I Regg. Ue 2016/2031 e 2014/1143 sulla produzione e commercializzazione dei prodotti florovivaistici al centro di un convegno organizzato dall’Anve presso i Vivai Capitanio di Monopoli (Ba)
La sanità delle piante è minacciata da specie dannose che possono essere introdotte nel territorio dell’Ue a causa sia della globalizzazione degli scambi commerciali sia dei cambiamenti climatici. Per contrastare tale minaccia è necessario adottare misure che consentano la prevenzione e l’accertamento precoce della presenza di organismi nocivi, fattori decisivi per la loro tempestiva ed effettiva eradicazione, e quindi riducano i rischi fitosanitari connessi agli organismi nocivi a un livello accettabile, tenendo sempre in considerazione la biodiversità europea. A tale necessità risponde il Reg. Ue 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2016, relativo alle misure di protezione contro gli organismi nocivi per le piante, che modifica precedenti regolamenti Ue e abroga numerose direttive Ue.
Nello stesso tempo è altrettanto necessario prevenire e mitigare l’impatto negativo sulla biodiversità europea derivante dall’introduzione e dalla diffusione nell’Ue di specie esotiche invasive. Tale esigenza viene esaudita dal Reg. Ue 2014/1143 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, recante disposizioni volte a prevenire e gestire l’introduzione e la diffusione di specie esotiche invasive.
Gli effetti delle normative europee sulla produzione e commercializzazione dei prodotti florovivaistici, nella doppia prospettiva indicata dai due regolamenti Ue, sono stati al centro del convegno organizzato dall’Anve (Associazione nazionale vivaisti esportatori) presso i Vivai Capitanio Stefano di Monopoli (Ba), in occasione della IX Giornata nazionale del vivaismo mediterraneo “Premio Stefano Capitanio”.
Nello stesso tempo è altrettanto necessario prevenire e mitigare l’impatto negativo sulla biodiversità europea derivante dall’introduzione e dalla diffusione nell’Ue di specie esotiche invasive. Tale esigenza viene esaudita dal Reg. Ue 2014/1143 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, recante disposizioni volte a prevenire e gestire l’introduzione e la diffusione di specie esotiche invasive.
Gli effetti delle normative europee sulla produzione e commercializzazione dei prodotti florovivaistici, nella doppia prospettiva indicata dai due regolamenti Ue, sono stati al centro del convegno organizzato dall’Anve (Associazione nazionale vivaisti esportatori) presso i Vivai Capitanio Stefano di Monopoli (Ba), in occasione della IX Giornata nazionale del vivaismo mediterraneo “Premio Stefano Capitanio”.
Il Reg. 2016/2031
Il commercio con l’estero è costantemente minacciato dalla possibile introduzione sul territorio comunitario di organismi nocivi per le piante, come ha dimostrato l’arrivo del batterio Xylella fastidiosa subsp. pauca ceppo ST53 nel Salento, ospite di olivo, oleandro, poligala e altre specie. Una presenza indesiderata che ha portato nel 2015 al blocco delle importazioni in Francia dalla Puglia di piante di 102 specie ritenute ospiti del batterio, tra cui olivo, vite, fico, albicocco, mandorlo, pesco, ciliegio, agrumi, gelso, oleandro, mirto e altre ornamentali, nel timore che, provenendo dalle zone colpite dal batterio, possano essere infettate da esso. Lo ha ricordato Gianluca Buemi, consigliere Anve e titolare, con i fratelli Natale e Santo, della Società Agricola Vivai Buemi di Palagiano (Ta) (10 ha, di cui 2 coperti, le cui coltivazioni principali sono l’olivo, con oltre 30 cultivar, e le specie frutticole, con oltre 50 cultivar).
«Con il Reg. 2016/2031 relativo alle misure di protezione contro gli organismi nocivi per le piante, l’Ue ha voluto segnare un cambiamento netto rispetto al passato. Il nuovo provvedimento è stato approvato come regolamento, obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. L’intenzione dell’Ue è chiara: ridurre al minimo la discrezionalità degli Stati membri in merito alla forma e ai mezzi per il raggiungimento del risultato, discrezionalità che invece era insita nella definizione dei precedenti atti di riferimento redatti essenzialmente in forma di direttiva. E, come è noto, la direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, ma lascia agli organi nazionali piena competenza in merito alla forma e ai mezzi da adottare».
