Negli ultimi 4 decenni circa, il progresso tecnologico e la specializzazione produttiva, spinta dalla ricerca, hanno favorito e stanno favorendo la concentrazione di una zootecnia a difficile sostenibilità in pochi grandi allevamenti. Nello stesso tempo lo sviluppo di aziende agroindustriali, che sequestrano e convertono l’energia luminosa per soli 4 mesi l’anno, contribuisce all’edificazione di quel paesaggio color marrone, desolante e morto, ormai tipico della regione. Questa evoluzione di colore è andata di pari passo con la concentrazione degli allevamenti e oggi si stima che in Lombardia siano oltre l’80% le aziende agroindustriali.
La riduzione di copertura vegetale nei terreni lombardi non è riconducibile però solo a motivazioni economiche e di politica agraria, ma anche a uno sviluppo della meccanizzazione quasi esclusivamente “orizzontale”, cioè eccessivamente orientato nell’espansione delle tecniche tradizionali con incrementi esclusivi di potenze e di capacità operative degli attrezzi, ma senza una sostanziale innovazione tecnologica. Diverso sarebbe stato, ad esempio, con la progettazione di attrezzature combinate complesse in grado di sviluppare “verticalmente” la meccanizzazione, ossia, tentare integrazioni di più operazioni per interpretare quel nuovo e originale concetto di “agricoltura territoriale”, di gestione programmata e coordinata di terreni su vaste aree intercomunali che comportano tanti tempi morti e forti costi e investimenti sulla logistica stradale.
Proprio in contrapposizione a questo trend e per partecipare al superamento delle difficoltà economiche e operative che impediscono, nei suoli idonei, l’applicazione di sistemi di coltivazione efficienti basati sulle colture di copertura in semina anticipata per creare “vere” cover crop, sono state impostate da Ersaf una serie coordinata di iniziative tecniche volte a razionalizzare le principali operazioni colturali (lavorazione del suolo, irrigazione, epoca di raccolta, sistema di conservazione).
La semina con bagnatura del solco, che viene trattata in questa nota, è una di queste iniziative e ha l’obiettivo di rendere più efficiente e meno costoso l’impiego dell’acqua irrigua nelle coltivazioni di 2° e 3° semina e nelle semine precoci autunnali (colza e loiessa) con terreni asciutti.
Numerosi vantaggi
Si tratta di una tecnica molto semplice che comporta l’accoppiamento alla seminatrice o a una macchina più complessa, di un sistema di bagnatura del solco di semina (portato o trainato), in modo tale da distribuire 2,5-4 litri d’acqua ogni 5 m lineari di solco in relazione alla tessitura, umidità e grado di preparazione del letto di semina.
La bagnatura del solco consente di:
- accelerare la germinazione e l’emergenza della coltura in 2°-3° semina a maggio-giugno perché l’imbibizione del seme, anche nei terreni essiccati dal sole, inizia nella stessa fase di semina;
- garantire una maggiore costanza degli investimenti colturali nelle semine anticipate autunnali che hanno talvolta problemi germinativi a causa di siccità dei suoli e conseguenti ritardi di sviluppo ed accestimento della coltura prima del sopraggiungere della prima gelata invernale;
- migliorare il grado di copertura autunnale dei terreni garantendo, ai primi di dicembre, suoli completamente “riparati e protetti” dalla vegetazione erbacea con assorbimenti di nitrati e nutrienti solubili anche nelle “belle e calde” giornate pomeridiane invernali;
- ridurre i costi irrigui nelle seconde colture con risparmio di 2 interventi: a) uno per l’inizio della germinazione; b) l’altro, dopo 7 giorni circa, per l’ammorbidimento della crosta superficiale ed il completamento dell’emergenza;
- raggiungere in estate, nei suoli franchi, la 2°-3° foglia senza nessun’altra necessità idrica;
- recuperare alla coltivazione, nelle aree con oltre 800 mm annui di precipitazione, terreni marginali incolti, ma non solo, perché, ad esempio, con soia è possibile pensare ad una bagnatura del solco associata al diserbo e alla sola raccolta senza alcun altro tipo di intervento;
- migliorare il controllo delle infestanti per lo sfasamento vegetativo temporale tra la germinazione della coltura e quella dell’infestante per la presenza di terreno secco in superficie, ma umido nel solco colturale;
- eliminare il diserbo nei terreni scarsamente infestati da malerbe per la competizione luminosa che la coltura esercita sulle infestanti emerse in ritardo, soprattutto nelle semine successive alla fine maggio;
- risparmiare acqua evitando le grandi irrigazioni ed evaporazioni da tutta la superficie agraria trattata a pioggia o a scorrimento che, per altro, favoriscono la germinazione soprattutto delle infestanti se non è stato preventivamente ed “obbligatoriamente” effettuato il diserbo su tutta la superficie coltivata o su parte della superficie con successivo diserbo meccanico nell’interfila;
- svincolarsi dalle giornate ventose che, nella irrigazione a pioggia, ritardano l’intervento irriguo e la germinazione, ostacolano l’omogenea bagnatura del terreno e sono causa di emergenze irregolari;
- favorire le doppie coltivazioni, generando esternalità positive sul paesaggio e sostenibilità ambientali in rapporto alla minore produzione di CO2 e consumo di energia fossile;
- eliminare, molto probabilmente, sia il geodisinfestante che la concia nelle semine da fine maggio in poi, sfruttando le favorevoli condizioni climatiche di germinazione del seme.
