I 5.400 ettari coltivati e le 150mila tonnellate di frutti raccolti confermano, anche per il 2013, la strategicità della coltivazione del melo per l’agricoltura piemontese.
La melicoltura della regione subalpina sta dunque attraversando una fase di espansione delle superfici, supplendo per lo più agli spazi lasciati liberi dall’actinidia colpita da batteriosi e al pesco, causa il calo di competitività. Dal canto suo, la coltura del melo introduce prospettive interessanti e pare lanciata verso nuove sfide di sviluppo da affrontare al meglio con gli strumenti resi disponibili dalla ricerca applicata.
Si guarda dunque al futuro e competitività con l’obiettivo di tradurre in pratica i più recenti frutti della ricerca: il tema ha dato vita all’annuale convegno del Creso a Manta, nel Cuneese
Esperienze e prospettive si rincorrono già nel primo intervento, dedicato all’innovazione varietale: ambito delicato e strategico perché sempre connesso alle dinamiche variabili del mercato.
Gruppi varietali
Ad oggi, il maggiore appeal propende per il frutto a buccia rossa, cui il territorio è tradizionalmente ben predisposto: lo ha confermato Lorenzo Berra che, partendo dall’analisi attuale dai gruppi varietali di riferimento (in Piemonte le varietà Gala e Red Delicious sono le più coltivate, con il 37% e 32% dell’areale, seguite da Golden, 16%, Fuji, 6%, Ambrosia*, 5%)
Nelle varietà Gala, Red Delicious, Fuji e Ambrosia* (sempre più di rilievo nel paniere varietale piemontese) emerge in particolare il connubio – definito ‘virtuoso’ - tra un sovracolore sempre più esteso e intenso e lo status pedoclimatico dell’areale pedemontano che valorizza i caratteri estetici e organolettici.
«Con riferimento ai gruppi varietali più diffusi, Creso sta osservando alcune interessanti novità, che in qualche caso ha già indirizzato alla sperimentazione estesa (SchniCo Gala Schniga®, Stark Gugger Red Velox®, Fujiko*, a titolo d’esempio)».
La ricerca si è anche rivolta alla messa a punto di varietà resistenti a ticchiolatura e competitive dal punto di vista merceologico e qualitativo: e ciò con azioni sinergiche tra la genomica e l’innovazione varietale applicata, a contrasto della principale avversità fungina del melo (Venturia inaequalis) con approccio ecosostenibile. Alcuni dei nomi più promettenti già avviati da Creso alla sperimentazione estesa sono Fujion*, Renoir*, Inored Story®.
I portinnesti
Complementare all’innovazione varietale è l’ambito relativo ai portinnesti, trattato da Davide Nari. Oltre ai portinnesti di riferimento più diffusi, va ricordata la partenza – proprio quest’anno - della sperimentazione in pieno campo di MM116, che sta dando prova di elevata vigoria e rinnovo vegetativo (ben adatta per la Red Delicious).
Numerose selezioni in prova a Manta, inoltre, sono tese a individuare portinnesti idonei al reimpianto, poco polloniferi e dotati di differenti classi di vigoria in modo da adattarsi alle varie cultivar. Da segnalare la serie americana di recente introduzione Geneva® (G11, G41, G214, etc.).
Il convegno ha rimarcato la strategicità della ricerca in relazione ai punti chiave dello sviluppo fisiologico del melo per rendere più efficiente il processo, minimizzare l’utilizzo di agro farmaci, ridurre i costi di produzione, massimizzare la qualità. Non ultima, è stata evidenziata l’importanza del diradamento da parte di Graziano Vittone e Alessio Pavarino che hanno descritto le attività di ricerca.
Nell’ambito del Progetto “Ager – Qualità della mela”, il Creso diretto da Silvio Pellegrino e l’Università di Bologna stanno studiando l’impiego di nuove molecole, ma la frontiera più interessante è rappresentata dall’approccio “meccanico” con impatto-zero sull’ecosistema.
Il Colpo di fuoco non fa paura
Conclusivi, ma di particolare attualità, gli interventi di Chiara Morone, (servizio fitosanitario regionale), e Luca Nari che hanno focalizzata la minaccia del colpo di fuoco batterico (Erwinia amylovora) per il melo e riferito delle azioni per isolare i focolai segnalati nel 2013.
Come detto, non si tratta allo stato attuale di un’emergenza, né di un problema particolarmente diffuso (lo confermano dati del monitoraggio di Creso). Ma è bene riferire agli operatori della presenza – pur sporadica – di tale batterio non solo su pero, ma anche sul melo, richiamando accorgimenti e modalità operative in caso di eventuali sintomi dubbi.