Elementi innovativi del Reg. 2016/2031 sono la definizione degli organismi nocivi da quarantena, la designazione nel territorio degli Stati membri delle stazioni di quarantena e delle strutture di confinamento, l’autorizzazione degli operatori professionali a rilasciare passaporti delle piante, il consenso agli operatori professionali alla redazione di piani di gestione dei rischi connessi agli organismi nocivi.
«Come stabilisce l’art. 3, – ha ricordato Buemi – un organismo da quarantena, in riferimento a un territorio definito, è un organismo nocivo, cioè qualsiasi specie, ceppo o biotipo di pianta, animale o agente patogeno dannoso per i vegetali o i prodotti vegetali, che soddisfa tutte le seguenti condizioni: a) la sua identità è stata pienamente accertata; b) non è presente nel territorio oppure, se presente, la presenza al suo interno non è ampiamente diffusa; c) è in grado di introdursi, di insediarsi e di diffondersi all’interno del territorio oppure, se già presente in esso, ma non ampiamente diffuso, è in grado di introdursi e di diffondersi all’interno delle sue parti in cui è assente; d) il suo ingresso, il suo insediamento e la sua diffusione hanno un impatto economico, ambientale o sociale inaccettabile sul territorio in questione oppure, se è presente, ma non ampiamente diffuso, per le parti del territorio in cui è assente; e) sono disponibili misure realizzabili ed efficaci per prevenire l’ingresso, l’insediamento o la diffusione dell’organismo nocivo all’interno di tale territorio e per attenuarne i rischi e l’impatto».
Le misure adottate
Tenendo conto del rilevante rischio connesso a organismi nocivi, gli Stati membri, come dispone l’art. 60, adottano una o più delle seguenti misure: a) designano nel loro territorio stazioni di quarantena o strutture di confinamento; b) autorizzano l’utilizzo di stazioni di quarantena o strutture di confinamento designate in un altro Stato membro, purché questi abbia acconsentito a tale autorizzazione; c) designano temporaneamente i siti di operatori professionali o di altre persone come strutture di confinamento per gli organismi nocivi, le piante e i prodotti vegetali o gli altri oggetti nonché i rilevanti usi di cui agli articoli 8, 48 e 49.
«L’autorità competente, stabilisce inoltre l’art. 89, – ha ricordato Buemi – concede all’operatore professionale un’autorizzazione a rilasciare passaporti delle piante per piante, prodotti vegetali e altri oggetti appartenenti a particolari famiglie, generi o specie e tipi di merci, qualora tale operatore soddisfi entrambe le seguenti condizioni: a) possiede le conoscenze necessarie per effettuare scrupolosi esami di tali piante, ecc., e dei loro materiali di imballaggio (art. 87); b) dispone di sistemi e procedure che gli consentono di rispettare gli obblighi in materia di tracciabilità previsti dagli articoli 69 e 70. Infine (art. 91) gli operatori professionali possono istituire piani di gestione dei rischi connessi agli organismi nocivi, la cui redazione innalza il livello qualitativo del materiale introdotto in commercio e al contempo riduce la frequenza dei controlli ispettivi (comma 1) in quanto redatti secondo precise prescrizioni (comma 2) e pertanto già validati».
Il commercio con l’estero è costantemente minacciato dalla possibile introduzione sul territorio comunitario di organismi nocivi per le piante, come ha dimostrato l’arrivo del batterio Xylella fastidiosa subsp. pauca ceppo ST53 nel Salento, ospite di olivo, oleandro, poligala e altre specie. Una presenza indesiderata che ha portato nel 2015 al blocco delle importazioni in Francia dalla Puglia di piante di 102 specie ritenute ospiti del batterio, tra cui olivo, vite, fico, albicocco, mandorlo, pesco, ciliegio, agrumi, gelso, oleandro, mirto e altre ornamentali, nel timore che, provenendo dalle zone colpite dal batterio, possano essere infettate da esso. Lo ha ricordato Gianluca Buemi, consigliere Anve e titolare, con i fratelli Natale e Santo, della Società Agricola Vivai Buemi di Palagiano (Ta) (10 ha, di cui 2 coperti, le cui coltivazioni principali sono l’olivo, con oltre 30 cultivar, e le specie frutticole, con oltre 50 cultivar).
