La pericoltura è in affanno. Da buona ultima, dopo la crisi delle mele di pianura qualche decennio fa e quella perdurante delle pesche e nettarine, anche le pere, produzione tipica delle aree del bacino del Po, dopo avere vissuto annate positive e redditizie per i frutticoltori, da alcuni anni non è più quel comparto in grado di “risollevare” i bilanci delle molte aziende interessate come pure dell'indotto intero. Il continuo lievitare dei costi di produzione, l'impossibilità di ottenere prezzi di vendita remunerativi, almeno tali da coprire i costi di produzione, in un mercato gestito da un numero sempre inferiore di acquirenti e, non da ultimo, l'altalenare della produzione (causata prioritariamente dalle gelate primaverili), sono solo alcune delle cause possibili della difficile situazione della pericoltura. Partiamo dalle cause della disaffezione al consumo di pere; quali sono? Sono tantissime le analisi di esperti di marketing e di illustri economisti, a volte anche contraddittorie, che mostrano la contrazione dei consumi nazionali, di tutti i Paesi in genere e la conseguente situazione difficile dell'ortofrutticoltura.
Perché anche la pericoltura è andata in crisi
Una delle cause, forse la principale, è la crisi economica che da anni ci sta attanagliando senza prospettive di un rapido ritorno ad un equilibrio accettabile attualmente; in vari Paesi la riduzione del potere di acquisto va ad incidere non solo sui beni voluttuari, ma anche sull'alimentazione e, come capita spesso, il primo prodotto a scomparire da tavola è proprio la frutta in generale, nonostante le campagne di sensibilizzazione dei Ministeri competenti relative al forte incremento dell'obesità, soprattutto infantile. Ma tant'è; quando non ci sono disponibilità finanziarie, da ultima viene ridotta l'alimentazione. Non si può non denunciare poi l'elevato prezzo esposto nei punti vendita, siano questi parte o meno della distribuzione organizzata. Purtroppo, anche in questo caso vale la regola del “superfluo” e se per gli alimentari definiti fondamentali, tipo la pasta, ci si trova di fronte a prezzi vari e comunque tutto sommato contenuti, la stessa cosa non si può dire per la frutta dove pare valga la regola di un prezzo fisso o quasi, che non tiene conto del costo di produzione e del margine a favore della produzione, ma solamente di stabilire un prezzo fisso nel tempo, in genere elevato e comunque percepito dai più molto elevato, che riduce le possibilità di acquisto di tanti. Non dimentichiamo quale terzo aspetto la globalizzazione che porta su tutti i mercati e soprattutto in quelli europei e in qualsiasi periodo dell'anno tutte le specie immaginabili di frutta. È evidente che l'offerta di tutti i prodotti ortofrutticoli durante tutto l'anno crea incertezza nelle scelte ed una sicura frammentazione di acquisto. Di contro però, nuovi prodotti possono rappresentare nuove opportunità; sono i casi oggi legati quasi esclusivamente alle mele a marchio creato ad hoc per la valorizzazione di una nuova varietà dotata di buone o ottime caratteristiche qualitative; in alcuni casi, supportati da un ottimo prodotto di base, i risultati sono stati eccellenti (un esempio per tutti è Pink Lady®, anche se è il logo ad essere diffusamente affermato). Un'altra motivazione è legata al sapore dei frutti delle varietà di pere coltivate. Non è certo un assurdità affermare che le migliori “performance” anche in termini di sapidità dei frutti si ottengono da impianti di età compresa tra i 5 ed i 15 anni, mentre nei frutteti datati e in presenza di squilibri nutrizionali tale caratteristica si riduce fortemente. Inoltre, la possibilità di conservare a lungo i frutti di alcune varietà sembra non possa esimersi dall'utilizzo di trattamenti post-raccolta sicuramente atossici (come l'1MCP) che però bloccando l'emissione di etilene ostacolano di fatto la maturazione fisiologica dei frutti; questi dopo il canonico periodo di raffreddamento non acquisiscono più le normali caratteristiche organolettiche (consistenza e sapore). In verità l'utilizzo di questa tecnica è stata messa a punto su specie frutticole come le mele che danno un'ottima risposta, ma non altrettanto per le pere. Il consumo della pera è da sempre legato alle persone mature che gradiscono frutti dolci, fondenti, poco acidi e aromatici. Le medesime caratteristiche non sembrano particolarmente apprezzate dai giovani, che mirano invece a frutti croccanti, dolci. Non dimentichiamo poi che il pero non gode della possibilità di avvalersi di un unico portainnesto come avviene nel melo il che comporta disformità di prodotto. Notoriamente i cotogni, che abbreviano la fase improduttiva, danno origine nei primi anni a frutti di calibro importante, ma soffrono in particolare la presenza di elevate percentuali di calcare attivo nel terreno; di contro i franchi o i cloni derivati si adattano bene ai terreni difficili, ma arrivano a produzione alcuni anni più tardi e sono in genere più vigorosi.
