Negli ultimi anni l’attenzione di tecnici e agricoltori si è concentrata − con ragione – sulle bizzarrie climatiche che hanno caratterizzato lo scenario fitopatologico favorendo alcune specie fitofaghe a scapito di altre e sull’arrivo di nuove specie invasive. Ma l’emergenza ci ha portato a trascurare altri cambiamenti probabilmente meno evidenti: uno di questi, forse il più importante, è l’aumento costante dei danni causati dalle mosche della frutta. Si tratta di una famiglia di ditteri Tefritidi, diffusa prevalentemente nei climi tropicali, comprendente circa 500 generi e 5.000 specie. Molte di queste rientrano fra i principali fitofagi di diverse piante coltivate, in quanto le femmine depongono le uova direttamente nei frutti.
In Italia finora le specie dannose erano tre: la mosca delle ciliege (Rhagoletis cerasi), la mosca delle olive (Bactrocera oleae) più una specie estremamente polifaga come la mosca della frutta (Ceratitis capitata) che non risulta troppo dannosa al Nord Italia, limite estremo del suo areale di diffusione. A queste specie “storiche” si è ora aggiunta Rhagoletis completa, originaria del Nord America, che vive a spese dei frutti di noce.
Favorite dal global warming
Basta guardare la cronaca degli ultimi anni per notare che un po’ tutte le mosche della frutta si sono avvantaggiate dall’aumento generalizzato delle temperature e dalle bizzarrie climatiche. R. cerasi, ad esempio, ha aumentato la sua aggressività e ha cominciato a creare problemi anche in pianura. L’aumento dell’aggressività è ancora più evidente nel caso della mosca dell’olivo che, nel 2014 appena concluso, è stata la principale causa della ridottissima produzione di olio in Italia e in gran parte del bacino del Mediterraneo. Anche le segnalazioni di danni imputabili a C. capitata sono in lento ma costante aumento.
Le minacce future
Ma la preoccupazione per il futuro deriva anche dal fatto che molte mosche della frutta, vivono in zone geografiche situate alla medesima latitudine dell’Italia, e hanno esigenze termiche compatibili con il nostro clima. Con l’aumento dei flussi commerciali e con l’aumento di importazioni di frutta esotica, è facile presupporre l’aumento dei rischi di nuove introduzioni accidentali. Già oggi i dati forniti dalla Commissione europea indicano nelle mosche della frutta la principale causa di intercettazioni nei punti di entrata dell’Unione. Specie estremamente polifaghe come Bactocera tryoni, la famosa Queensland Fruit Fly o Bactocera dorsalis (Oriental fruit fly) potrebbero adattarsi con facilità sulle nostre colture mentre specie come Rhagoletis pomonella troverebbero addirittura le medesime piante ospiti delle zone di origine.
[…] Un futuro pieno di mosche? Il climate change favorisce i ditteri e noi lo avevamo scritto qui […]