«Nel catalogo della mia rivista, iniziato quattro anni fa, c’erano 266 robot. Adesso sono più di 2.500». Le parole del direttore di una rivista olandese di settore a Fira 2024 fanno abbastanza impressione e danno l’idea di ciò che sta avvenendo.
Negli ultimi anni sono nate e fallite continuamente nuove startup, certo. Ma la tendenza è chiara, e se n’è parlato alla fiera globale della robotica, svoltasi dal 6 al 9 febbraio scorsi a Tolosa.
Una diffusione dei robot che però non sembra vedersi ancora nelle aziende agricole italiane. Escluse le stalle, infatti, dove l’automazione è ormai da diversi anni al servizio di moltissimi allevatori, in italia i campi percorsi dai robot sono veramente pochi (tutti nei vigneti, vedi sotto: "Francia batte Italia dieci a uno")
Le sfide ancora da affrontare
I robot servono ad automatizzare le operazioni che richiedono un’elevata precisione, a migliorare le operazioni colturali, a sopperire alla mancanza di manodopera e a delegare operazioni complicate o ripetitive, insomma: a svolgere lavori che gli umani non vogliono, o non possono più fare.
Gli ostacoli da superare per arrivare a una loro piena applicazione però non mancano, si è ripetuto più volte nei numerosi panel di discussione a Fira 2024. Più che sulle questioni tecniche, gli organizzatori hanno messo l’accento su tematiche come collaborazione nella progettazione, il cambio di mentalità e lo studio delle soluzioni all’interno delle aziende costruttrici. Nel workshop scientifico di Fira, Leandro Zaza, di Autonomous Operation, ha detto che i casi di studio con cui vengono progettati i robot sono molto diversificati.
«I robot sono per definizione macchine autonome, ma sono fatti, nella stragrande maggioranza dei casi, per essere applicati a una specifica condizione». Parola di Bruno Tysseire di ChaireAgroTic, realtà che riunisce diversi istituti di ricerca francesi in campo agrario. «Inoltre, per definizione sono macchine in grado di navigare autonomamente, anche in condizioni estreme come i pendii, e questo complica le cose a livello di progettazione», ha aggiunto. «Un’altra sfida riguarda i dati, la loro raccolta, il loro immagazinamento e trattamento. I dati sono però necessari: per fare un esempio, possono essere utilizzati per creare “digital twins” del campo, cioè una rappresentazione grafica digitale che può comprendere perfino la distribuzione delle infestanti».
C’è però ancora molto da fare, sia sul lato ingegneristico, sia su quello pratico, agronomico. Da una parte serve ancora molta ricerca sui modelli matematici e sui sensori, in campo si parla già di adattare la configurazione spaziale dell’azienda al lavoro dei robot. Tysseire, ha paragonato questo cambiamento alla situazione che si verificò con l’avvento delle prime macchine per la raccolta dell’uva negli anni settanta. Allora si iniziarono a impostare i filari dell’azienda agricola in modo da agevolare il passaggio di queste macchine. L’organizzazione del lavoro e delle competenze subisce di conseguenza un cambiamento importante.
Per il vigneto
Sono i robot più applicati nei campi, per vari motivi. E infatti erano più della metà dei 35 esposti alla fiera di Tolosa.
Yanmar Vineyard Solutions è un’azienda francese che ha portato in campo a Fira il suo robot YV01 per il trattamento dei vigneti. L’azienda, che progetta in Giappone, è nata appena due anni fa e ne ha venduti dieci. Il robot (come la maggior parte delle macchine autonome) non provoca di certo compattazione del terreno. Infatti il peso dichiarato è di soli 1450 kg, utile anche per gestire pendenze del 45%. Utilizza la più recente tecnologia di navigazione Gps-Rtk.
Di tutte le aziende che erano presenti all’Agrobiopole di Tolosa, Naio l’ha fatta sicuramente da padrona. E non solo perché è uno dei due fondatori della Gofar, l’associazione che organizza la fiera insieme al sindacato francese Axema. Ma anche per la prolifica produzione di robot negli ultimi anni. A Fira ha quindi portato ben quattro suoi robot.
A partire da Ted, un robot scavallante ideato per lavorare sulla vite con allevamento a spalliera. Disponibile in tre altezze diverse, si può occupare autonomamente e con precisione del diserbo meccanico tra le file, nonché, in futuro, della spollonatura e di altre operazioni, grazie agli attrezzi di cui potrà essere dotato. Il robot, dotato di sistema di navigazione Gps Rtk, può coprire giornalmente una superficie di 4-5 ettari. I “Ted” già venduti da Naio sono una ottantina.