I portinnesti
A questo riguardo è bene fare il punto della situazione proprio sui portinnesti. Nell'ultimo ventennio, dopo la corsa all'intensificazione della densità e il ricorso a portinnesti deboli, il Cotogno EM C viene utilizzato sempre meno in virtù delle caratteristiche negative mostrate nel tempo; alberi spesso troppo deboli e con problematiche fisiologiche, calibro e soprattutto forma dei frutti ridotta, moria di piante a seguito delle elevate temperature estive, elevata sensibilità all'asfissia radicale lo fanno preferire ai soli “professionisti” e non lo si può allargare a tutti i produttori in egual misura. Queste caratteristiche negative ne hanno ultimamente decretato il declino, anche da parte dei vivaisti che sono alla ricerca di altre opportunità. Il Cotogno Adams (selezione del cotogno di Angers) e l'MH (di Est Malling), entrambi ancora poco conosciuti, sono ritenuti potenzialmente interessanti; il primo sta mostrando caratteristiche simili all'EM C, ma con minori problematiche fisiologiche e di disaffinità, mentre l'MH conferisce un vigoria intermedia tra EM C e SYDO ed origina un numero di frutti per pianta ed un calibro simile a quelli ottenuti su Sydo, con un albero più contenuto e la possibilità di mettere a dimora impianti a maggiore densità. Se Adams è un portinnesto “datato” e riscoperto ultimamente grazie alla sanità e all'uniformità degli alberi che origina, MH in diversi impianti commerciali e nei primi due anni di vita sta mostrando moria di piante che disseccano in brevissimo tempo, manifetsando dapprima un imbrunimento delle foglie che, poi, in pochi giorni disseccano (come fossero state bruciate). Tuttora non se n'è compresa la causa, ma oltre a questi sintomi esterni il soggetto MH risulta completamente inscurito e non produce nuove radici. E' in atto una valutazione approfondita alla ricerca delle cause e di una possibile cura, anche se si teme una grande sensibilità alle fitoplasmosi. I Cotogni Sydo e BA29, il primo derivante da una selezione del cotogno di Angers ed il secondo da una selezione del cotogno di Provenza, unitamente all'EMA, ripreso in considerazione delle sue buone performance, sono utilizzati per gli impianti a media densità e chiudono il gruppo dei cotogni. Ci si attendeva di più dai cloni di franco ottenuti dall'incrocio di OHxF, nonostante quelli ad elevata vigoria (Daytor® ad esempio) diano discrete performance, ma inferiori a Pyriam® ad esempio utilizzando quest'ultimo negli impianti a bassa densità. Daygon® e Daymir® non sembrano avere apportato granché se non la resistenza ad Erwinia amylovora e la possibilità di coltivare pero in aree difficili (terreni limosi, ma non asfittici). È poi da considerare che gli OHF, soprattutto nei primi 5-7 anni di vita, possono originare frutti disformi e con caratteristiche non rispondenti a quelle tipiche della varietà. Da ultimi i franchi e gli alberi autoradicati. Il loro utilizzo avviene nelle aree estreme dell'Emilia-Romagna e per combinazioni di innesto difficili e disaffini al cotogno. Conferiscono agli alberi una produttività molto elevata, ma piuttosto ritardata. Di sicuro non soffrono né l'asfissia, né il calcare elevato, ma sono utilizzati esclusivamente per gli impianti a bassa densità. Dopo i Fox 11 e 16, alcuni ricercatori del Dipsa di Bologna stanno mettendo a punto nuovi genotipi di franco per ovviare il problema della disaffinità tipica dei cotogni e, al tempo stesso, ridurre la taglia degli alberi ed il periodo improduttivo. Notoriamente la sperimentazione sui portinnesti deve essere sufficientemente lunga per poterli valutare a fondo, ma i primi risultati ottenuti sul nuovo materiale di Bologna mostrano che fra i nuovi genotipi quelli maggiormente interessanti sono C19, C91 ed E82. Recentemente, dallo stesso programma di miglioramento genetico è stato licenziato il Fox 9 (ndr). Detto dei portinnesti e delle loro caratteristiche, pare scontato che fatta la scelta della varietà da coltivare ci si attenda una produzione elevata ed in tempi brevi. Oggi però non è così!
