Le lavorazioni conservative, dette anche a basso impatto ambientale, comprendono gli interventi eseguiti sul terreno che non prevedono il tradizionale rovesciamento della fetta. Un primo passo, in sostituzione dell’aratura, può essere fatto con l’adozione di lavorazioni ridotte alla profondità di 20-35 e l’uso di diverse tipologie di attrezzature che di norma portano in serie organi di lavoro costituiti da denti ricurvi di varia foggia combinati con dischi lisci oppure ondulati, per terminare posteriormente con il rullo compattatore. Con queste lavorazioni si conseguono significativi risparmi energetici ed economici avendo scarse ripercussioni sulle produzioni rispetto alle lavorazioni tradizionali.
La semina diretta, anche con le combinate
Un passo successivo è la semina diretta, che viene effettuata da seminatrici combinate che eseguono contemporaneamente la lavorazione superficiale del terreno e la semina della coltura, con un solo passaggio. Si ottiene così una lavorazione più veloce e meno intensa, cioè che rispetta ancora di più il terreno e si addice sia ai terreni sciolti sia a quelli tenaci con presenza di residui colturali mentre possono creare qualche difficoltà su terreni semi-plastici. Per la semina diretta con combinate è necessario l’accoppiamento delle macchine operatrici con trattori di medio-alta potenza causa il notevole peso dell’attrezzatura e la necessità di favorire la perfetta deposizione del seme alla profondità desiderata. Sul versante delle seminatrici combinate è in atto un’intensa attività da parte delle ditte costruttrici che mira a rivedere la progettazione dei rotori (sia la geometria sia il numero) dell’erpice, ad aumentare la velocità di lavoro con l’utilizzo di organi supplementari, e a inserire i concetti di modularità e polivalenza.
La semina su sodo
Il gradino più alto nella classifica della massima semplificazione possibile nella gestione del terreno è rappresentato dalla semina su sodo che è una tecnologia da ritenere ormai matura grazie alla presenza sul mercato di macchine capaci di aggredire il residuo “da sopra”, e di avere un peso sufficiente per compiere un taglio del terreno sovrastato dai residui colturali anche se sono molto consistenti. Si tratta di unità di semina composta da più elementi, con un’ampia gamma di soluzioni che si adattano ad ogni condizione di lavoro.
Per il futuro i costruttori si stanno indirizzando verso una polivalenza di impiego (a righe e di precisione) e verso lo studio di sistemi che evitino l’intrappolamento del residuo nel solco di semina (hairpinning). A corredo di queste macchine vanno segnalati i decompattatori i quali, a differenza dei ripuntatori, portano un’ancora “ a lama” e decompattano il terreno senza disturbare la superficie del terreno. Se l’azienda ha la necessità di un leggero interramento del residuo colturale, ci sono attrezzature di soccorso che combinano su un unico telaio utensili con zappette laterali abbinate a dischi e rulli, oppure i classici strigliatori.
Numerosi vantaggi ambientali
Le tecniche di lavorazione conservativa offrono vantaggi ambientali non indifferenti, peraltro ormai riconosciuti a livello delle amministrazioni locali ed europee ed in particolare:
1) Riduzione dell’ erosione
2) Sequestro del carbonio
3) Controllo della lisciviazione dei nitrati nella falda
E’ noto che l’erosione idrica causa una notevole perdita di suolo agrario (anche fino a 10 t/ha dopo un evento piovoso di forte intensità) e porta all’inquinamento dei corpi idrici. I residui colturali lasciati in superficie dalle lavorazioni conservative attenuano il fenomeno o lo eliminano nei casi di copertura totale del suolo.
La sequestrazione del carbonio
L'effetto positivo delle tecniche conservative nei confronti del sequestro del carbonio è duplice:
1) riduzione delle emissioni di CO2 per minore impiego di energia fossile: con le minimelavorazioni si ottiene riduzione di emissione di CO2 nell’atmosfera pari a 108 - 135 kg/ha che sale a 162-243 kg/ha con la non lavorazione o semina su sodo per il solo effetto dei minori consumi di gasolio;
2) maggiore accumulo nel terreno per una minore mineralizzazione della sostanza organica: il passaggio alle tecniche di agricoltura conservativa consente al terreno di accumulare carbonio e quindi sequestrare un quantitativo di CO2 oscillante tra 0,5 e 2,8 t/ha per anno.
Complessivamente quindi si arriva a emettere da 0,8 a 3 t/ha in meno di CO2 per anno.
In altre parole, il terreno agricolo diventa attrattore e sequestratore di CO2 (contribuendo alla sua riduzione a livello nazionale) piuttosto che una possibile fonte di inquinamento.
Considerando una superficie nazionale a seminativi di circa 12 milioni di ettari e una potenzialità nell’adozione delle tecniche di lavorazione semplificata del suolo del 30%, si può ridurre le emissioni di 3,3 a 12,5 Mt di CO2 all’anno (17-65% della riduzione nazionale prevista entro il 2012).
Dunque se il ruolo dell’agricoltura conservativa nella mitigazione degli effetti climatici sembra di poco conto in realtà con una politica oculata, è possibile ottenere grandi risultati con bassi investimenti.
