Il bosco: meglio naturale o gestito? In altre parole: si deve lasciar fare alla natura, permettendo uno sviluppo, per l’appunto, naturale e non controllato o piuttosto indirizzare forma, densità e natura del sottobosco? Domanda complessa, che immediatamente divide in due correnti: da una parte chi pensa che non ci debba essere alcun intervento, dall’altra chi crede che una buona gestione sia migliore di uno sviluppo che rischia di essere, più che naturale, selvaggio.
Tra breve avremo forse uno strumento in più per capire dove stia il giusto equilibrio: saranno le informazioni raccolte dai Tree-Talkers, sistemi di sensori installati sugli alberi per rilevarne velocità di accrescimento, vigoria linfatica, intensità della fotosintesi e, di conseguenza, misurare anche la CO2 assorbita e i conseguenti benefici per l’ambiente. Aspetto non secondario, questi sensori saranno anche in grado di analizzare la resistenza ad eventi atmosferici intensi (o estremi) come forti venti, siccità, caldo anomalo. In altre parole, ci diranno come gli alberi affrontano il cambiamento climatico.
Un progetto su scala nazionale
L’aspetto forse più interessante di questo progetto di ricerca, condotto dall’università di Milano tramite Giorgio Vacchiano, docente di Gestione e Pianificazione Forestale, è che i Tree-Talkers saranno installati sia in porzioni di bosco lasciate crescere liberamente, sia in altre che invece saranno gestite dall’uomo, ovviamente in modo sostenibile. Spiega il promotore dell’iniziativa: «L’obiettivo è capire quali sono le migliori azioni da intraprendere perché il bosco possa resistere agli eventi climatici estremi, ormai sempre più frequenti, e assorbire maggiori quantità di CO2. La gestione delle foreste, fatta in maniera sostenibile e attenta, consente di mantenere l’equilibrio ecologico globale, tutelare la biodiversità e il benessere delle comunità locali».
I dati ottenuti, conclude Vacchiano, aiuteranno a capire come conservare, ripristinare e gestire le foreste in modo climaticamente intelligente.
Tecnologia wireless
I Tree Talkers sono dispositivi che sfruttano l’Internet of Things per raccogliere e trasmettere dati sullo stato di salute degli alberi, sull'ambiente in cui vegetano e sull’anidride carbonica assorbita, dando indicazioni preziose sugli effetti dei cambiamenti climatici, degli eventi estremi, e delle pratiche di gestione a carico del bosco. Monitorano parametri quali temperatura, umidità, oscillazioni del fusto e della chioma, quantità di luce che penetra nel sottobosco. Realizzati dall’università della Tuscia, sono delle vere e proprie sentinelle delle foreste, che ogni ora trasmettono i valori raccolti a un database in cloud, dove resteranno a disposizione dei ricercatori. Il progetto prevede l’installazione dei Tree-Talkers in sei boschi sparsi per l’Italia: Parco Nord Milano, bosco di Bertinoro a Forlì, bosco dei comuni montani delle Colline metallifere in Toscana, Bosco dell’Incoronata nel Foggiano e foresta del Pollino tra Calabria e Basilicata.
«Per ogni sito installiamo i Tree-Talkers su tre alberi della parte non gestita e altrettanti per la situazione gestita dall’uomo. In tutto avremo quindi 36 sensori che ogni ora, per due anni, invieranno dati al cloud», ha spiegato il docente durante la presentazione del progetto.
Collaborazione con Sorgenia
Lo studio è stato finanziato da Sorgenia, nota compagnia del settore energetico, e costituisce parte integrante del progetto Rigenera Boschi, con cui l’azienda intende accrescere la consapevolezza sul ruolo delle foreste nella lotta ai cambiamenti climatici, nella prevenzione degli incendi e del dissesto idrogeologico. Accanto alla parte scientifica, saranno messe in atto azioni di educazione ambientale, che coinvolgeranno le scuole di ogni ordine e grado. «Le foreste sono importanti alleate nel mitigare il cambiamento climatico e proteggerci dal dissesto idrogeologico», ha ricordato l’amministratore delegato di Sorgenia, Michele de Censi. «Per questo motivo – ha proseguito – dobbiamo sapere come reagiscono agli stress climatici e come possiamo aumentarne resilienza e stabilità».
Cresce il bosco, scende la popolazione
La scelta dei sei siti è stata fatta con l’aiuto di Pefc Italia, un ente che promuove la certificazione delle foreste. «Sorgenia ha colto bene i legami fa crisi climatica e crisi demografica, che riguarda soprattutto territori rurali, piccoli comuni, aree interne del Paese», ha ricordato il presidente di Pfec Marco Bussone, sottolineando che il bosco italiano è in costante crescita. Il che, pur essendo consolante, è anche un chiaro indice di spopolamento delle montagne. «I boschi mangiano prati e superficie agricola, per questo hanno bisogno di essere accompagnati dall’uomo. Pianificare non significa tagliare indiscriminatamente, ma immaginare un futuro, un legame tra capitale naturale e capitale umano, rappresentato da chi vive sui territori».
Per 50 anni, ha concluso, l’Italia non si è accorta di essere un Paese di foreste. «Oggi è necessario creare sinergie tra università, enti locali e imprese private, mettendo le competenze universitarie a servizio di quelle aziende, sia grandi sia piccole, che lavorano in sinergia con il bosco».
Nuove forme di convivenza
Il rapporto tra attività produttive e tutela del territorio è sempre stato, a torto, conflittuale. Non è certamente una novità che imprese e agricoltori si lamentino per i vincoli ambientali presenti nelle zone soggette a tutela. Secondo i relatori presenti alla conferenza stampa con cui è stato lanciato il progetto Rigenera Boschi, questa visione appartiene tuttavia al passato. «I parchi pongono vincoli, ma danno anche una cura. Quando gli agricoltori si relazionano con un ente parco che valorizza la loro attività mettendo a sistema le aziende agricole, le opinioni cambiano», ha spiegato il direttore del Parco Nord Milano Riccardo Gini. «Occorre però – ha concluso – che da parte delle regioni ci siano maggiori risorse a disposizione dei parchi, perché per erogare servizi servono le persone».