I primi risultati della sperimentazione
Le esperienze condotte da Ersaf in terreno franco-limoso con mais tal quale e con mais imbibito preventivamente in acqua, hanno evidenziato le seguenti risposte:
- sono sufficienti anche soli 1,5 litri di acqua ogni 5 m lineari per una discreta emergenza del mais con terreno leggermente umido. Se si interviene invece con 2,6 litri la coltura ha mostrato una maggiore energia germinativa e una percentuale di piante emerse che in condizioni ordinarie e non sperimentali, si stima essere superiore al 92%;
- l’imbibizione preventiva del seme di mais, per 6 ore prima della semina, ha migliorato leggermente la percentuale e la velocità di emergenza; altre esperienze precedenti avevano però evidenziato che non era conveniente superare le 8-10 ore di imbibizione preventiva perchè l’energia germinativa calava vistosamente;
- nei 5-6 giorni successivi la semina, non si verifica evaporazione d’acqua perché l’umidità è trattenuta dalla terra secca sovrastante il seme in germinazione; solo dopo l’emergenza della prima foglia (stadio 11 BBCH nel mais) inizia la traspirazione che consuma l’acqua nei successivi 8-10 giorni circa;
- la sufficiente capacità di campo del terreno ha favorito l’applicazione della tecnica; è ragionevole ritenere che nei suoli più sciolti sia richiesto un anticipo dell’irrigazione di soccorso di 2-4 giorni rispetto alla tempistica qui descritta;
- dopo 15-16 giorni dalla semina le piantine si trovavano allo stadio di 2°-4° foglia dimostrando di avere perfettamente superato le temperature medie massime e minime pari rispettivamente a 33 e 22 °C.
La bagnatura del solco con 4 litri d’acqua ogni 5 m lineari, ad esempio, comporterebbe una distribuzione di 11 t/ha d’acqua sul mais in 2°-3° semina e uno spostamento del 1° intervento irriguo di soccorso, in un terreno analogo a quello di prova, al 20° giorno circa dalla semina, ciò aumenterebbe la probabilità di congiungimento dell’operazione di bagnatura del solco con una precipitazione estiva occasionale, soprattutto nelle aree con piovosità medie annue uguali o superiori a 800 mm.
Così aumenta l’efficienza del sistema agronomico
Si può concludere che anche la bagnatura del solco di semina fa parte di quei sistemi virtuosi che mirano ad aumentare l’efficienza del sistema agrario che è alla base della catena alimentare.
I principi fondamentali sono i seguenti:
1) l’aumento del sequestro di energia solare e di somme termiche;
2) l’ottimizzazione delle lavorazioni del terreno, con minore dispendio di energia, manodopera, tempi e costi;
3) il risparmio di acqua irrigua nelle fasi di germinazione-emergenza del seme evitando i primi 2 interventi irrigui a tutto campo nelle 2° o 3° semine;
4) la diminuzione dell’occupazione fisica del terreno da parte delle colture, asportando il raccolto di granella dal campo subito dopo la morte fisiologica della pianta, utilizzando la luce e le somme termiche successive per una 2° coltura, oppure per migliorare la delicata e importante fase d’accestimento autunnale la cui “propedeuticità” sembra essere stata dimenticata da alcuni giovani agricoltori.
L’obiettivo è quello di rendere sempre più funzionale il processo di sintesi della sostanza organica vegetale accrescendo la coltivazione degli autotrofi autunno-invernali cover crop, “fotovoltaici naturali” e ottimizzando il sistema di conservazione delle granelle e dei foraggi.
di Gianni Colombari, Francesco Negri, Alberto Bondi, Fabio Araldi, Mario Marchesi.Gli autori sono dell’Ersaf Struttura
"Sviluppo polo di Carpaneta"
Ente
Regionale per i Servizi
all’Agricoltura e alle Foreste Regione
Lombardia.
Si ringraziano i colleghi: Paolo
Preus e Barbara Bettoni per le attività
di laboratorio chimicofisico
dei foraggi, e gli studenti: Andrea
Previdi, Francesco Carbonieri e Simone
Incudini dell’Istituto Tecnico
Agrario “P.A. Strozzi” di Mantova
per la collaborazione in campo.