I fitoplasmi ed altre problematiche fitosanitarie
Da diversi anni non è scontato riuscire ad avere impianti completamente efficienti. Mi riferisco ad una serie di problematiche fitosanitarie (fitoplasmosi) e/o fisiologiche (disaffinità di innesto) che per i primi 6-7 anni possono colpire le giovani piante; non è impossibile vedere nei giovani impianti alberi sofferenti, con vegetazione ridotta, che arrossiscono le foglie già da fine luglio e che nell'annata successiva comunque, nonostante possano apparentemente risanarsi, non riescono a raggiungere né la vegetazione né la produzione degli alberi sani. Negli anni 80 si ebbe la comparsa abbondante di queste problematiche come del resto avviene oggi. Qual è il problema se qualche decina di piante o un centinaio rimangono “povere”, poco produttive? Oggi se i nuovi impianti non sono completamente efficienti, con gli attuali costi di produzione e commercializzazione così elevati, la mancanza anche del solo 5% di alberi e la relativa perdita di prodotto può creare insopportabili perdite di bilancio. I principali responsabili rimangono i fitoplasmi: da ricerche fatte sia in Francia che in Italia, se è vero che le piante innestate su cotogno durante la stagione invernale auto-risanano, è altrettanto vero che questi alberi, tranne rari casi, non muoiono, ma sopravvivono con poca vegetazione, non producono e se lo fanno danno origine a frutti di qualità scadente. Uno studio effettuato dall'ufficio tecnico di Apo Conerpo con il supporto di alcuni ricercatori del Dista di Bologna (dott. Pollini e Ratti) e del Servizio Fitosanitario Obbligatorio di Modena, ha messo in risalto l'incidenza della fitopatia e la sua evoluzione nel tempo già a partire dalle piante provenienti da vivaio. Nella provincia di Modena sono stati mappati e valutati per 5 anni consecutivi oltre quindici mila alberi di età compresa tra 0 e 5 anni e sono stati valutati per 3 anni consecutivi impianti di pero per oltre 200 ettari con il medesimo obiettivo. Le analisi molecolari (RT PCR) effettuate su oltre 700 campioni nel periodo hanno messo in risalto quanto segue: già negli astoni provenienti dal vivaio si possono avere percentuali di piante colpite variabile, ma anche oltre il 20%; queste durante l'inverno mostrano all'analisi PCR solo la presenza del DNA del fitoplasma (che significa la presenza di individui morti), ma nei primi due anni di vegetazione hanno sviluppo vegetativo molto ridotto e sono maggiormente aggredibili nuovamente dai fitoplasmi stessi. Le piante sintomatiche a luglio-agosto (foglie rosse) sono sicuramente infette e nell'anno successivo ripresenteranno la stessa problematica, oltre che un minore sviluppo vegetativo; purtroppo, però, anche gli alberi asintomatici possono essere infetti e manifestare solo nell'anno successivo gli stessi sintomi.
Variazioni nella pericoltura europea: chi cresce e chi cala
Queste sono solo alcune motivazioni che stanno portando ad una regressione delle superfici coltivate a pero nelle poche aree vocate di alcuni Paesi Ue. Ma non è una situazione sistematica per tutti; in Europa, infatti, la coltivazione del pero sta evolvendo diversamente a seconda delle aree di produzione, come attestato da diverse statistiche, in diversi incontri e convegni, non ultimo Interpera 2014, ma il consumo ovunque si è ridotto; anche nei Paesi produttori ed in quelli particolarmente virtuosi nei consumi di ortofrutta (Italia, Spagna) la riduzione è costante e progressiva. In Francia, negli ultimi anni, la pericoltura si è ridotta drasticamente raggiungendo oggi 6.000 ettari, la metà rispetto a una decina di anni fa; oltretutto gran parte della produzione è composta da varietà precoci ed in parte è dedicata alla trasformazione industriale. Anche la Spagna sta seguendo il trend francese avendo oggi investiti a pero circa 26.000 ettari, un terzo in meno di 10 anni fa. Tantissime negli ultimi anni le estirpazioni soprattutto della cv. Blanquilla (Spadona Estiva), a causa della difficoltà nella gestione dell'albero (troppo vigoroso e di difficile controllo anche con l'impiego del Paclobutrazolo). Altri Paesi hanno optato per scelte opposte; Belgio, Olanda e Portogallo stanno incrementando la superficie destinata alle pere. Se da un lato la pericoltura portoghese è in aumento grazie al basso costo della manodopera che permette l'immissione sul mercato delle pere a prezzi più bassi degli altri Paesi, Belgio e Paesi Bassi hanno fatto una scelta strategica, abbandonando sempre più la coltivazione del melo e sostituendola con le pere. In quest'ottica il dato belga parla molto chiaro; la pericoltura ha raggiunto rapidamente i 9.000 ettari e due anni fa le pere avevano superato la produzione delle mele in continuo regresso. Di contro, l'Italia, da sempre il maggiore produttore europeo di pere ed il secondo a livello mondiale (dopo la Cina), mostra una riduzione delle superfici coltivate, anche se in modo più contenuto di altri Paesi. I dati statistici mostrano una costante diminuzione, che da oltre 41.000 ha di fine 2007, si è ridotta a 31.000, con un -14% in Emilia-Romagna ed una fortissima regressione (-35%) in tutto il resto del Paese. A farne le spese sono quindi state le aree marginali e poco idonee del nostro Paese, ma negli ultimi anni la superficie si va riducendo nella pianura Padano-Veneta. In quest'ottica si potrebbe allora affermare che se si è ridotta la superficie, di pari passo si è anche ridotta la produzione, ma anche in questo caso occorre fare chiarezza. Grazie al miglioramento delle tecniche, all'estirpazione di molti frutteti obsoleti, di varietà poco produttive e all'intensificazione “ragionata” della densità per ettaro, in questi ultimi anni si è assistito ad una riduzione produttiva globale non correlata alla riduzione delle aree coltivate.