Per i vigneti ad alta densità e forte pendenza Naio propone invece Jo, un robot adatto ai vigneti a forte pendenza (fino al 45%) e alta densità.
Al posto dei trattori
Guardando in azione Robotti 150D si capisce come alcune macchine autonome puntino palesemente a sostituire interamente i trattori. La danese Agrointelli, che lo ha realizzato, ha dotato Robotti di una trasmissione idrostatica alimentata da un motore diesel tradizionale, con la capacità di operare a tutte le ore, anche durante la notte in completa autonomia. Controllato autonomamente da un computer, seguendo le istruzioni dell’utilizzatore, calcola, naviga da solo e segue un percorso ottimizzato sul campo. Il consumo dei due motori diesel Kubota da 72 cavalli è ridotto: dai tre ai sei litri all’ora a seconda del terreno e del tipo di lavoro. Un motore è dedicato alla propulsione, l’altro gestisce la presa di forza e il sistema idraulico esterno.
Già dal nome richiama un trattore, ma è un robot a tutti gli effetti: è Trektor, e la casa costruttrice francese Sitia ha pensato di crearne tre versioni con diverse dimensioni: mini, midi e maxi, con varie larghezze e altezze. L’autonomia è stata ovviamente possibile grazie a numerosi sensori dedicati alla navigazione, percezione, localizzazione e manutenzione. Robotti è autonomo anche da un punto di vista energetico per 24 ore grazie al motore elettrico, ricaricato all’occorrenza da un generatore diesel di bordo. La sua funzione ibrida riduce il consumo di diesel fino al 60% rispetto a un trattore convenzionale che svolge le stesse attività, dicono da Sitia. Il robot è adatto per la viticoltura (può essere scavallante e interfilare) e l’orticoltura (in pieno campo o sotto serra). Il prezzo di listino è di 259mila euro e 30 Trektor sono già in servizio nelle aziende agricole.
Il robot agricolo Softi Rover eK18 presenta un design simile a un trattore articolato classico, ma con un’importante differenza: l’alimentazione elettrica. Nonostante le dimensioni apparentemente imponenti, il Softi Rover pesa soltanto 1,5 tonnellate, rendendolo altamente manovrabile e facilmente trasportabile. Questo mezzo è spinto da due motori elettrici (uno per ciascun assale) con una potenza di 18 kW e utilizza batterie al litio ricaricabili per un’autonomia di oltre quattro ore a pieno regime. Inoltre, è dotato di sistema di guida GPS Rtk e sensori ottici con tecnologia Lidar per la movimentazione in campo e il rilevamento degli ostacoli.
Il robot potatore
I robot per la potatura sono i più difficili da implementare, data la complessità dell’operazione. Ma molte start up ci provano. A Fira 2024 ha avuto molte attenzioni, per esempio, il potatore Spero Pruner, realizzato dalla israeliana Robotic Perception per potare vite, melo e alberi da frutto in genere. Si tratta di un braccio robotico dotato di potatore elettrico e di una serie di sensori sulla punta utilizzati per identificare i rami da tagliare. L’operazione è gestita da un dispositivo che utilizza l’intelligenza artificiale per analizzare i dati e guidare il braccio per tagliare i rami nella giusta posizione. Un rimorchio con 3-4 bracci su ciascun lato è collegato alla presa di forza del trattore per potare frutteti e vigneti in movimento.
Un altro dispositivo posizionato nella cabina del trattore viene utilizzato per monitorare il funzionamento dei bracci, mentre un dispositivo Gps può essere utilizzato per contrassegnare le immagini con informazioni sulla posizione globale e memorizzarle per scopi di gestione del raccolto.
Diserbo con l’intelligenza artificiale
A Fira 2024 i Paesi Bassi erano l’unico Paese straniero ad avere un padiglione tutto per loro, unico. Questo indica l’attenzione che hanno per la ricerca in questo settore. La loro azienda Odd.Bot ha esposto in fiera una macchina autonoma in grado di rilevare le erbe infestanti nei filari, anche nelle colture ad alta densità, e rimuoverle istantaneamente in modo meccanico. Il modulo all in one, chiamato Weader, può essere integrato in vari tipi di macchine agricole a guida autonoma.
Il modulo di riconoscimento basato sull’intelligenza artificiale identifica le erbe infestanti e i relativi punti di crescita subito dopo la germinazione. Inoltre, le analizza accuratamente, dando informazioni sul pH del suolo, sui livelli di umidità e su specifiche carenze minerali. Le infestanti vengono distrutte con una trazione o una spinta, a seconda della dimensione e della tipologia. Ciò che è interessante è che il robot è stato sviluppato e perfezionato attraverso un’iniziativa di collaborazione con gli agricoltori che partecipano al programma Odd.Bot Trailblazer insieme all’Università olandese di Wageningen.