«Con il Reg. 2016/2031 relativo alle misure di protezione contro gli organismi nocivi per le piante, l’Ue ha voluto segnare un cambiamento netto rispetto al passato. Il nuovo provvedimento è stato approvato come regolamento, obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. L’intenzione dell’Ue è chiara: ridurre al minimo la discrezionalità degli Stati membri in merito alla forma e ai mezzi per il raggiungimento del risultato, discrezionalità che invece era insita nella definizione dei precedenti atti di riferimento redatti essenzialmente in forma di direttiva. E, come è noto, la direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, ma lascia agli organi nazionali piena competenza in merito alla forma e ai mezzi da adottare».
Elementi innovativi del Reg. 2016/2031 sono la definizione degli organismi nocivi da quarantena, la designazione nel territorio degli Stati membri delle stazioni di quarantena e delle strutture di confinamento, l’autorizzazione degli operatori professionali a rilasciare passaporti delle piante, il consenso agli operatori professionali alla redazione di piani di gestione dei rischi connessi agli organismi nocivi.
«Come stabilisce l’art. 3, – ha ricordato Buemi – un organismo da quarantena, in riferimento a un territorio definito, è un organismo nocivo, cioè qualsiasi specie, ceppo o biotipo di pianta, animale o agente patogeno dannoso per i vegetali o i prodotti vegetali, che soddisfa tutte le seguenti condizioni: a) la sua identità è stata pienamente accertata; b) non è presente nel territorio oppure, se presente, la presenza al suo interno non è ampiamente diffusa; c) è in grado di introdursi, di insediarsi e di diffondersi all’interno del territorio oppure, se già presente in esso, ma non ampiamente diffuso, è in grado di introdursi e di diffondersi all’interno delle sue parti in cui è assente; d) il suo ingresso, il suo insediamento e la sua diffusione hanno un impatto economico, ambientale o sociale inaccettabile sul territorio in questione oppure, se è presente, ma non ampiamente diffuso, per le parti del territorio in cui è assente; e) sono disponibili misure realizzabili ed efficaci per prevenire l’ingresso, l’insediamento o la diffusione dell’organismo nocivo all’interno di tale territorio e per attenuarne i rischi e l’impatto».
Le misure adottate
Tenendo conto del rilevante rischio connesso a organismi nocivi, gli Stati membri, come dispone l’art. 60, adottano una o più delle seguenti misure: a) designano nel loro territorio stazioni di quarantena o strutture di confinamento; b) autorizzano l’utilizzo di stazioni di quarantena o strutture di confinamento designate in un altro Stato membro, purché questi abbia acconsentito a tale autorizzazione; c) designano temporaneamente i siti di operatori professionali o di altre persone come strutture di confinamento per gli organismi nocivi, le piante e i prodotti vegetali o gli altri oggetti nonché i rilevanti usi di cui agli articoli 8, 48 e 49.
«L’autorità competente, stabilisce inoltre l’art. 89, – ha ricordato Buemi – concede all’operatore professionale un’autorizzazione a rilasciare passaporti delle piante per piante, prodotti vegetali e altri oggetti appartenenti a particolari famiglie, generi o specie e tipi di merci, qualora tale operatore soddisfi entrambe le seguenti condizioni: a) possiede le conoscenze necessarie per effettuare scrupolosi esami di tali piante, ecc., e dei loro materiali di imballaggio (art. 87); b) dispone di sistemi e procedure che gli consentono di rispettare gli obblighi in materia di tracciabilità previsti dagli articoli 69 e 70. Infine (art. 91) gli operatori professionali possono istituire piani di gestione dei rischi connessi agli organismi nocivi, la cui redazione innalza il livello qualitativo del materiale introdotto in commercio e al contempo riduce la frequenza dei controlli ispettivi (comma 1) in quanto redatti secondo precise prescrizioni (comma 2) e pertanto già validati».
Il Reg. Ue 2014/1143
Prevenire e mitigare l’impatto negativo sulla biodiversità derivante dall’introduzione e dalla diffusione di specie esotiche invasive nell’Ue. Questo è l’obiettivo del Reg. Ue 2014/1143, entrato in vigore dal 1° gennaio 2015, che, ha spiegato Edoardo Sciutti, segretario dell’Anve, limita le possibilità per aziende e cittadini di importare, esportare, movimentare, coltivare e possedere specie aliene invasive.