Cambierà l'assetto varietale?
Se diamo un'occhiata alle varietà, le pere sono le uniche a non avere goduto della introduzione di nuovi genotipi, se non negli ultimissimi anni. A livello nazionale, le varietà oggi coltivate sono Abate Fétel nella stragrande maggioranza (gli impianti di pero che si mettono a dimora oggi sono al 70% di questa varietà), seguita da William e dalle altre note Conference, Decana del Comizio, Kaiser, tutte in continua riduzione. A livello comunitario la varietà principale e Conference con 800.000 t di produzione media annua, seguita da Abate Fétel con 300.000, William con 250.000 e Rocha con 170.000 t. Ognuna di queste viene prodotta in un area ben definita e si tende a valorizzarla al meglio, collegandole anche all'area produttiva. Tuttavia, le varietà che stiamo producendo sono a dir poco datate (fine 800) e l'input arrivato fino ad ora dagli esperti di mercato non ha generato variazioni, in parte per le tante nuove accessioni mai realmente rivelatesi positive; le varietà tradizionali sono state le uniche a trovare una reale soddisfazione commerciale. Vale la pena ricordate le tante proposte di provenienza francese presentate dall'editore Delbard, caratterizzate da un buon sapore, ma anche da una brutta presentazione (epidermide rugginosa più o meno completamente, poco gradita in genere) e da conservabilità medio scarsa. Lo stesso materiale proveniente dalla Stazione canadese di Harrow, che dopo Harrow Sweet ne ha presentate altre (Harrow Gold, Harrow Crisp, ecc.), non hanno avuto migliore fortuna, nonostante fossero resistenti ad Erwinia amylovora; ancora, la cv. Forelle, affermatasi in Sudafrica pur non avendo ottenuto risultati positivi nell'emisfero Nord, per finire ai nashi che, giunti dall'Estremo Oriente, sono stati dapprima apprezzati per poi scomparire molto rapidamente. Ed oggi abbiamo cultivar di possibile interesse che possono prendere lo spazio delle varietà sempre meno consistenti? Ultimamente si è iniziata la valutazione di Hermann®, una nuova varietà a maturazione extra-precoce (-40 William), caratterizzata da epidermide verde chiaro-gialla, sovraccolorata di rosso sul 50% della superficie; il frutto è attraente, di buon calibro per il periodo (150 grammi), ma come tutte le varietà precoci ha una conservabilità ed una “shelf life” molto ridotta. Questa cultivar al pari delle altre pere precoci (es. Precoce di Fiorano) è la prima in assoluto a maturare e molto probabilmente è più adatta alle coltivazioni nelle aree del centro e del meridione d'Italia. Il CRA di Forlì (in particolare il dottor Rivalta ed i suoi collaboratori) ha ottenuto alcune nuove selezioni resistenti o tolleranti il “colpo di fuoco batterico” e a maturazione precoce. Fra queste vanno citate: Boheme, ottenuta nel 1996 (Conference x Guyot), matura circa tre settimane prima di William con frutti che hanno un aspetto molto simile ed un sapore molto apprezzato essendo caratterizzato da aroma nettamente percepibile e molto simile a William, da RSR elevato nonchè da medio-bassa acidità. L'albero è risultato mediamente sensibile all'inoculazione di Erwinia amylovora, vigoroso, molto produttivo e di facile gestione. Handicap di questa cultivar sono la pezzatura media dei frutti (150 grammi), ancorchè uniforme, e la scarsa conservabilità. Boheme non ha ancora trovato una propria collocazione in quanto per l'epoca si va a scontrare con Carmen, nettamente preferibile. Aida è stata ottenuta nel 1989 (Coscia x Guyot). Matura circa 8-10 giorni dopo William, ha frutti di pezzatura molto grossa (230-250 grammi) con epidermide verde chiaro e non sempre dal 30% di sovraccolore rosso brillante, RSR medio elevato, bassa acidità ed aroma, quindi sapore non particolarmente gradevole. I frutti sono molto disformi. E' poco suscettibile al colpo di fuoco batterico. L'epoca di maturazione sarebbe interessante, ma Aida non sembra soddisfare a pieno. Tra Norma, Turandot e Carmen, l'unica ad avere trovato spazio per la coltivazione non solo a livello nazionale, ma anche in diversi altri Paesi, è Carmen (incroco J. Guyot x Bella di Giugno). Questa cultivar matura nel periodo precoce (tra Guyot, Butirra Precoce Morettini e S. Maria) e ha trovato spazio grazie ad un aspetto dei frutti accattivante (20-30% di rosso brillante e sfumato su un fondo verde giallo