Ulmanna è un’azienda ceca che ha presentato Newman, la sua macchina per il diserbo dei seminativi a file, portata da un trattore. La “cassetta degli attrezzi” è anche qui all in one: luci, telecamera, intelligenza artificiale. Newman può agire sulla fila e tra le file di barbabietole da zucchero, mais, patata, aglio e cipolla. Una macchina a sei file, dicono da Ulmanna, che può sostituire fino a 60 operai, con una riduzione dei costi del diserbo fino all’80-90%. Per dare un’idea della velocita, nel caso della barbabietola da zucchero a sei file si arriva fino a 5 km/h, un ettaro all’ora. Ma c’è di più: il sistema può “imparare” a diserbare nuove colture nel giro di poche ore. Newman può iniziare a diserbare già dallo stadio iniziale della malerba.
Robot One, prodotto dall’olandese Pixelfarming robotics, nata nel 2019, è un robot basato sulla visione artificiale e pronto per essere dotato di strumenti per il trattamento specifico delle colture. Robot One funziona secondo il principio “Scan & Act”: con l’utilizzo di telecamere ad alta risoluzione fa una scansione del campo e agisce eliminando la malerba con lo streamer o con un laser (a scelta dell’operatore). Può lavorare fino a un ettaro all’ora e sono previste nuove implementazioni della tecnologia laser nelle prossime versioni.
Torniamo alla Naio, che ha progettato due dei suoi robot proprio a partire dal diserbo. È il caso di Orio, progettato per il diserbo meccanico di precisione. È stato costruito specificatamente per le orticole in pieno campo, dato che usa un sistema di navigazione Gps Rtk e una fotocamera Rgb che gli consentono una precisione al centimetro.
Orio può essere dotato di attrezzi aggiuntivi che ne espandono il raggio d’azione oltre il diserbo, per esempio semina e sarchiatura. La macchina può lavorare fino a otto ettari al giorno in completa autonomia. Basta impostarlo, programmarlo, sostituire le batterie quando serve.
Per le piccole superfici, da uno a quattro ettari, Naio ha proposto invece Oz, adatto per orticoltura sia a pieno campo sia protetta, oltre che per i vivai. Oz sembra adatto per agevolare il lavoro del piccolo orticoltore e del vivaista, sollevandolo da compiti gravosi e ripetitivi e aiutandolo a gestire più efficacemente la manodopera.
Trattamenti
Il robot Icaro X4 è stato interamente sviluppato dagli ingegneri di Free Green Nature, controllata dall’italiana Maschio Gaspardo. È stato, dicono dall’azienda, il primo robot ibrido per il trattamento di vigneti e frutteti con raggi UV-C. Ben 16 elementi di cui è composto Icaro sono brevettati. Ognuno con una propria specifica funzione. L’elemento chiave del robot sono i grandi pannelli pieghevoli che emettono raggi UV-C sulla pianta da trattare semplicemente passando il pannello a pochi centimetri dalle foglie. L’applicazione di raggi UV-C di una lunghezza d’onda specifica sulla pianta innesca un meccanismo biologico che stimola le difese immunitarie. I raggi abbattono inoltre il Dna di agenti patogeni come oidio, peronospora e botrite, impedendo loro di svilupparsi.
Infine, per rendere il robot completamente autonomo nel lavoro, Free Green Nature ha sviluppato un sistema Rtk, un sistema di telemetria accessibile da smartphone, una stazione di analisi meteo e telecamere di sicurezza dotate di intelligenza artificiale. Più che una macchina è un sistema intelligente in grado di lavorare in autonomia, 24 ore su 24.
Un “Crover” nei silos
Alla fiera della robotica di Tolosa, il prototipo del robot Crover, prodotto dall’omonima azienda, si muove nella riproduzione di un silos di grano con le sue due coclee. Questa sonda analizza l’umidità e la temperatura a una profondità di 1,5 metri, fattori essenziali per la conservazione e la qualità della granella. Una volta completata l’analisi, il robot
prosegue lungo il bordo del silo. La coclea garantisce un’accurata miscelazione della granella, evitando la formazione di croste dovuta per esempio alla condensa. Una volta posizionato sopra il grano nel silo, Crover può intervenire localmente per prevenire problemi come la formazione di muffe o insetti dannosi.