«Come dispone l’art. 4, la Commissione adotta, tramite atti di esecuzione, un elenco delle specie esotiche invasive di rilevanza unionale (“elenco dell’Unione”) in base a specifici criteri, effettua un riesame globale di tale elenco almeno ogni sei anni e, nel frattempo, provvede ove opportuno al relativo aggiornamento, aggiungendo nuove specie esotiche invasive e rimuovendo specie inserite nell’elenco che non soddisfano più uno o alcuni dei sopra menzionati criteri. All’atto di adottare o aggiornare l’elenco dell’Ue, la Commissione applica tali criteri tenendo in debito conto i costi di attuazione per gli Stati membri, il costo del mancato intervento, l’efficienza dei costi e qualsiasi aspetto sociale ed economico».
Nell’elenco dell’Ue figurano in via prioritaria le specie esotiche invasive che: a) non sono ancora presenti nell’Ue o la cui invasione è in fase iniziale e che molto probabilmente avranno un effetto negativo significativo; b) sono già insediate nell’Unione e hanno l’effetto negativo più significativo.
«Per le finalità di cui all’articolo 4, una valutazione dei rischi è effettuata in relazione alla condizione attuale e potenziale delle specie esotiche invasive, e include i seguenti elementi: a) la descrizione della specie, con relativi identità tassonomica, storia e areale naturale e potenziale; b) la descrizione dei modi e delle dinamiche di riproduzione e di diffusione, valutando anche se sussistono le condizioni necessarie per la riproduzione e la diffusione; c) la descrizione dei potenziali vettori di introduzione e di diffusione delle specie, sia deliberati sia accidentali, eventualmente con l’indicazione delle merci alle quali le specie sono generalmente associate; d) la valutazione approfondita dei rischi di introduzione, insediamento, diffusione nelle pertinenti regioni biogeografiche alle condizioni climatiche attuali e a quelle conseguenti a ipotizzabili cambiamenti climatici; e) la descrizione dell’attuale distribuzione della specie, indicando anche se tale specie è già presente nell’Ue o nei Paesi confinanti e includendo una proiezione della sua probabile distribuzione futura; f) la descrizione degli effetti negativi sulla biodiversità e sui servizi ecosistemici collegati, ivi compreso sulle specie autoctone, sui siti protetti, sugli habitat a rischio, sulla salute umana, sulla sicurezza e sull’economia, accompagnata dalla valutazione del potenziale effetto futuro in base alle prove scientifiche disponibili; g) la valutazione dei costi potenziali dei danni arrecati; h) la descrizione degli usi noti delle specie e dei vantaggi sociali ed economici derivanti da tali usi».
Ai fini della prevenzione, ha rilevato Sciutti, l’art. 7 prevede una serie di restrizioni. Le specie esotiche invasive di rilevanza unionale non sono deliberatamente: portate, né fatte transitare sotto sorveglianza doganale, nel territorio dell’Unione; tenute, anche in confinamento; allevate, anche in confinamento; trasportate verso, da e all’interno dell’Ue, tranne se il trasporto verso strutture avviene nel contesto della loro eradicazione; immesse sul mercato; utilizzate o scambiate; poste in condizione di riprodursi, cresciute spontaneamente o coltivate, anche in confinamento; rilasciate nell’ambiente».
ENA, l’Associazione europea del vivaismo, ha concluso Sciutti, sta seguendo con molta attenzione gli sviluppi della normativa. Per questo i soci europei (inclusa Anve) nel 2016 hanno indicato le specie di interesse economico che la Commissione europea ha individuato come invasive e vuole inserire nella lista unionale.
«Il Reg. Ue 2014/1143 è una buona opportunità per salvaguardare la biodiversità e anche per stimolare la ricerca di nuove varietà adatte al territorio. Ma allo stesso tempo le Autorità devono considerare le esigenze degli operatori coinvolti e gli impatti derivanti. È necessario fare network e riflettere su come preservare la natura e allo stesso tempo garantire le attività produttive e commerciali».