con lenticelle molto evidenti); il sapore è equilibrato, gradevole, ha una buona succosità, la qualità quindi è superiore. È da segnalare che i frutti partenocarpici e posti all'interno della chioma sono completamente privi di sovraccolore. Anche Carmen però non è esente da critiche per alcune problematiche: ha una resa ettariale non elevata (mediamente 25 - 30 t/ha), si conserva per periodi brevi fino ad un massimo di 3 mesi (si tratta comunque di un prodotto precoce); è molto sensibile a Pseudomonas syringae che ne provoca il disseccamento delle gemme durante il periodo autunno-invernale; non è completamente affine ai cotogni ed in particolare ad EMC e mal sopporta le applicazioni di fitormoni (gibberelline in particolare) che anche a dosi limitate producono allungamenti esagerati dei frutti. Nonostante tutto, però, questa varietà fino ad ora (i dati ufficiali citano una produzione e vendita di piante per oltre 700 ha) ha fornito un buon reddito ai produttori, che nonostante tutto si ritengono soddisfatti. E' da considerare che la difficoltà di produrre Carmen in tutti gli areali emiliano-romagnoli non ci permette di esprimerne appieno la potenzialità produttiva, per cui ancora oggi gode di una prudente valutazione; la risposta definitiva l'avremo solamente quando tutti gli ettari piantati entreranno in produzione. Certo che a livello commerciale questa varietà è stata gestita malissimo, dando ai produttori la possibilità di coltivarla senza stabilire la superficie massima coltivabile, il calibro minimo da immettere sul mercato ed i parametri qualitativi necessari per la vendita. Sono dell'opinione che nel prossimo futuro anche le pere come tante altre specie ortofrutticole dovranno essere prodotte in quantità controllate e quindi su superfici definite con un proprio disciplinare di qualità, così come avvenuto con alcune nuove varietà di mele oggi presenti sul mercato. E' pur vero che la stragrande quantità delle mele a livello nazionale sono rappresentate da cloni di Golden Delicious, Gala, Red Delicious, Granny Smith, ma è anche vero che hanno una collocazione premiante solo le mele a marchio come Pink Lady®, Kanzi®, Ambrosia® (esempi di commercializzazione vincente). Il successo di questi nuovi marchi è senz'altro legato al prodotto sicuramente valido, ma anche alla definizione precisa delle superfici da coltivare e alla sorveglianza sulle modalità di produzione sia a livello di campagna che sui mercati. Il successo di Pink Lady® ha aperto nuove possibilità di commercializzazione ed anche per le pere si è tentata la stessa strada, con fortune molto più ridotte e comunque non sempre vincenti.
La prima pera a marchio ad essere presentata sul mercato è stata Angelys®, ottenuta nel 1994 dall'INRA francese (Decana del Comizio x Decana d'inverno); è stata distribuita per sostituire Passacrassana, la pera più tardiva fino a qualche anno fa. L'albero, di vigore medio, è rapido nella messa a frutto, di facile gestione e conduzione, è molto produttivo e costante con buona affinità su Cotogni tranne che su EMC. I frutti maturano 40-45 giorni dopo William (fine settembre), hanno colore bronzato, buona pezzatura (180-200 grammi), buona tenuta e conservabilità oltre che un sapore leggermente acidulo e aromatico, decisamente piacevole. L'albero è sensibile al colpo di fuoco batterico, ma non producendo fioriture secondarie, difficilmente viene infettata. Nonostante un'ottimo pacchetto marketing ed un club creato appositamente per la diffusione controllata della varietà, Angelys® non ha realmente sfondato, né in Francia, né in altri Paesi anche a causa della bronzatura incompleta dei frutti possibile nelle diverse condizioni di coltivazione. Probabilmente questo è il principale motivo della “frenata” dei programmi di impianto tanto è che in Francia oggi la superficie è rimasta quella stabilita inizialmente per i test iniziali. In Italia il solo gruppo Spreafico detiene l'esclusiva di vendita dei frutti. Permangono grossi dubbi sul successo di questa varietà per l'aspetto bronzato di una pera ovoidale, caratteristiche non sempre gradite a livello nazionale. Selena® è il marchio commerciale depositato per la protezione dei frutti di Elliot (costituita dall'Università della California per incrocio di Elliot n°4 e Vermont Beauty), di proprietà dell'omonimo