Per quanto riguarda le perdite di nitrati nelle acque profonde, con la semina su sodo, rispetto alle lavorazioni convenzionali, si ottiene un abbattimento del 40% della concentrazione di nitrato nelle acque di falda (da 56 a 33 ppm) e una riduzione del 21% delle perdite di azoto nelle acque (in tre anni da 318 a 252 kg di N/ha)
Attenzione ai costi e al reddito
Se l’aspetto ambientale viene favorevolmente migliorato dalle lavorazioni conservative, questo non sempre succede dal punto di vista economico. Le lavorazioni semplificate, a parità di altri fattori, non provocano un aumento di produzione, per alcune colture la mantengono, per altre la penalizzano. I costi di produzione sono sempre più bassi e quindi talvolta il reddito può aumentare e la massima convenienza si verifica in particolare quando i prezzi di mercato sono bassi.
I cali di produzione sono abbastanza generalizzabili (specie nelle colture primaverili) e caratteristica dei primi anni di transizione in cui il terreno ha bisogno di un periodo più o meno lungo per assestarsi alla nuova gestione. Al termine di questo periodo di passaggio, le produzioni dovrebbero tornare alla normalità
Nel breve periodo è più vantaggioso, dal punto di vista economico, adottare tecniche di minima lavorazione piuttosto che la semina su sodo, ma i vantaggi ambientali sono di minore entità
Per la semina su sodo i vantaggi ambientali sono massimi, ma spesso non è economicamente praticabile se non si tenta di limitare la riduzione delle rese attraverso la definizione di una corretta pratica agronomica.
Come limitare la riduzione delle produzioni
La riduzione della rese delle colture nei primi anni di adozione delle tecniche di gestione conservativa del terreno può derivare dal verificarsi di fenomeni di compattamento. Infatti la mancanza di aria nel terreno compattato limita l’attività microbiologica e riduce la degradazione dei residui e la formazione di sostanza organica. Per questo occorre porre grande attenzione al traffico dei veicoli nell’appezzamento, come pure provvedere a una opportuna decompattazione con apposite attrezzature. I principali consigli pratici per accompagnare opportunamente il cambio di lavorazione del terreno, passando dall’aratura alle tecniche conservative possono essere così riassumibili:
• Scelta del momento ottimale e tempestività di intervento di tutte le operazioni specie la raccolta della coltura precedente
• Organizzazione dei cantieri di trasporto
• Traffico controllato (corsie di traffico)
• Decompattazione come intervento curativo con le attrezzature già accennate in precedenza.
Altre pratiche importanti sotto questo aspetto sono la fertilizzazione organica, l’introduzione di prati o colture miglioratrici nella rotazione, la riscoperta delle colture da sovescio (cover crops).
Nella gestione dei residui colturali è bene favorirne la distribuzione, la miscelazione e la degradazione anche con pratiche meccaniche e agronomiche e la scelta della varietà o dell’ibrido va orientata sui materiali genetici che hanno dato i migliori risultati sui terreni lavorati con le tecniche conservative.
La scelta della seminatrice e dell’epoca di intervento sono determinanti per favorire un’emergenza ottimale, che è il primo fattore di successo e il presupposto necessario per puntare alle massime rese.
E’ necessaria un’attenta pianificazione
In generale, il nuovo approccio ad una gestione del terreno più ecocompatibile comporta per l’agricoltore anche un cambiamento di strategia nella tecnica e nella scelta dei prodotti per il diserbo e una revisione dei piani di concimazione, sia per quanto riguarda le quantità che le epoche di distribuzione. Dunque va sottolineato con forza che l’adozione di tecniche conservative può essere affrontata senza ripercussioni economiche solo se si pianificano con grande perizia tecnica tutti gli interventi colturali, adattandoli alla nuova realtà. L’imprenditore agricolo deve essere competente e tempestivo e deve sempre mettere in conto che occorre un certo numero di anni perché il terreno raggiunga un nuovo equilibrio durante i quali le produzioni possono essere penalizzate. Le situazioni sono aggravate dalla bassa concentrazione di s.o dei nostri terreni.
Visto dalla parte dei costruttori di macchine agricole, è altresì da considerare che la diffusione delle tecniche conservative penalizzerà alcuni settori (aratri, erpici rotanti, trattori) e ne avvantaggerà altri (seminatrici da sodo, decompattatori, irroratrici, spandiconcime) e che a tutti i livelli è fondamentale promuovere azioni di educazione e formazione per comprendere ed acquisire i principi e le modalità di esecuzione di questa nuova tecnica.
In conclusione possiamo affermare che il cambiamento delle tecniche di lavorazione del terreno ha determinato variazioni negative di produzione. Il calo produttivo è dovuto al passaggio a un diverso livello di fertilità che necessita di molti anni ritrovare un nuovo equilibrio. Ma le riduzioni di resa possono essere notevolmente ridotte affinando la tecnica. La non lavorazione offre risultati decisamente superiori a tutte le altre lavorazioni per quanto riguarda gli aspetti di impatto ambientale (sostanza organica, nitrati e gas serra) quindi è opportuno applicarla ove è possibile senza compromettere il bilancio aziendale.
Le Amministrazioni locali molto possono fare in questo contesto. La regione Veneto è stata la prima in Italia a comprendere l’importanza ambientale della gestione del terreno e ha introdotto nel suo PSR 2007-2013 la misura 214 i- azione 1 che sostiene la semina su sodo per ridurre le emissioni di gas a effetto serra, ridurre le esigenze energetiche e per la capacità del sodo di preservare gli stock di carbonio del suolo, diversamente dalle lavorazioni meccaniche tradizionali. L’impegno per l’agricoltore si traduce nell’applicazione della semina su sodo per 5 anni per tutte le colture in rotazione (su almeno 25% della sup. a seminativo) e l’entità dell’aiuto prevede un premio dell’importo di 400 euro/ha.
(*) L’autore è dell’Università di Padova