Prevenire e mitigare l’impatto negativo sulla biodiversità derivante dall’introduzione e dalla diffusione di specie esotiche invasive nell’Ue. Questo è l’obiettivo del Reg. Ue 2014/1143, entrato in vigore dal 1° gennaio 2015, che, ha spiegato Edoardo Sciutti, segretario dell’Anve, limita le possibilità per aziende e cittadini di importare, esportare, movimentare, coltivare e possedere specie aliene invasive.
«Come dispone l’art. 4, la Commissione adotta, tramite atti di esecuzione, un elenco delle specie esotiche invasive di rilevanza unionale (“elenco dell’Unione”) in base a specifici criteri, effettua un riesame globale di tale elenco almeno ogni sei anni e, nel frattempo, provvede ove opportuno al relativo aggiornamento, aggiungendo nuove specie esotiche invasive e rimuovendo specie inserite nell’elenco che non soddisfano più uno o alcuni dei sopra menzionati criteri. All’atto di adottare o aggiornare l’elenco dell’Ue, la Commissione applica tali criteri tenendo in debito conto i costi di attuazione per gli Stati membri, il costo del mancato intervento, l’efficienza dei costi e qualsiasi aspetto sociale ed economico».
Nell’elenco dell’Ue figurano in via prioritaria le specie esotiche invasive che: a) non sono ancora presenti nell’Ue o la cui invasione è in fase iniziale e che molto probabilmente avranno un effetto negativo significativo; b) sono già insediate nell’Unione e hanno l’effetto negativo più significativo.
«Per le finalità di cui all’articolo 4, una valutazione dei rischi è effettuata in relazione alla condizione attuale e potenziale delle specie esotiche invasive, e include i seguenti elementi: a) la descrizione della specie, con relativi identità tassonomica, storia e areale naturale e potenziale; b) la descrizione dei modi e delle dinamiche di riproduzione e di diffusione, valutando anche se sussistono le condizioni necessarie per la riproduzione e la diffusione; c) la descrizione dei potenziali vettori di introduzione e di diffusione delle specie, sia deliberati sia accidentali, eventualmente con l’indicazione delle merci alle quali le specie sono generalmente associate; d) la valutazione approfondita dei rischi di introduzione, insediamento, diffusione nelle pertinenti regioni biogeografiche alle condizioni climatiche attuali e a quelle conseguenti a ipotizzabili cambiamenti climatici; e) la descrizione dell’attuale distribuzione della specie, indicando anche se tale specie è già presente nell’Ue o nei Paesi confinanti e includendo una proiezione della sua probabile distribuzione futura; f) la descrizione degli effetti negativi sulla biodiversità e sui servizi ecosistemici collegati, ivi compreso sulle specie autoctone, sui siti protetti, sugli habitat a rischio, sulla salute umana, sulla sicurezza e sull’economia, accompagnata dalla valutazione del potenziale effetto futuro in base alle prove scientifiche disponibili; g) la valutazione dei costi potenziali dei danni arrecati; h) la descrizione degli usi noti delle specie e dei vantaggi sociali ed economici derivanti da tali usi».
Ai fini della prevenzione, ha rilevato Sciutti, l’art. 7 prevede una serie di restrizioni. Le specie esotiche invasive di rilevanza unionale non sono deliberatamente: portate, né fatte transitare sotto sorveglianza doganale, nel territorio dell’Unione; tenute, anche in confinamento; allevate, anche in confinamento; trasportate verso, da e all’interno dell’Ue, tranne se il trasporto verso strutture avviene nel contesto della loro eradicazione; immesse sul mercato; utilizzate o scambiate; poste in condizione di riprodursi, cresciute spontaneamente o coltivate, anche in confinamento; rilasciate nell’ambiente».
ENA, l’Associazione europea del vivaismo, ha concluso Sciutti, sta seguendo con molta attenzione gli sviluppi della normativa. Per questo i soci europei (inclusa Anve) nel 2016 hanno indicato le specie di interesse economico che la Commissione europea ha individuato come invasive e vuole inserire nella lista unionale.
«Il Reg. Ue 2014/1143 è una buona opportunità per salvaguardare la biodiversità e anche per stimolare la ricerca di nuove varietà adatte al territorio. Ma allo stesso tempo le Autorità devono considerare le esigenze degli operatori coinvolti e gli impatti derivanti. È necessario fare network e riflettere su come preservare la natura e allo stesso tempo garantire le attività produttive e commerciali».