club per la valorizzazione dei frutti derivanti dalle sole coltivazioni biologiche. I frutti, completamente bronzati ed in parte con l'epidermide arrossata, maturano 30 giorni dopo William, hanno ottimo sapore caratterizzato da un elevato RSR (17-18 °Brix) e bassa acidità, sono conservabili a lungo ed hanno una buona “shelf life”. L'albero è produttivo, vigoroso, con portamento piangente. La varietà non è affine ai cotogni per cui necessita di un bionte intermedio, ma il lato negativo principale è relativo al piccolo calibro dei frutti che per la stragrande maggioranza è contenuto tra i 55 ed i 65 millimetri di diametro. Due le cultivar proposte a club da parte degli olandesi: Sweet Senastion® e Dazzling Gold®. La prima è il marchio commerciale che recentemente il gruppo olandese The Greenery ha acquisito da Next Fruit Generation per fare un club di produttori di un clone a epidermide rossa striata di Decana del Comizio (Rode Doyenne van Doorn) ottenuto nel 2007, registrato in Olanda. L'epoca di maturazione dei frutti è 25 giorni dopo William. I frutti in Olanda ed in Belgio hanno forma simile a Decana del Comizio, un'ottima sovraccolorazione rosso striato brillante, mentre in Italia, nelle sperimentazioni effettuate in diverse aree di produzione, si presentano sovraccolorati in rosso vinoso, opaco e spesso con presenza di rugginosità diffusa; insomma sono di aspetto relativamente piacevole. Inoltre, gli alberi coltivati in Italia hanno uno sviluppo apparentemente stentato e sono di lenta entrata in produzione; la presenza di qualche frutto avviene dalla terza foglia. Il sapore dei frutti è molto simile a quello di Decana del Comizio, quindi gradevole e aromatico, di elevata croccantezza, dolce, ma con scarso aroma. Oltre all'aspetto dei frutti che, ripeto, nei nostri ambienti non sembra molto attraente, rimangono i dubbi sulla produttività (Decana del Comizio non ha mai brillato per la resa) e sull'alternanza di produzione. Attualmente di Sweet Sensation® tra Olanda e Belgio ne sono stati messi a dimora oltre 300 ettari (il programma prevede di raggiungere i 420 nel 2015) e si stanno programmando impianti anche nell'emisfero Sud. Tale programma definisce, inoltre, le superfici per emisfero; nel Nord gli obiettivi sono i seguenti: Olanda 250 ha; Belgio 250 ha; Francia 100 ha; Spagna 100 ha; Italia 350-400 ha, mentre nell'emisfero Sud: Argentina 300 ha; Cile 200 ha; Sud Africa 150 ha; Australia 50-100 ha. Questi dati previsionali, almeno per l'Italia, sono certamente inattendibili. E' stato costituito il club che provvederà alla commercializzazione dei frutti e per ogni Paese aderente al club Sweet Sensation® farà parte del tavolo di gestione un solo rappresentante. Il contratto di coltivazione è redatto per il produttore che si impegna a cedere i frutti solo ai rivenditori autorizzati e come avviene per Pink Lady® i magazzini di confezionamento possono essere diversi, ma la vendita è gestita da uno solo rappresentante per Paese. Vedremo se il progetto avrà successo. A fianco di Sweet Sensation si è iniziato a diffondere tramite la formula del club a marchio anche un'altra varietà, Dazzling Gold® corrispondente alla cv. Uta tedesca, rustica, ottenuta a Pillnitz per incrocio di Madame Verté e Kaiser, a maturazione tardiva. L'albero ha media vigoria, è molto produttivo (produce su lamburde e brindilli), è di facile gestione ed è resistente alla ticchiolatura. Il frutto matura mediamente 5-7 giorni dopo Angelys®, è tondeggiante con epidermide completamente ricoperta da fine rugginosità su un fondo giallo-dorato, ha buona pezzatura (200-220 grammi), ma sapore decisamente scadente. Anche in questo caso si stanno allacciando contatti per creare un gruppo di produttori europei che potranno confluire nel club sopra menzionato. Dovrebbe far concorrenza a Kaiser, ma secondo alcuni esperti è nettamente inferiore. Better Tree Fruit (Renè Nicolai) è editore di Dicolor, una nuova varietà ottenuta a Sempra in Repubblica Ceca dall'incrocio di Holenická x William. I frutti maturano nella prima decade di settembre, hanno sovraccolorazione rossa molto brillante e attraente sul 70-80% dell'epidermide su fondo verde, un peso medio di circa 160-170 grammi (inferiore a Conference), ma assenza di aromi e, nei pochi anni di valutazione, caratteristiche qualitative