vera crescita, se ci sarà, si vedrà a partire dal secondo anno. Ma con una media produttiva di 120 quintali per capo è anche difficile crescere ulteriormente».