Gli sviluppatori stanno anche lavorando per dotare il robot di moduli che possano somministrare insetticidi o fungicidi.
Inoltre, Crover può collegarsi direttamente al sistema di ventilazione, attivandolo quando rileva aumenti di umidità e temperatura favorevoli alla crescita di muffe o insetti. Questo permette una risposta rapida senza dover ricorrere immediatamente a mezzi chimici. L’azienda scozzese sta lavorando per rendere il prototipo completamente autonomo.
Cosa aspettarsi
Difficile dirlo, con una tecnologia in così rapida evoluzione. Di certo, si è detto in un panel di discussione a Fira, il focus nei prossimi anni sarà sul diserbo, fatto con diverse tecnologie. E poi ci sarà da fare molta ricerca sulle soluzioni per la raccolta della frutta, in particolare mele e frutti di bosco. Ci saranno anche sempre più investimenti da parte delle storiche case costruttrici nelle aziende emergenti di robotica. Tornando in campo, l’intensificazione degli impianti, per esempio in olivicoltura, potrebbe aprire importanti opportunità di automazione. Allo stesso tempo, le start up si devono adattare al “modo di pensare” delle ditte costruttrici. Sarà anche fondamentale avere componenti stabili, affidabili, facili da assemblare e ovviamente da usare.
Questioni legali
È vietato far funzionare i robot senza un supervisore in campo?
No, la legge consente ai robot di lavorare senza supervisore, ma solo quando la macchina è certificata “CE” e rispetta le condizioni operative previste dalle norme obbligatorie in materia di sicurezza.
È possibile azionare un robot da remoto?
Sì, è possibile azionarlo da remoto a patto che l’operatore imposti all’inizio il robot stesso e si assicuri che tutti i requisiti di sicurezza siano rispettati.
Fonte: Naio technologies
Francia batte Italia dieci a uno
«Nelle campagne italiane oggi circolano circa una ventina di rover, tutti nei vigneti, contro i duecento impiegati in Francia. Va detto che la realtà delle nostre aziende vitivinicole è particolare, sono medio-piccole e superspecializzate, mentre quelle transalpine sono più grandi e l’impiego di robot è più semplice», spiega Alessio Bolognesi di Federunacoma. «Però è anche vero che la Francia, già da tempo ha investito sulla ricerca nella robotica agricola, soprattutto per la viticoltura».
Questa attività ha prodotto una serie di prototipi, qualcuno di questi è poi entrato in produzione a livello industriale. «Anche l’Olanda ha investito molto – precisa Bolognesi – in Italia siamo un po’ indietro, però qualcosa si muove».
Oggi i robot da vigneto eseguono principalmente lavorazioni interfila e interceppo. A livello di ricerca ci sono diversi progetti per costruire robot potatori da addestrare con l’intelligenza artificiale, mentre per la frutticoltura si lavora sulla raccolta. «I filoni sono due: rover portattrezzi e robot superspecializzati – conclude Bolognesi – non è facile ma c’è fermento».
Giorgini, Orogel: «Spinaci perfetti col diserbo meccanico»
«Siamo all’inizio di una rivoluzione copernicana. Nel giro di una decina d’anni ne vedremo delle belle, soprattutto per il diserbo, anche se per ora non c’è ancora nulla o quasi di operativo». Parola di Silver Giorgini, agronomo di Orogel. «Stiamo cercando di capire
quale robotizzazione applicare. Siamo stati negli Stati Uniti dove i robot sono già una realtà operativa nelle campagne, ma lì hanno macchine larghe sei metri e pesanti molti quintali, adatte alle maglie poderali molto ampie», racconta Giorgini. «Siamo stati alla Fira di Tolosa, ma abbiamo visto più che altro dei video».
Ma quale sarà il primo robot a lavorare sui terreni di Orogel? «Scommetterei su una macchina di diserbo meccanico tipo sovescio, o a telecamera. Il laser ha ancora dei problemi, di fatto è un’arma, se colpisce un sasso rimbalza e può essere pericoloso. Per noi sarebbe importante avere macchine che permettono di eseguire un diserbo senza chimica sullo spinacio, dato che è la prima coltura che produciamo e c’è l’esigenza di avere poche o nessuna malerba, perché i consumatori vogliono il biologico, il naturale, il non trattato ma anche il prodotto perfetto. I miracoli si fa fatica a farli, ma ci stiamo attrezzando. Abbiamo già preso contatti con vari costruttori e nei prossimi mesi inizieremo dei test sui nostri terreni – conclude Giorgini – anche perché i prototipi che abbiamo visto sono alimentati con batterie, ma per lavorare in campo serve potenza».