medio-scarse. La varietà è produttiva ed entra rapidamente in produzione; l'albero è di vigoria media e di facile gestione. Sono in atto i primi test commerciali in Belgio e Olanda sulla produzione derivante dai primi impianti commerciali. Se questa varietà otterrà riscontri positivi potrà essere commercializzata tramite la formula a club. Dal punto di vista qualitativo non ritengo abbia la possibilità di imporsi. Xenia® è il marchio commerciale di Noiabriskaia - Oksana*, una varietà moldava ottenuta nel 1961 dall'incrocio di Trionfo di Vienna x Nicolai Krier e distribuita da Better tree Fruit e da INOVA, società costituita da The Greenery e da strutture cooperative olandesi e belghe. L'albero è molto produttivo, con frutti di pezzatura molto elevata (280 - 300 grammi), di sapore medio-scarso che maturano tardivamente (+5 Kaiser). Per questa cultivar non è stato previsto un club chiuso per la commercializzazione, quindi è liberamente coltivabile dai produttori che dovranno definire la superficie coltivabile; fino al 2013 dovrebbero essere state essere messe a dimora circa un milione di piante (cifra non verificabile). I dati ottenuti dalla sperimentazione italiana evidenziano che i frutti non hanno le caratteristiche organolettiche idonee alla commercializzazione secondo gli operatori di mercato italiani. Corina® Vroege Saels è un'altra varietà gestita a club. Si tratta di una cultivar con le stesse caratteristiche di Conference che però matura 2-3 settimane prima. I pochi dati disponibili mostrano una resa ettariale inferiore a Conference a causa di una minore pezzatura dei frutti (130 - 140 g). Fino ad ora pare siano state messe a dimora poco più di 100.000 piante tutte in Belgio dove per il 2016 ci si attende una produzione di 2.500 - 3.000 t. In attesa di verifica Celina- QTEE® (NP 6246) è una nuova varietà di origine norvegese che sarà distribuita da Fruitbedrijf Wouters e Abcz. I primi campi sperimentali sono stati messi a dimora nel 2012 e 2013. In Italia non è ancora stata introdotta, quindi dai primi dati a disposizione e dalle osservazioni dirette fatte presso il PCFruit e l'azienda Wouters belga, si può descrivere come un frutto simile a Decana, sovraccolorato in rosso attraente sul 40-60%, di calibro medio 65 millimetri, peso medio di 154 grammi (inferiore a Conference), che produce scarse fioriture secondarie; necessita di un forte diradamento manuale e si raccoglie nella prima quindicina di agosto. Alcuni frutticoltori belgi la ritengono una valida alternativa a Conference. Gli stessi distributori stanno valutando Kristina anch'essa proveniente dalla Norvegia ad epidermide verde che matura una settimana prima di Conference. Viene descritta come una varietà ad elevata conservabilità. EFC assieme a GKE (detentore dei marchi delle mele Greenstar® e Kanzi®) ha presentato Cepuna, cultivar ottenuta per incrocio di Conference e Decana d'Inverno. Anche in questo caso la descrizione ed i pochi dati disponibili citano elevata produttività, frutti uniformi e di calibro importante, epoca di raccolta simile a Conference, epidermide verde ed esente da rugginosità polpa croccante. Dovrebbe essere poco conservabile (3-4 mesi in refrigerazione normale), ma è resistente alla ticchiolatura e tollerante ad altri patogeni e fitofagi (?), tant'è che viene consigliata in particolare per le produzioni biologiche. BayOZ 5 e Bay OZ 6 recentemente sono state presentate dai ricercatori del Centro di Pomologia e Breeding della Baviera; si tratta di due varietà bicolori, con un sovraccolore rosso molto brillante e attraente. La prima selezione matura 5 giorni dopo Conference, ha una forma Decana-simile ed avrebbe una conservabilità di 6 mesi, mentre la seconda maturerebbe dodici giorni prima di Conference ed è bicolore, con forma e sovraccolore simili a Carmen; questa sarebbe conservabile per 5 mesi ed avrebbe un buon calibro medio. Dall'Oregon State University arrivano due novità, le ultime del programma di incroci terminati negli anni ottanta: Paragon, cultivar (Max Red Bartlett x Decana del Comizio) di forma, colore e sapore simili a William che però si raccoglie tra questa e Decana del Comizio; Bestever ha invece forma rotondeggiante e anch'essa è una pera completamente rugginosa, che si conserva per lungo tempo e matura dopo Decana del Comizio.
Gem, presentata dall'USDA ARS Appalachian Fruit Research Station da diversi anni nel tentativo di selezionare pere resistenti ad Erwinia amylovora, è una nuova cultivar resistente che matura 8 giorni dopo William (sembra avere una finestra di raccolta di tre settimane senza avere ripercussioni negative sulla conservabilità), con una forma tipo Decana del Comizio, sfaccettata di rosso brillante, di sapore dolce ed elevata conservabilità. E' una varietà produttiva che se non diradata origina frutti di 150 grammi, ma se ben gestita si possono raggiungere i 250 grammi. Cheeky® è una varietà sudafricana ottenuta dall'ARC LNC di Stellebosch e distribuita da Culdevco, la società che per conto di ARC si interessa della diffusione del materiale ottenuto e brevettato. La pera ha un bel sovraccolore rosso vivo su almeno il 60% della superficie del frutto e dovrebbe maturare 10 giorni prima di William. ABCz ha ottenuto la licenza esclusiva per la produzione e la diffusione delle piante in Belgio, Olanda, Germania, Spagna e Scandinavia. Molto probabilmente anche questa varietà sarà diffusa con la formula del Club. Papple® è una varietà di nashi ottenuta dalla neozelandese Plant and Food Research e che è distribuita da Prevar (multinazionale neozelandese). Non si hanno molte indicazioni tranne che in Nuova Zelanda ha i frutti sferici e tipici dei nashi, ma con una brillante sovraccolorazione rossa molto attraente. La polpa è molto succosa e la raccolta avverrebbe nel periodo agostano. Si nutrono dubbi sulla colorazione in Paesi diversi da quello di origine visto che in Nuova Zelanda è noto che tutte le mele sono nettamente più colorate rispetto ad altre aree di coltivazione. Ancora la ricerca di Plant and Food Research ha ottenuto un nuovo gruppo di varietà ibride raggruppate sotto il marchio Piqa® che raccoglie frutti con sapori nuovi, alcuni dei quali mai ottenuti nelle pere (frutta tropicale, pera tropicale, melone, cocco e prugna), nonché i sapori tipici delle pere europee. I livelli di acidità sarebbero bassi, ma bilanciati con elevata dolcezza. Possono essere conservati a lungo (alcuni fino a sei mesi) ed hanno una “shelf life” di 3 settimane. I frutti della serie Piqa® sono pere interspecifiche. Sono incroci convenzionali di pere europee, giapponesi e/o cinesi; le pere europee portano sapore e aroma; le pere giapponesi danno succosità, precocità e la resistenza alla ticchiolatura; le pere cinesi portano una tessitura grossolana, lunga conservazione, alcuni sapori particolari, precocità, albero facile da gestire, una discreta resistenza all'abrasione superficiale e resistenza alla ticchiolatura. La prima varietà di questa serie è Piqa® Boo® corrispondente alla selezione “Prem P00G”, ibrido di pero asiatico ed europeo; il frutto ha buccia rossa, grossa pezzatura e somiglia ad una Decana del Comizio. Anche di questo innovativo gruppo varietale si sa ben poco; alcune selezioni sarebbero state affidate a produttori australiani che inizieranno la messa a dimora e le prime produzioni per i test commerciali. Di certo la produzione e la commercializzazione verrà effettuata con la formula del club con l'intento di valorizzarla al massimo.
Nuove proposte italiane
Falstaff è una varietà ottenuta dal CRA di Forlì tramite incrocio di Abate Fétel x Cascade. L'albero è vigoroso, con portamento assurgente, affine a tutti i cotogni, compresi quelli di vigore contenuto, che da origine a frutti simili ad Abate Fétel, ma con il 70% dell'epidermide sovraccolorata di rosso intenso, di peso medio elevato (250 grammi). I frutti si raccolgono tra l'ultima decade di agosto e la prima di settembre, sono conservabili per 5-6 mesi in celle a refrigerazione normale, hanno una “shelf life” a temperatura ambiente di una settimana. Al termine della conservazione i frutti assumono un'apprezzabile colorazione gialla di fondo che valorizza la sovraccolorazione rossa. Sono in atto diverse valutazioni in campo per definire al meglio le tecniche di coltivazione. Per Falstaff il CRA di Forlì ha affidato la diffusione commerciale a Newplant, società consortile creata da Apo Conerpo, Apofruit e Orogel Fresco, che a breve costituirà un club per una diffusione delle piante e la commercializzazione controllata dei frutti. Il Dipartimento di Scienze Agrarie dell'Università di Bologna ha recentemente chiesto la protezione con brevetto europeo per Early GiuliaTM (PE2UNIBO), Lucy SweetTM (PE1UNIBO) e Debby GreenTM (PE3UNIBO), selezioni oggi non ancora con denominazione varietale, molto produttive che maturano rispettivamente nell'ultima decade di luglio, nella prima e nella seconda di agosto. La prima e l'ultima hanno frutti di calibro grosso, buon sapore e succosità molto elevata, mentre la seconda, che matura in epoca William, produce frutti con un elevato RSR. Queste nuove varietà sono in osservazione in Italia ed all'estero in varie sedi. Se ne attendono anche per le aspettative commerciali.
Conclusioni
Credo che da questa analisi si comprenda che la pericoltura sia effettivamente in affanno, ma c'è la convinzione di un possibile riscatto, grazie soprattutto alle innovazioni varietali a patto che siano difese nella programmazione commerciale per consentire la giusta remunerazione ai produttori. Come detto in precedenza, per grosse quantità di produzione si dovrà contare sulle ben note varietà, ma avremo al loro fianco nuove cultivar con caratteristiche ben definite per diversificare il mercato con nuove linee e tipologie di pere. Questa potrebbe essere la carta vincente per risollevare la frutticoltura in generale.